La lettura ad alta voce e la sua importanza. L’esperienza del progetto LAIV
La riscoperta della lettura ad alta voce risale a ormai molti anni fa, anche se la sua adozione su larga scala non è ancora così diffusa come meriterebbe, visti gli enormi benefici che se ne potrebbero trarre anche in termini di maggiore partecipazione cognitive ed emotive alla lettura stessa.
In Italia è attivo da molti anni il progetto LAIV (Laboratorio delle arti interpretative dal vivo), promosso dalla Fondazione Cariplo di concerto con una serie di scuole italiane.
Ormai giunto al decimo anno di attività, il progetto festeggerà quest’importante traguardo a Milano nell’ambito di Bookcity con lo spettacolo Ulisse e Polifemo al Teatro Litta aperto al pubblico alle ore 15,00 del 19 novembre. Si tratta della lettura espressiva e ad alta voce del IX libro dell’Odissea con la partecipazione degli studenti del laboratorio teatrale del Liceo Ginnasio Giovanni XXIII di Bergamo e con Alessandro Baricco.
Proprio dello spettacolo abbiamo parlato con Lisa Ferrari, regista dello stesso e direttrice artistica di Pandemonium Teatro, compagnia attiva nella promozione dell’attività teatrale presso i più giovani.
Lo spettacolo che sarà presentato a BookCity è una performance di lettura espressiva sul IX libro dell’Odissea. Cosa s’intende per “lettura espressiva” e in che modo, secondo lei, arricchisce l’esperienza di fruizione del testo da parte dei ragazzi?
Usiamo la definizione “lettura espressiva” per contrastare la lettura piatta e noiosa che di solito si fa ad alta voce in classe, e che è molto odiata dagli studenti. Invece, nel percorso che propongo per arrivare a leggere in modo chiaro, piacevole, coinvolgente, emozionante, i ragazzi scoprono di avere nella voce un potente strumento di comunicazione con gli altri e provano una grande gioia nell’usarlo. Nel momento in cui ci si appropria di questo strumento, qualunque testo si affronti diventa un luogo pieno di sfumature, di colori, di sentimenti e non più una landa deserta. Il testo appare improvvisamente e sorprendentemente vivo e interessante.
Come si sono approcciati i ragazzi al testo omerico? È stato facile superare qualche possibile diffidenza iniziale?
Siccome io sono consapevole del piacere che il percorso di scoperta della propria voce produce, sfrutto sempre questo effetto-gioia per metterlo al servizio di testi importanti. Più il testo è ricco di significati, più divertente diventa la sfida a rendere udibili questi significati. Faccio anche esempi di lettura espressiva io stessa, e subito i ragazzi capiscono di che cosa sto parlando. Quindi, per quanto strano possa sembrare, i ragazzi si sono approcciati con grande fiducia e non hanno opposto alcuna diffidenza alla scelta dell’Odissea. Anzi, dirò di più, quando si rendono conto di quello che possono comunicare con la voce, la scelta di un testo importante li gratifica enormemente.
In che misura questi laboratori potrebbero essere un modo per avvicinare i più giovani alla lettura? Possono essere intesi in maniera funzionale rispetto a quest’obiettivo?
Due sono, secondo me, le strade che possono avvicinare i più giovani alla lettura: vivere l’esperienza esaltante di scoprire, giocare e sperimentare la propria voce al servizio della rivitalizzazione di un testo –spesso un testo che la scuola non riesce a far amare – e ascoltare la voce di chi sa ben leggere ad alta voce e pertanto riesce a emozionare laddove i ragazzi non si sarebbero mai aspettati di emozionarsi. Entrambe sono esperienze sensoriali, immediate e sorprendenti, lasciano un segno tanto profondo da indurli a ricercare quel piacere nell’oggetto libro.
Oltre che regista e attrice, lei è anche nella direzione artistica di Pandemonium Teatro che dal 1988 opera nel settore Teatro Ragazzi e Giovani. Come si relaziona alla magia del teatro questa particolare fascia d’età? Nota delle differenze rispetto agli adulti?
