La letteratura umoristica oltre i cliché. Intervista a Francesco Muzzopappa
Dopo il successo dei precedenti romanzi, Francesco Muzzopappa torna in libreria con Un uomo a pezzi (Fazi, 2020), una vivace raccolta di storie brevi e in gran parte autobiografiche in cui ci viene raccontato molto della vita quotidiana dell’autore, copywriter di successo nato a Bari e trapiantato a Milano: sempre un po’ in bilico tra due mondi, presenta al lettore le tradizioni e i cambiamenti, ma anche i cliché della sua città natale e della metropoli in cui vive ormai da molti anni, in uno stile agile e privo di quel repertorio di doppi sensi e battute volgari che fin troppo spesso infesta un certo tipo di letteratura considerata umoristica.
Ogni capitolo ci racconta un episodio dell’autore bambino, adolescente o adulto, introducendo irresistibili comprimari come la compagna Carmen, che sintetizza alla perfezione tutto quel settore di mode alimentari, salutiste ed ecologiste in costante aumento nel mondo contemporaneo.
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Ma come si diventa scrittori umoristici e qual è la situazione attuale di questo genere letterario? Ne abbiamo parlato con l’autore.
Per diventare scrittori umoristici occorre soprattutto un talento naturale oppure si può imparare a sviluppare anche l’umorismo?
Occorre anzitutto leggere tantissima narrativa umoristica per imparare tecnica, costruzione delle frasi e tempi comici. E poi serve amare molto il genere, capire che l’umorismo ha diverse sfaccettature e forme, che non tutti i lettori ridono allo stesso modo delle stesse scene. E avere forse una naturale propensione all’ironia aiuta, certo. Io fortunatamente ce l’ho.
Il passaggio da copywriter, ovvero autore di testi pubblicitari, a scrittore di romanzi, per lei è stato facile?
Lavorare per la pubblicità insegna anzitutto a maneggiare la brevità, a dire tanto in estrema sintesi, a usare le parole che servono senza sprecarle, a non perdersi in chiacchiere, perché nello spazio di uno spot di 30” devi necessariamente essere asciutto cercando di coinvolgere. Nei miei romanzi cerco di infilare lo stesso ritmo che uso in comunicazione, con la consapevolezza (e questo la pubblicità te lo insegna in maniera netta) che non è mai scontato che qualcuno ti stia ad ascoltare. La tentazione di cambiare canale è simile a quella di un lettore che chiude il libro, interrompendo per sempre la lettura. Ecco perché sono molto attento a creare agganci forti nelle prime pagine. Quei 15 euro del prezzo di copertina cerco di meritarmeli, anche se non arrivano tutti a me, ovviamente.
La letteratura umoristica vanta grandissimi autori in tutto il mondo, ma l’impressione che si ricava dal panorama italiano è che qui da noi sia considerata un genere quasi di serie B, appannaggio soprattutto dei comici diventati famosi grazie alla tv. Lei cosa ne pensa?
I libri dei comici televisivi sono grosso modo una raccolta di battute. Scrivere narrativa umoristica vuol dire partire da un impianto di narrativa base aggiungendo poi tutta una intelaiatura ironica. Non si tratta di essere “simpatici”, ma di far ridere, cosa difficilissima su carta. Che il genere che amo venga talvolta guardato con spocchia è la prassi. Non posso combattere il pregiudizio, posso solo continuare a migliorarmi e lavorare al massimo delle mie possibilità. So che c’è molto lavoro da fare, e lo farò. Non mi spaventa la serie B. Sarà più bello e meritato arrivare, negli anni, in serie A.
C’è qualche autore italiano di questo genere che le piace in modo particolare?
Che la festa cominci di Niccolò Ammaniticredo sia uno dei più grandi capolavori del grottesco degli ultimi decenni.
In Un uomo a pezzi si parla molto di Bari e Milano. Cosa le piace di più e cosa di meno delle due città in cui ha vissuto e che le è piaciuto raccontare nel libro?
Amo e ho amato le due città allo stesso modo. Mi hanno accolto e regalato opportunità, amicizie, legami stabili. Di Bari amo molto il bianco accecante del tufo che d’estate diventa uno specchio per il sole. Amo meno il pesce crudo, con cui non riesco ad andare d’accordo da sempre. Di Milano amo la rete di connessioni che mi ha offerto negli anni. Amo meno la necessità di lavorare oltre l’orario di lavoro, abitudine che tuttora stento a comprendere.
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Quale sarà il suo prossimo progetto di scrittura?
Ad Halloween DeAgostini pubblica il mio primo libro-game, realizzato in collaborazione con Fraffrog, un’illustratrice fantastica. Il prossimo anno ho molta carne al fuoco, soprattutto testi per ragazzi: ho appena consegnato un progetto immane che mi ha tolto ogni energia, di cui però sono molto, molto soddisfatto.
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Per la prima foto, copyright: Steve Johnson su Unsplash.
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