La collezione Franco Maria Ricci in visita a Lisbona
È arrivata a Lisbona la collezione di opere d’arte del “nostro” Franco Maria Ricci, famoso editore e bibliofilo italiano, nonché raffinato collezionista. Per la prima volta fuori dal belpaese, l’esposizione propone una selezione di circa quattrocento opere che spaziano nelle diverse epoche del panorama europeo, avendo nel concetto di bellezza il denominatore comune che le riassume e le amalgama nonostante età e storie differenti.
L’esposizione della Collezione Franco Maria Ricci è stata inaugurata il 28 novembre scorso in pompa magna presso il Museo Nacional de Arte Antiga (MNAA) di Lisbona, e rimarrà aperta fino al 12 aprile 2015. Palazzo risalente al 1884 con splendida vista sul Tago, la struttura ospitante è una cornice già in partenza molto rilevante, visto che è considerato il museo più importante del Portogallo nonché uno trai i migliori d’Europa per selezione d’opere. Ed è proprio nel cuore del MNAA, lungo tutta la Galeria de Exposições Temporárias e eccezionalmente nella biblioteca, che si snoda come un labirinto – concetto tanto caro a Maria Ricci – il percorso tra le bellezze che l’arte e gli artisti hanno saputo formare. Si cammina per cinque secoli di storia, tra il XVI e il XX secolo, in un affascinante viaggio nel mondo della rappresentazione umana. È soprattutto l’uomo il protagonista dell’esposizione: la collezione è elaborato ritratto della sua condizione esistenziale.
Al camminare tra statue, mezzi busti, tele, libri, stampe, sorprende realizzare quanto il bello si manifesti nelle forme più disparate, senza vincoli autoriali o strutturali – che sia un libro o una statua di un anonimo o del Bernini – proprio come quel che Kant definiva con “rappresentazione universale necessaria”: ossia, un concetto. Franco Maria Ricci, 77 anni, è senza dubbio un esteta con la grande capacità di aprire i suoi orizzonti alle differenze sostanziali e culturali, evitando di collezionare soltanto i pezzi di un periodo artistico preciso, identitario e unidirezionale. Per l’editore parmense, la bellezza deve produrre emozione, situandosi al di là delle rigide etichette di un giudizio estetico in senso stretto. Si tratta pertanto di un’esposizione “emozionante” quella proposta al pubblico dal MNAA di Lisbona, dove perle artistiche sparse nel tempo dilatato della storia sono tenute insieme dal filo del buon gusto. Filippo Mazzola, Jacopo Ligozzi, Philippe de Champaigne, Bernini, Canova, Thorvaldsen, sono solo alcuni dei nomi che vi troviamo. Si passa dalla seicentesca Testa di San Giovanni Battista del Solario, al più recente vangoghiano autoritratto di Antonio Ligabue, passando per l’intenso nucleo dedicato allaVanitas e Memento Mori. È inoltre la prima visita di un Bernini a Lisbona. La scultura raffigurante Papa Clemente X è l’opera che sancisce la riappacificazione tra l’artista romano e il pontefice dopo l’incomprensione occorsa tra i due. Immancabili il manuale tipografico di Giambattista Bodoni, fiore all’occhiello della collezione nonché pezzo di grande importanza personale per Franco Maria Ricci. In un certo senso, è stato proprio il Bodoni il turning point della vita del collezionista parmense il quale, mano a mano che acquisiva notorietà e ricchezza, acquisiva anche pregiate opere d’arte.
