“La casa sul Bosforo” di Pinar Selek, una favola moderna
«C’era una volta... Ma no, non posso. Non è una favola, è la realtà.»
È così che Elif, la giovane protagonista del romanzo di Pinar Selek, La casa sul Bosforo, edito in lingua italiana (traduzione di Ada Tosatti e Camilla Diaz) da Fandango Libri, introduce la sua storia. Una storia che trae spunto dal vissuto dell’autrice. Pinar Selek, nata e cresciuta a Istanbul, proprio come Elif, vede il padre ingiustamente imprigionato per quasi cinque anni dal regime militare instauratosi in Turchia con il colpo di stato del 1980. E proprio come i personaggi del suo romanzo conosce sulla propria pelle l’esilio in Francia. L’autrice inoltre riesce a catturare le mille sfaccettature della sua città natale, Istanbul, dei suoi quartieri e dei suoi abitanti. Le figure che popolano le pittoresche vie di questo luogo magico il lettore può quasi sfiorarle come può quasi sfiorare il vapore del tè, bevanda che sembra scandire il ritmo dell’esistenza dei personaggi.
L’autrice ricorda ancora al lettore che «la storia di quelle strade non era una fiaba, non cominciava con c’era una volta». Nel romanzo infatti sono evocati fatti reali che hanno cambiato il volto della città e le vite dei suoi abitanti: il pogrom del 1955 ai danni della popolazione di origine greca, il sisma del 1999 e ovviamente il colpo di stato del 12 settembre 1980.
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La narrazione prende avvio nell’ottobre di quell’anno:
«Bandierine triangolari spiegate lungo i viali aspettavano il passaggio del dittatore. Bostanci, il suo mare, la sua schiuma, i suoi giovani spensierati, i suoi innamorati, i suoi poeti bohémien, i suoi passanti brilli e i suoi rivoluzionari. Il nostro Bostanci capitolava davanti all’odore dell’uniforme, della plastica, del metallo e degli insulti.»
È qui che il lettore inizia a conoscere il giovane musicista Hasan e l’amore della sua vita, Elif, futura rivoluzionaria, intenti a dirsi un addio che per tutto il romanzo avrà il sapore di un arrivederci.
L’altra coppia che il lettore imparerà a conoscere e che seguirà nell’arco dei venti anni in cui si svolge il romanzo è quella composta dall’apprendista falegname Salih e dalla piccola Sema «dai capelli color miele». Anche il loro amore verrà messo a dura prova dal corso degli eventi. Li vedremo crescere tra mille difficoltà, cercare il proprio posto nel mondo, gioire e soffrire, rincorrere le proprie aspirazioni, scontrarsi con la realtà e nonostante ciò rialzarsi perché: «vivere i propri sogni è più bello che vivere con dei sogni».
Ne La casa sul Bosforo, la città di Istanbul ha un ruolo centrale:
«Istanbul è una città immensa, carica di miti. Ora piange, ora ride. Un intreccio di microcosmi. Di tempi e luoghi. Di ricordi e speranze. Di dita rovinate, di labbra di rosa, di sguardi segreti...».
È così che il lettore viene catapultato nella realtà di «uno dei quartieri più antichi di Istanbul», Yedikule, «né centrale, né periferico», «un quartiere tra gli altri», un quartiere dove si intrecciano storie di vite ordinarie, a volte allegre, a volte tristi, come le arie dei suonatori di duduk nelle sale del cinema muto. Yedikule è quindi il vero protagonista del romanzo. La narrazione può spostarsi a Parigi con Hasan, in Armenia con Rafi ma il cuore pulsante del racconto è a Yedikule, tra la farmacia di Jemal e la bottega del maestro Artin.
L’autrice assume un punto di vista totalmente femminile. È con le storie delle donne che popolano il romanzo che Pinar Selek introduce la sua visione in merito al femminismo e alla lotta contro le disparità. Le sue donne incarnano l’espressione della forza e del coraggio. Non si danno mai per vinte e perseguono i propri obiettivi. Sono madri, lavoratrici, studentesse, rivoluzionarie. Anche nella figura della prostituta Handé il lettore può trovare un senso di profonda dignità e il suo lieto fine è una forma di giustizia sociale.
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Nell’aiuto reciproco tra le componenti diverse che formano il volto multietnico del quartiere popolato da turchi, curdi, armeni e greci, l’autrice può introdurre la propria visione idealistica che l’ha spinta al coinvolgimento personale nelle vite delle persone oggetto delle sue ricerche nell’ambito della sociologa. Gli abitanti del quartiere credono l’uno nell’altro e si supportano senza se e senza ma. Il maestro Artin dona formaggio, olio e olive alla bisognosa famiglia del suo apprendista Salih senza pretendere nulla in cambio mentre Sema e sua madre Guljan tendono una mano ad Handé nel momento della disperazione più nera. I personaggi straordinari nati dalla penna dell’autrice hanno tutti qualcosa di positivo che in fondo accomuna davvero questo romanzo a una fiaba piuttosto che alla realtà. L’autrice con La casa sul Bosforo dona al lettore un luogo dell’anima.
Per la prima foto, copyright: Wei Pan.
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