La forza del passato che non si può cancellare
Il passato non si cancella è un intrigante giallo di Domenico Wanderlingh, pubblicato da Astoria. Protagonista è Anita Landi – ex atleta delle Fiamme Oro diventata ispettore di Polizia per risolvere un dramma che l’ha colpita personalmente – che deve affrontare da subito due omicidi nella Milano bene, quella dei palazzi eleganti. Il lavoro non sarà facile per la Landi, visto che i colleghi faranno di tutto per metterle i bastoni tra le ruote, ma Anita, grazie anche a due impensabili aiutanti, cercherà di dipanare l’intricata matassa attorno alle due morti e di fare i conti con il passato. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Come è nato il personaggio di Anita Landi?
Come molti sapranno, esistono settori sportivi cosiddetti militari che formano campioni in molte discipline; per esempio, Alberto Tomba, Giuseppe Gibilisco, Aldo Montano e Valentina Vezzali, solo per citarne alcuni. A questo aggiungo che l’atletica leggera è la mia passione fin dai tempi di Sara Simeoni e Pietro Mennea, e per la mia nuova protagonista mi solleticava l’idea di una poliziotta proveniente dal mondo agonistico e ho scelto l’eptathlon, sette discipline diverse da svolgere in due giorni, sette gare che mettono a dura prova fisico e mente. Così è nata Anita Landi, toscana di Talamone dal carattere ruvido e tenace, dotata di grande forza di volontà. È una campionessa delle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato, un’atleta temuta e rispettata dalle avversarie.
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Anita è un’ex atleta delle Fiamme Oro e a un certo punto entra nel corpo di Polizia, cosa la spinge a prendere questa decisione?
Anita ha ventisei anni ed è pronta per le Olimpiadi di Rio, ma viene sconvolta dalla morte del fratello, accusato di aver ucciso la fidanzata per poi togliersi la vita. La chiusura dell’inchiesta la lascia sconcertata, così abbandona le Fiamme Oro per diventare una effettiva al solo scopo di scoprire la verità. Anita incarna gli esseri umani che non hanno realizzato le proprie aspirazioni e sono costretti a scegliere un altro mestiere, però, grazie a quel lavoro, scoprono un talento che non immaginavano di possedere.
Cosa comporterà l’essere donna, atletica, intelligente e professionale per Anita in un ambiente tipicamente maschile?
A onor del vero, le donne sono sempre più numerose in Polizia, soprattutto nei settori tecnico scientifici, e dal 2020 il vice capo vicario, in parole povere, il numero due della Polizia di Stato, è una donna. Quando Anita è nominata ispettore e assegnata prima alla Mobile di Milano e dopo in un commissariato, i colleghi si domandano perché abbia gettato alle ortiche la possibilità di vincere le Olimpiadi e la osservano con curiosità, a volte con diffidenza e invidia; mal sopportano il suo modo di fare deciso che certo non giova a crearsi degli amici, fatta eccezione per una giovane agente esperta informatica e un sovrintendente, gli unici che la comprendono. Tea e Marco hanno un aspetto che li accomuna ad Anita: anche loro sono relegati nel “recinto dei diversi”, un luogo dove ammassare le personalità scomode, difficili da inquadrare, un posto dove i successi vengono giustificati grazie alla fortuna e gli errori amplificati dalla maldicenza. È un ghetto virtuale presente in qualsiasi ambiente lavorativo: negli uffici, negli ospedali, nelle associazioni, nelle Forze dell’Ordine, in Parlamento e in Vaticano.
Tre sono gli omicidi che la Landi deve risolvere nella Milano bene, ecco quante possono essere le ambiguità presenti nel genere umano?
Moltissime. Difficilmente siamo completamente noi stessi. I motivi li possiamo supporre: nel migliore dei casi, ci difendiamo dagli altri, nel peggiore celiamo il lato oscuro. C’è chi per apparire indossa una maschera, qualcuno nel tentativo di nascondere il vero “io” mente, altri invece per scomparire e rimanere nell’ombra, si uniformano alla massa. Anita è all’opposto: è schietta, fin troppo. Deve gestire persone reticenti, sospettose, che dicono mezze verità, ma non si fa incantare dalla Milano che conta, e alla sua maniera, scoprirà le sfaccettature dell’essere umano anche dentro le mura di palazzi di zone alto borghesi, perché anche lì si celano falsità, perbenismo e criminali.
Con la Landi ci sono Giacomo (amministratore di condominio) e Francesco. Cosa rappresentano per la protagonista?
Amici, veri amici. Parte tutto per caso, come spesso accade nella vita quotidiana, e lentamente la conoscenza si trasforma in qualcosa di profondo perché alla base c’è empatia e sincerità. Nel corso della vicenda Giacomo e Francesco assumono il ruolo di coprotagonisti, trattano Anita come una di famiglia e a modo loro le stanno accanto per darle una mano anche prendendosi dei rischi. I due uomini conoscono il dramma della giovane amica ma non pontificano con soluzioni da psicologi della domenica, perché anche loro hanno qualcosa d’irrisolto. Sono cinquantenni divorziati con un rapporto problematico con le rispettive figlie, e come Anita non si sentono pienamente soddisfatti sul lavoro perché non hanno realizzato i propri sogni e aspirazioni. Nel corso delle inchieste tra loro si crea un rapporto osmotico dove condividono, e traggono benefici, e insieme ma per strade indipendenti, risolvono l’enigma dove però sarà solo Anita a chiudere definitivamente il cerchio grazie a un’intuizione tipicamente femminile.
In riferimento al titolo, secondo lei quanto il passato resta nelle nostre vite anche se a volte cerchiamo di eliminarlo e quanto grava sulla vita di Anita Landi?
Siamo ciò che siamo per le esperienze positive e negative della nostra vita dettate dal caso o da scelte consapevoli. Il passato è un bagaglio portato con leggerezza o un baule trascinato a fatica, comunque è un peso dentro di noi. Qualcuno tenta di dimenticare gli eventi dolorosi con la rimozione, un processo psicologico difensivo, ma il risultato non è assicurato. Anita, al contrario, non nasconde la testa sotto la sabbia, non aspetta l’intervento risolutore di un deus ex machina: è lei in prima persona ad affrontare tutto di petto, anche il suo passato tanto doloroso. Ma compie un passo in più: materializza la vita trascorsa in una scatola di scarpe dove conserva gelosamente le poche cose che le ricordano chi era lei e la sua famiglia, una scatola che nessuno può nemmeno sfiorare.
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È già al lavoro su un nuovo romanzo con una nuova indagine per la protagonista?
Ho in testa cento avventure. Una cosa è certa, Anita non rimarrà statica, cristallizzata nella sua angoscia perché nel romanzo conoscerà la verità che purtroppo non sana la ferita. Le toccherà convivere con una cicatrice, metabolizzare il male subito e andare avanti in un cammino di evoluzione personale.
Nel caso si facesse un film, o magari una serie tv, chi le piacerebbe vedere nei panni di Anita? Anni fa la scelta sarebbe caduta su Jennifer Garner, la protagonista di Alias. A parte le battute, ho in mente un nome ma preferisco non rivelarlo per scaramanzia, però, come in un libro giallo, lascio qualche indizio: alta, lunghi ricci neri, occhi scuri, atletica e parla in modo naturale con la cadenza toscana.
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Per la prima foto, copyright: Ken Anzai su Unsplash.
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