Figlio di aristocratici, Franco Maria Ricci, conosciuto oggi come il “leader del gusto”, nasce a Parma nel 1937. Come lui stesso racconta, inizia la carriera come geologo in Mesopotamia nei terreni della compagnia petrolifera del cugino. L’esperienza non dura che sei mesi, date le difficili condizioni del campo; torna nella sua Parma senza ben sapere che fare del suo futuro. «La sola cosa nella quale mi sembrava di eccellere era distinguere il bello dal brutto»; è in questa deduzione che risiede l’embrione della sua fama. Ma prima di arrivare ai grandi successi, il nostro, dopo l’esperienza mesopotamica, si cimenta con qualche tentativo grafico, quando un giorno gli capita di disegnare il manifesto di un festival di teatro: notato da un esperto del settore, si trasferisce a Milano per iniziare la sua carriera di grafico professionista. È proprio in questo contesto che scopre Giambattista Bodoni e il suo geniale Manuale tipografico, una vera e propria rivelazione, nonché fonte di ispirazione: «tutta l’arte moderna ha in comune con il neoclassico Bodoni il desiderio di liberare i segni dal loro normale contesto per farli vivere in una dimensione autonoma e fantastica che, nella cultura e nell’intelligenza ha il suo limite. […] Così è la sua grafica: sangue nereggiante sul foglio di candido avorio», scrive Ricci (Bodoni 1740-1813, FMR Editore, Parma 1989). La collezione di testi del Bodoni alla quale Maria Ricci si dedica e che ristampa è alla base della casa editrice che fonda a Parma nel 1965, destinata a diventare una delle più pregiate del mondo.
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La forza dell’idea di Ricci è quella di rovesciare il canone in atto: in un’epoca in cui l’editoria tende all’orizzontalità, disponendo sempre più copie a prezzi bassi per un’Italia che va scolarizzandosi e che necessita di merce da consumare, il parmense propone libri estremamente raffinati e altamente esclusivi. Nel suo essere conservatrice, si tratta di un’idea particolarmente originale e innovativa, dal momento in cui manca una casa editrice che proponga, oltre alla qualità del testo, l’eccellenza nella configurazione dell’oggetto libro. Come si capisce, è l’intuizione di un vero e proprio esteta che fa della bellezza nelle forme uno dei requisiti necessari per la fruizione dei contenuti. La sua innata sensibilità nel distinguere il bello accresce e viene allenata anche con esperienze e collaborazioni di rilievo come quella esemplare con Jorge Luis Borges, al quale viene proposto, a buon fine, di dirigere la collana La biblioteca di Babele.
Con Borges, Ricci condivide l’idea che il tempo presente debba dialogare con il passato, cercando, anziché lo scontro avanguardistico, un armonico contatto. Di qui, il salto al neoclassicismo è breve, che è infatti la concezione d’arte che l’editore predilige. Una delle imprese più note della casa editrice FMR è la ristampa dei diciotto volumi dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, operazione che da molti viene considerata come un “suicidio”; la verità è che la ristampa è un successo straordinario e riesce ad attirare nell’orbita Ricci personalità influenti del mondo politico e letterario, quali François Mitterrand e Roland Barthes. Celeberrima è anche la rivista della FMR, definita da Jacqueline Kennedy «la più bella del mondo», mentre Federico Fellini parlava di «perla nera». Dal 2005 si dedica alla costruzione di un labirinto nel paese di Fontanellato, vicino a Parma. Per la precisione, il labirinto più grande del mondo, forziere in cui conservare tutti i tesori grafici e artistici raccolti e collezionati fin dagli anni Ottanta. Tra mura fitte di bambù e strutture di interazione col territorio quali musei e biblioteche, il progetto conta di aprire al pubblico nel 2015.
L’arte permette di collezionare e, in un certo qual modo, crea il collezionista. Ma si sa, dove c’è creazione c’è spirito artistico che porta a differenti livelli di risultato: possono riuscirne collezioni “accozzaglia” in cui tutto è buono, collezioni selettive ridotte a nomi, epoche, luoghi, o collezioni bilanciate ed equilibrate che in maniera sottile svelano, oltre alla rappresentazione proposta davanti agli occhi, un concetto dietro chesostiene le opere come i chiodi alle pareti. Ecco perché Franco Maria Ricci, oltre che essere un editore, bibliofilo, collezionista, è anche un elegante artista.
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