La grafologia funziona, quasi come una scienza
Come funziona la grafologia? Può essere considerata una scienza vera e propria? Sono domande che ci poniamo ogni volta che vediamo o leggiamo un esperto grafologo commentare la grafia di qualche personaggio celebre, come accaduto qualche tempo sul nostro blog a proposito di Giacomo Leopardi o Sibilla Aleramo, ma come accade troppo spesso nei vari Tg, nei quali, in rubriche ad hoc, ci si interroga sulla grafia di qualche capo di stato, ministro, cantante, attore, ecc…
Ne abbiamo parlato con Lidia Fogarolo, psicologa specializzata in grafologia, consulente tecnico di tribunale nei procedimenti di verificazione di scritture e docente di grafologia applicata alle dinamiche interpersonali, autrice del recentissimo Grafologia e sessualità – Un’analisi psicologica, sociale e culturale del comportamento sessuale, edito da Graphe.it, nel quale propone un’interessante posizione circa lo studio del rapporto tra grafia e comportamento sessuale.
Iniziamo da una domanda un po’ provocatoria: la grafologia è una scienza? E in quale misura lo è?
La grafologia è un campo di indagine che ha affascinato – fin dall’Ottocento – molti famosi intellettuali, e ha prodotto teorici di grande respiro come Crepieux Jamin, Klages, Pulver, de Teillard, e – last but not least – il geniale grafologo italiano Girolamo Moretti, cui faccio riferimento. Accanto a queste scuole di pensiero, che esplicitano in modo rigoroso i lori criteri interpretativi del gesto grafico (e quindi consentono anche un’eventuale verifica sperimentale dell’associazione segno-significato), è ancora molto diffusa una cultura grafologica più spiccia, che attraverso l’osservazione di dimensioni piuttosto semplicistiche della scrittura (gambette delle ‘a’, tagli delle ‘t’, ecc.) presume di poter definire caratteristiche psicologiche molto complesse, come l’autostima. Questo, a mio avviso, è un uso infelice della grafologia. Pertanto, la risposta alla sua domanda è questa: dipende da dove si poggia lo sguardo.
Non vi è alcun dubbio, ad esempio, sul fatto che l’interpretazione morettiana della triplice larghezza è scientifica, nel senso che consente esatte previsioni di specifici comportamenti legati all’intelligenza. Senza contare che, rispetto ad altre dimensioni, quali la diade curva-angolosa, vi è anche una conferma da parte degli studiosi di psicologia: il tratto angoloso è indice di aggressività, quello curvilineo di adattabilità.
Siamo abituati a sentir parlare di grafologia nelle rubriche dei Tg, con un esperto che desume tratti della personalità di una persona a partire dalla sua grafia. Quanto c’è di realistico in tali interpretazioni e quanto, invece, queste dovrebbero accompagnarsi ad analisi più approfondite della personalità, anche con il ricorso alla psicologia?
Al di là della specifica competenza del grafologo che fa l’analisi (di cui abbiamo già parlato prima), le analisi di personaggi contemporanei, quali l’ultimo capo di governo, o l’ultimo papa, ecc., non fanno molto onore alla grafologia in quanto spesso si limitano ad affermare l’ovvio: in questo caso si crea maggiore accettazione dell’analisi di personalità, ma anche la sensazione che il grafologo abbia giocato su ciò che già si sapeva del personaggio. Oppure l’esperto intervistato trae delle conclusioni inaspettate, e quindi non convince perché ciò che dice non risulta evidente, almeno non ancora. Senza contare poi che le analisi dei politici presentano quest’altro problema: nonostante le forti differenze di personalità che caratterizzano personaggi come Obama, Merkel, Holland, alla fine sembrano agire in modo non così dissimile. Questo perché la politica obbedisce a un potere più forte, che è quello legato all’economia. Pertanto anche un’analisi precisa delle differenze non favorisce la credibilità comprensiva dello strumento grafologico.