Questa particolare fascia d’età ha due caratteristiche rispetto agli adulti: non sceglie di andare a teatro ma viene condotta a teatro da insegnanti e genitori e non rispetta istintivamente quelle regole di buona creanza che gli adulti danno per scontate. Questo significa che un adulto, che a teatro si annoia, al massimo dorme o se ne va via zitto zitto. Un bambino, un ragazzo, invece, esprime chiaramente il suo disinteresse con comportamenti che noi adulti definiamo di disturbo. Ciò richiede a noi operatori del settore Teatro Ragazzi e Giovani una professionalità, una competenza e un’energia specifici, per saper suscitare un’interesse che non è dato per scontato e mantenere un’attezione che è estremamente labile. Chi ce lo fa fare, potrebbe allora chiedere qualcuno? Tutto sta nella parola “magia”: quando un pubblico di bambini e di ragazzi sta per un’ora – a volte anche di più – a guardarti e ascoltarti a bocca aperta e poi si avvicina a te solo per mostrarti il suo sorriso e magari toccarti una mano… beh, è un’esperienza impagabile!
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Educazione, dunque, potrebbe essere la parola chiave, perché la soluzione sarebbe da ricercare proprio in un progetto di educazione dei più giovani all’amore per tutto ciò che è arte performativa, dal teatro alla musica; un amore che si può senz’altro tradurre in quell’autentica comprensione che conduce al rispetto. Proprio alla luce di queste considerazioni abbiamo posto qualche domanda anche a Chiara Bartolozzi, responsabile del Progetto LAIV.
Il progetto LAIV compie 10 anni. Ci racconta quali sono stati i risultati raggiunti in questo periodo?
Il Progetto LAIV ha coinvolto in questi 10 anni 240 scuole secondarie di secondo grado della Lombardia e delle province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola. Sono stati realizzati 540 laboratori cui hanno preso parte circa 15.000 studenti, supportati da oltre 1.000 docenti e 500 operatori. Gli esiti di ciascun percorso sono confluiti nel Festival LAIV action che nel 2017 giunge alla sua decima edizione. Tutti gli anni, a maggio, il Festival consente agli studenti di incontrarsi e mettere a confronto le rispettive esperienze. Si tratta quindi di un progetto di lunga durata in cui la Fondazione Cariplo ha investito 6,5 milioni di euro. Le scuole ricevono contributi di durata triennale e, in media, una su due prosegue in autonomia. Nel corso di questi 10 anni si è assistito a un sempre maggior radicamento delle esperienze nella didattica e, in particolare, alla realizzazione di percorsi teatrali e musicali di natura curricolare.
La Fondazione Cariplo ha individuato come ambiti di intervento del progetto le arti performative, la musica e il teatro, cioè quelle discipline che non compaiono all’interno dei normali curricoli scolastici. Quali sono state le ragioni che vi hanno spinto a questa scelta?
Questa scelta è frutto di molteplici ragioni basate sul fatto che la musica e il teatro possono rappresentare risorse primarie nel bagaglio esperienziale ed espressivo delle persone, specie durante l’adolescenza.
Partecipare a un laboratorio teatrale o musicale è infatti un’occasione di crescita estremamente significativa: stimola l’ascolto di sé, la presa di coscienza delle proprie modalità di sentire, la capacità di ascoltare gli altri. Si tratta di esperienze estetiche che mettono in gioco un insieme complesso di processi percettivi, mnemonici, emotivi, interpretativi e valutativi. Nella scuola, che trasmette saperi parcellizzati, musica e teatro sono esperienze che attivano capacità di affrontare i problemi in maniera integrata.
Un altro aspetto è l’esperienza collettiva che le arti performative permettono di attraversare. L’agire insieme esige una serie di condotte positive quali: saper conservare la propria autonomia e contemporaneamente sapersi coordinare con gli altri, saper valutare il risultato dell’insieme, saper rispettare le consegne stabilite, saper assumere ruoli diversi. Tutte esperienze capitali per educare all’interazione, alla socializzazione e all’assunzione di responsabilità. I linguaggi artistici sono uno strumento privilegiato per permettere l’incontro con l’altro da sé e favorire processi di integrazione all’interno di un processo che contemporaneamente rafforza l’identità individuale e apre alla differenza.
