La crisi raccontata dall’arte
Articolo pubblicato nella webzine Sul Romanzo n. 6/2013 Racconto della crisi.
Crisi, quante volte abbiamo utilizzato questo termine negli ultimi anni. Ha colpito ogni settore: dalla scuola al lavoro, dall'economia all'agricoltura. Ebbene sì, il Bel Paese è stato contagiato da questo virus anche nel settore che più lo rappresenta al mondo: l'arte.
Siti archeologici che si sgretolano, musei costretti a “vendere” le proprie opere d'arte, tagli del personale: tutto oramai sembra non avere futuro.
Da un'analisi della Commissione Europea pubblicata nel mese di novembre 2013, i dati sono disarmanti. Solo il 30% degli intervistati ha visitato un museo o una galleria nell'ultimo anno. I motivi? Per il 35% mancanza di interesse, per il 31% mancanza di tempo, per l'8% scelte limitate o scarsa qualità delle attività proposte nella propria città, per il 15% l'elevato costo, per il 2% scarsa informazione e il restante 9% non ha saputo darne una spiegazione.
Eppure, riprendendo una dichiarazione dello scrittore-giornalista Stefano Benni, riportata in Margherita dolcevita del 2005: «L'arte è scappare dalla normalità che ti vuole mangiare», un antidoto per superare i momenti di tristezza, un momento di svago per gli occhi e per la mente.
E se, come dichiarò Guy de Maupassant, «Un’opera d’arte è superiore soltanto se è, nello stesso tempo, un simbolo e l’espressione esatta di una realtà», noteremo come gli artisti ci raccontino nelle opere pittoriche ogni aspetto della storia, attraverso un quadro che funge da lente di ingrandimento, capace di mettere in scena particolari che a volte sfuggono o sui quali di rado riflettiamo.
Proviamo, dunque, a immergerci nell'arte del passato: ci accorgeremo che la crisi che oggi conosciamo, in realtà, nei secoli passati, era già presente in tutte le sue manifestazioni e scopriremo, inoltre, che gli artisti ci hanno lasciato alcune immagini di fronte le quali potremo affermare come tutto sia “un eterno ritorno all'uguale”.
Cominciamo da lui, Michelangelo Buonarroti. Dimostrò sin dalla più tenera età una forte sensibilità artistica, sebbene ostacolata dal padre, il quale, da buon patrizio, avrebbe voluto per il figlio una carriera militare o ecclesiastica.
L'8 maggio del 1508, il pittore toscano accettò l'incarico offertogli da papa Giulio II di dipingere la Cappella Sistina con il Giudizio Universale. Per Michelangelo, al tempo sessantenne, la commissione non fu per nulla semplice, tanto da innescare un'aspra diatriba con il suo collaboratore Sebastiano del Piombo. Questi, infatti, aveva preparato per l'impresa una “incrostatura” sulla quale dipingere a olio, che, suo malgrado, non piacque al maestro che giudicava il colore a olio «da donna e da persone agiate e infingarde». A causa di tali disguidi, si rifiutò dapprima di continuare i lavori, ripresi solo dopo alcuni mesi e con l'accortezza di lavorare da solo, senza aiuti.
[I servizi di Sul Romanzo Agenzia Letteraria: Editoriali, Web ed Eventi.
Seguiteci su Facebook, Twitter, Google+, Issuu e Pinterest]
Il grande affresco della Cappella Sistina rappresenta l'umanità nel suo stato di degrado. Cristo imperioso tenta di placare le anime: gli eletti che vanno in Paradiso, mentre i dannati scendono nelle scure viscere dell'Inferno. Caos, instabilità, disagio: gli uomini non hanno più il solido appoggio dato dalla Cristianità, che, proprio in quel momento, cominciava a vacillare.
Dopo quasi sei lunghi anni, in cui il pittore lavorò “appeso” a quel soffitto, i cardinali lo accusarono di oscenità per quelle figure di nudi che tanto scandalizzavano la Chiesa.
A dimostrazione del fatto che la libertà di espressione al tempo era limitata (e che potremmo affermare incerta anche per alcuni ambiti della nostra vita) il cardinale Carafa propose la distruzione dell'opera, considerata un insulto alla divinità.
Dopo un lungo dibattito, alcuni padri ecclesiastici moderati riuscirono a trovare una soluzione di compromesso: coprire le parti nude, compito che fu affidato a un allievo di Michelangelo, Daniele da Volterra, il cui arduo lavoro gli comportò l'epiteto di “Braghettone”.
Un crisi, dunque, che coinvolse il piano spirituale dell'uomo, la sua intima relazione con tutto ciò che non era verificabile scientificamente.
Per continuare a leggere, clicca qui.
Speciali
- Corso online di Scrittura Creativa
- Corso online di Editing
- Corso SEC online (Scrittura Editoria Coaching)
- Lezioni di scrittura creativa
- Conoscere l'editing
- Scrivere un romanzo in 100 giorni
- Interviste a scrittori
- Curiosità grammaticali
- Case editrici
- La bellezza nascosta
- Gli influencer dei libri su Instagram – #InstaBooks
- Puglia infelice – Reportage sulle mafie pugliesi
- Letture di scrittura creativa
- Consigli di lettura
- L'Islam spiegato ai figli
- Interviste a editor e redattori
- Interviste a blog letterari
- Interviste a giornalisti culturali
- Interviste a docenti
- Come scrivere una sceneggiatura
- Premio Strega: interviste e ultimi aggiornamenti
- Premio Campiello: interviste e ultime novità
- Premio Galileo: interviste
- I nuovi schiavi. Reportage tra i lavoratori agricoli
- La Webzine di Sul Romanzo
Archivio Post
Più cercati
- Quanto fa vendere il Premio Strega? I dati reali
- Che tipo di lettore sei?
- I 20 consigli di scrittura di Stephen King
- Test di grammatica italiana, qual è la risposta giusta?
- Classifica dei libri più venduti di tutti i tempi nel mondo
- Come scrivere un romanzo: 15 modi utili
- 11 consigli per trovare la tua writing zone
- 13 cose che gli amanti dei libri sanno fare meglio di tutti
- 7 posti che tutti gli scrittori dovrebbero visitare almeno una volta
- Carlos Ruiz Zafòn ci racconta il suo Cimitero dei libri dimenticati
- I 10 film più divertenti di tutti i tempi
- I consigli di scrittura di 11 scrittori
- La reazione di Cesare Pavese quando vinse il Premio Strega
- Le 10 biblioteche più grandi del mondo
- Marcel Proust pagò per le prime recensioni di “Alla ricerca del tempo perduto”
- Perché uscire con uno scrittore? 10 motivi validi