Nel mio ultimo libro, Grafologia e sessualità, c’è una breve analisi della Merkel, nota come la Cancelliera di Ferro. Ebbene, dalla scrittura emerge tutto un altro quadro. Chi ha ragione? È chiaro che la risposta non può venire dall’immagine esteriore favorita dai mass media, ma da un’analisi più profonda, condotta anche – come Lei dice – tramite una verifica psicologica.
Il saggio Grafologia e sessualità propone una lettura psicologica, sociale e culturale del comportamento sessuale. Quale contributo può dare la grafologia allo studio di quest’ultimo?
L’approccio grafologico che ho messo in campo è molto articolato, e quindi consente notevoli distinzioni, anche rispetto a ciò che si intende per sentimenti, affettività e sessualità. È possibile valutare, inoltre, se queste dimensioni interagiscono tra di loro, o se restano isolate: ad esempio, vi può essere una sessualità legata all’affettività, oppure l’espressione fisica può restare sganciata da quella psichica, e questo si vede nella scrittura. Tramite la grafologia morettiana è possibile anche valutare se il comportamento sessuale possiede una disposizione all’erotismo, volta a sollecitare la partecipazione di tutti i sensi, o se invece la spinta è più focalizzata e centrata solo sull’atto finale.
A mio avviso, però, l’aspetto più affascinante delle analisi proposte nel libro è legato alla differenziazione della spinta sessuale: noi abbiamo ancora un’immagine molto indistinta di questa potente spinta motivazionale, capace di scuotere e di imprimere cambiamenti anche pericolosi nella vita individuale.
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Ogni capitolo del saggio è dedicato alla presentazione di una tipologia di spinta sessuale (temperamento passionale, affettività languida, intenerimento erotico, solo per citarne alcuni) supportata dall’analisi grafologica della scrittura di alcuni personaggi famosi, usati come modelli esemplificativi di riferimento. Si può parlare di tipologie che si autoescludono, oppure sono tratti di personalità che possono anche convivere?
Sono tratti di personalità che possono anche convivere; tuttavia bisogna tener conto che gli effetti si sommano. Ad esempio mi è capitato recentemente di vedere la scrittura del famoso pianista ungherese Franz Liszt, che mostra la contemporanea presenza della spinta passionale (data dal segno Slanciata) e dell’affettività languida (Pendente sopra i 7/10), con l’aggiunta nel suo caso del segno che indica una forte originalità (Disuguale metodicamente). È chiaro che la risultante diventa quella di una personalità dominata dal bisogno di fusione passionale, tra l’altro vissuta con tali doti di creatività e di calore nell’espressione del sentimento da renderlo praticamente un uomo irresistibile. Senza conoscere la sua biografia, direi che è un uomo cui nessuna donna poteva dire di no!
Il problema, in questi casi, è dato dalla logica che governa queste dinamiche: sembra plausibile pensare che una persona molto passionale debba essere attratta da un altro simile a sé, in modo che insieme possano vivere felicemente, amandosi alla follia, perché entrambi capiscono la follia della passione. In realtà non è mai così, perché il principio generale è invece questo: ogni individuo teme la fusione indistinta, vale a dire la perdita dei confini dell’Io. Perciò, tornando alla tipologia dell’amante passionale, possiamo prevedere con assoluta certezza che egli sarà attratto proprio da colei (o colui) che lo tratterà con estrema freddezza, perché lo riporterà a se stesso, impedendogli – di fatto - la fusione con l’altro. E su questo principio, legato alla compensazione degli opposti, non ho mai trovato una sola eccezione.
In poche parole, l’amante appassionato sposa una donna fredda, o austera, e questa costituisce la sua protezione. Mentre il mondo che osserva dall’esterno pensa: poverino, com’è cascato male!