Vi è infine una ricaduta in termini di fruizione critica e consapevole. Sempre più, con l’evoluzione tecnologica in atto, i giovani possono attivare la propria creatività in forme più dirette, articolate e multiformi di quanto non fosse possibile con i mezzi tradizionali. Supportarli in questo utilizzo significa evitare che restino consumatori passivi e acritici, in balia del mercato, e ne diventino invece attori, capaci di capire, di scegliere, di formarsi un gusto avanzato, di produrre in proprio.
In che modo i laboratori LAIV rappresentano un arricchimento per i ragazzi?
L’esperienza musicale e teatrale costituisce un’occasione preziosa per lo sviluppo armonico delle risorse cognitive, affettive e relazionali e della loro creatività. Il laboratorio favorisce in particolare lo sviluppo di competenze disciplinari specifiche, caratteristiche dei linguaggi performativi, e di competenze trasversali, le cosiddette “competenze chiave”. Ha poi delle ricadute significative anche sulla capacità dei ragazzi di essere protagonisti dei propri processi di apprendimento: la costruzione artistica, adeguatamente supportata da docenti e operatori professionisti, favorisce un approccio interdisciplinare ai problemi e lo sviluppo di quelle “life skills” che sono al cuore della trasformazione scolastica in atto.
Il Progetto LAIV promuove una concezione dinamica della scuola come laboratorio permanente. Le ricadute infatti riguardano anche i docenti, che attraverso il confronto con gli operatori teatrali e musicali acquisiscono metodologie dinamiche d’insegnamento, e la scuola come istituzione nel suo insieme, che sperimenta collaborazioni e aperture con gli enti culturali del territorio. Da parte loro, grazie al confronto serrato con le effettive necessità degli studenti e delle scuole, le organizzazioni teatrali e musicali impegnate nella conduzione dei laboratori affinano sempre più i propri strumenti di intervento al fine di garantire risposte adeguate.
Qual è stata la risposta degli istituti scolastici? E quella degli studenti?
Nel corso di questi 10 anni di progetto si è osservato un progressivo ampliamento dell’articolazione dei progetti: sono stati attivati più percorsi laboratoriali all’interno di ciascuno istituto e si è assistito a una significativa contaminazione tra linguaggi artistici differenti. Ma soprattutto si è riscontrata la volontà di radicare il più possibile le esperienze laboratoriali all’interno del contesto. In primo luogo favorendo l’inserimento del teatro e della musica tra le attività curricolari e, in secondo luogo, supportando l’integrazione della proposta artistica con le discipline proprie di ciascun corso di studi. Non solo, in moltissimi casi l’esperienza laboratoriale è stata l’occasione per il coinvolgimento dei ragazzi in progettualità con finalità sociali o di valorizzazione del territorio: sono nate orchestre che si esibiscono abitualmente in occasione di eventi festivi locali o all’interno di strutture socio-assistenziali; sono stati promossi percorsi di valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico attraverso le pratiche performative; sono stati coinvolti gli studenti in esperienze di formazione “peer to peer” attraverso il teatro e la musica.
Gli studenti confermano ogni anno la grande soddisfazione per questo tipo di esperienza e le importanti ricadute sulla propria vita. Da un’analisi realizzata lo scorso anno, in cui sono stati contattati i 1.500 studenti attualmente coinvolti nel Progetto LAIV, è emerso come il giudizio complessivo sull’esperienza sia molto positivo. Ciò che i ragazzi apprezzano maggiormente, come testimoniato dalla continuità nel corso degli anni dell’esperienza, è l’incidenza di simili esperienze sulle capacità individuali di esprimersi, uscendo dall’imbarazzo e dalla timidezza, e di sperimentare insieme ai propri compagni pratiche collaborative e relazionali intense e significative, come la creazione teatrale e musicale. Non solo divertimento quindi, ma anche la creazione di relazioni profonde, tra pari e con gli adulti coinvolti, e la possibilità di conoscere meglio ciò che si è in grado di fare e i propri limiti. Non da ultimo la possibilità di lasciare il proprio segno nel mondo e di lanciare il proprio messaggio.
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