La censura in Cina colpisce ancora: ritirata dal commercio una traduzione di Tagore
La censura in Cina sembra non volersi fermare anzi, a dire il vero, sembra sempre più attiva, prestando attenzione a qualunque forma di dissenso. Così, dopo il caso dei librai e degli editori di Hong Kong scomparsi per aver pubblicato libri proibiti, questa volta si tratta addirittura di un volume di Tagore, al centro di un ampio dibattito.
Tagore e la Cina, una lunga tradizione
A 80 anni dalla morte, Tagore, il poeta bengalese continua ad avere molto seguito in Asia. Oltre a India e Bangladesh, la sua eredità è più viva che mai in Cina, dove lo studio delle sue opere è parte integrante del curriculum scolastico ufficiale.
Come primo autore non occidentale a ricevere il Premio Nobel nel 1913, Tagore è stata una «voce fuori dal coro proveniente dall’Asia in un ambiente intellettuale quasi del tutto dominato da istituzioni e individui occidentali», come ha scritto Pankaj Mishra nel suo Dalle rovine dell’impero (2012).
Le traduzioni delle sue opere iniziarono ad apparire sulle riveste cinesi, grazie al contributo di intellettuali come Mao Dun, Zhang Zhenduo e Chen Duxiu, co-fondatore del Partito Comunista Cinese.
La fama e l’amore per Tagore è talmente cresciuto nel tempo che la People’s Publishing House, casa editrice cinese, per i 155 anni della nascita di Tagore, ha deciso di pubblicarne le opere complete di Tagore, nella prima traduzione in Cinese dell’opera omnia, finalizzata con il contributo di un gruppo di traduttori che hanno lavorato per circa 6 anni.
Yu Qing, vice capo redattore della casa editrice ha dichiarato: «Rispetto agli altri autori stranieri, Tagore può essere considerato il più popolare e quello più ampiamente tradotto in Cina», aggiungendo inoltre che «A dispetto di altri autori stranieri come Tolstoj o Mark Twain, Tagore è stato realmente in Cina, dove ha trascorso del tempo con i pionieri della letteratura cinese contemporanea».
La traduzione piccante di Feng Teng
A questa celebrazione, si è unita anche la traduzione in cinese di Uccelli migranti, ad opera dello scrittore Feng Teng e pubblicata dalla Zhejiang Wenyi Publishing House.
Ed è proprio questa traduzione ad essere stata al centro di un’ampia controversia, che l’ha vista accusata di essere “eccessivamente piccante”.
Le polemiche si sono concentrate soprattutto su 3 delle 326 poesie delle raccolte tradotte sulla base, come spesso è accaduto per le traduzioni cinesi, della versione inglese realizzata dallo stesso Tagore.
In una di queste, ad esempio, Tagore stesso tradusse: «Il mondo si strappa la sua maschera di vastità dinanzi alla sua amante. Diventa piccolo come una canzone, come un bacio dell’eternità».
In questo caso, la traduzione di Feng in cinese recita: «Il mondo si slacciò i pantaloni davanti alla sua amante. Lungo come un bacio alla francese, sottile come un verso di una poesia».
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Le accuse
Subito dopo la pubblicazione di questa traduzione, l’opera è stata al centro di aspre critiche online e nei nuovi media cinesi, incluso People’s Daily, giornale che funge da portavoce del Partito Comunista. Lettori e studiosi, inoltre, hanno aspramente demonizzato Feng accusandolo di balsfemia verso l’amato poeta.
Il critico culturale Raymong Zhou, che scrive su China Daily (testata di proprietà dello stato), ha definito la traduzione «un volgare selfie di insinuazioni sature di ormoni». Anche i media indiani sono intervenuti e un commentatore ha definito il lavoro di Feng una «presa in giro di Tagore».
Secondo Dong Youch, capo redattore e traduttore delle opere complete di Tagore di cui abbiamo parlato poco sopra, «Il fatto che ci sia stata questa polemica mostra, in primo luogo, la speciale posizione che Tagore occupa nei cuori dei lettori cinesi» e a proposito della traduzione di Feng chiosa così: «Tagore ha scritto con una sensibilità orientale con cui i cinesi, ancora oggi, possono entrare in contatto». In pratica, l’accusa velata a Feng è di aver occidentalizzato troppo l’opera di Tagore.
Le difese del traduttore
Naturalmente, Feng Teng è intervenuto difendendo il suo lavoro.
Il quarantaquattrenne popolare romanziere cinese, infatti, in una recente intervista ha dichiarato: «Molti cinesi sono cresciuti pensando a Tagore come a un poeta mite e romantico, tutto stelle, giardini e fiori. Con la mia traduzione, molti hanno visto cancellato il loro Tagore, quello che hanno letto nei manuali della loro fanciullezza».
«La mia unica intenzione era di catturare l’estetica delle poesie di Tagore», prosegue Teng. «Quando traduco, sono uno scrittore. Non ho bisogno di conoscere il contesto, voglio solo fare le cose il più liberamente e creativamente possibile».
E l’editore?
La reazione della Zhejiang Wenyi Publishing House è stata unilaterale e molto rapida: la traduzione è stata ritirata dal mercato in attesa di essere sottoposta a revisione.
Al momento non sappiamo ancora, perché nessuna dichiarazione è stata rilasciata dall’editore, se e quando il librò tornerà in commercio.
Non possiamo affermare con sicurezza che l’editore abbia subito pressioni dal Partito Comunista cinese ma non si può negare che, ancora una volta, la censura in Cina sembra avere avuto la meglio, anche e soprattutto grazie all’intervento di media fedeli al governo.
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