Quando si prende in esame la grafia di personaggi importanti, come nel caso di Auguste Rodin, Igor Stravinsky, John Lennon e Yoko Ono, Alfred Einstein, Marcel Proust, Napoleone Bonaparte, il rischio è di sentirsi accusati di aver basato la propria analisi su quanto già noto di queste complesse personalità. È fondata tale obiezione? E, nell’eventualità lo sia, come può ovviare a questo la grafologia?
La grafologia ha una sua particolare metodologia d’indagine che a volte conferma ciò che già si sapeva di un personaggio, a volte lo contraddice. Però, secondo me, quello che più spesso succede è che la grafologia mette a fuoco le motivazioni che sono alla base di specifici comportamenti. Le faccio un esempio concreto che riguarda due personaggi molto famosi, Hitler e Mussolini, su cui gli storici hanno già indagato parecchio. Tempo fa mi è capitato di sentire un’intervista a un ufficiale, ormai molto anziano, che li aveva frequentati a lungo entrambi, ed era giunto a questa conclusione: Hitler era un uomo buono, Mussolini no. Questa affermazione, che aveva un aspetto di palese assurdità, era però sostenuta con molta convinzione, come succede rispetto a ciò che sperimentiamo direttamente, della cui realtà non possiamo dubitare. E devo dire che ho apprezzato il coraggio con cui quest’uomo esponeva la sua esperienza, del tutto fuori dal coro.
Ebbene, che dice la grafologia a riguardo della ‘bontà’ di Hitler? Sembra una vera provocazione! Se dici che era un uomo buono, fai semplicemente la figura del cretino.
In realtà, la grafologia ha una spiegazione ben precisa rispetto al comportamento di Hitler che poteva essere interpretato come ‘bontà’: il segno Pendente molto sopra media, indice di affettività languida. Quindi Hitler poteva lasciarsi andare a manifestazioni di affetto, a lui necessarie, come pure poteva lasciarsi andare a scenate affettive di natura isterica per piegare la resistenza altrui. Quindi l’ufficiale aveva colto un tratto di personalità reale, l’affettività sopra media, ma non poteva sapere che questa affettività viene sempre usata a scopo manipolatorio, per sostenere l’Io.
Mussolini, invece, era un uomo austero, che certamente non concedeva molto spazio all’espressione dei sentimenti, che considerava solo debolezze da evitare.
A proposito di grafologia e sessualità, è possibile utilizzare l’analisi grafologica per prevedere, o comunque scoprire, possibili comportamenti devianti della sfera sessuale?
Anche in questo caso l’interesse dell’approccio grafologico è dovuto alla sua capacità di comprendere le ragioni che sono a monte di una particolare devianza sessuale. Non mi stancherò mai di ripetere che comportamenti simili sul piano esteriore possono essere dovuti a cause diverse; e questo vale anche per la sessualità.
Tra i tanti esempi che mi vengono in mente ne scelgo uno tratto da un settore di indagine davvero difficile: i serial killer. Potrebbe sembrare un campione omogeneo, e invece non lo è affatto. Ad esempio, si dà per scontato che per esercitare violenza, anche sessuale, su un altro sia necessario aver tagliato il contatto con il proprio mondo emotivo; e per proteggere questo taglio, le vittime vengono scelte tra gli sconosciuti. Questo effettivamente succede nella stragrande maggioranza dei casi, ma non in tutti. Ebbene, tra le varie stranezze che ho trovato in questa categoria, ce n’è perfino uno (solo uno) la cui scrittura è caratterizzata, sia pure in modo strano, dal segno Sinuosa, che è indice di penetrazione psicologica. Quando l’ho vista ho fatto un salto perché penetrazione psicologica implica anche sentire la sofferenza che stai infliggendo a un altro; quindi non lo puoi fare.
Il fatto è che le variazioni (e le storture) della mente umana sono davvero tante e imprevedibili: in questo caso il serial killer, preventivamente, uccideva le sue vittime prima di infliggere loro violenza sessuale. Un’azione in qualche modo pietosa, ed era il massimo che poteva fare nelle sue condizioni mentali molto disturbate (deducibili da altri segni).
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