“La bocca delle carpe”, illuminanti conversazioni con Amélie Nothomb
Scriveva J.D. Salinger nel terzo capitolo de Il giovane Holden: «Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira». Immaginate che uno dei vostri libri preferiti sia stato scritto da Amélie Nothomb. Immaginate di essere lo scrittore e artista visivo Michel Robert, caro amico della scrittrice. Immaginate di avere quindi il suo numero di telefono e di chiamarla, d’incontrarla, di bere un caffè con lei. Ciò che ne risulterebbe è esattamente il volume pubblicato in Italia nel giugno 2019 da Volandnella traduzione di Sara Manuela Cacioppo, ovvero La bocca delle carpe.
Come anticipa il sottotitolo, si tratta di una serie di conversazioni con l’autrice: un serrato botta e risposta che non necessariamente segue un filo logico e che – fattore determinante per valutare la qualità dell’intervista – è privo di retorica, di luoghi comuni e di risposte preconfezionate. Dopotutto, conoscendo il carattere eccentrico dell’intellettuale belga sarebbe stato strano il contrario. In questo modo quantomeno non stupisce avere conferma della sua attrazione per l’orrido inteso come mezzo attraverso il quale pensare al bello, o scoprire che con la sorella maggiore Juliette ha da sempre un legame quasi simbiotico.
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Un elemento ancora più interessante del breve ma densissimo volume in questione è costituito dalla naturalezza con cui Nothomb parla del proprio talento. Non se ne fa un vanto, non nomina i suoi romanzi come se fossero dei trofei da esibire e ha nei confronti della lingua francese, della cultura e della creatività artistica un rispetto profondo, a tratti reverenziale. D’altro canto, non ostenta neppure una falsa modestia che stonerebbe con la sua schiettezza congenita: accetta con serenità le contraddizioni dell’esistenza, il suo genio letterario e i suoi fallimenti in altri ambiti della vita, rivelando con un candore quasi inconsapevole il suo punto di vista sugli argomenti più disparati.
Il titolo della pubblicazione, per esempio, prende spunto da un episodio risalente a un pomeriggio in cui l’autrice, a soli quattro anni, nel vedere una carpa aprire la bocca in un laghetto artificiale ne rimase turbata a tal punto da gettare la testa in acqua e rischiare di morire soffocata. Temi inquietanti si alternano tuttavia al suo debole per i cappelli o ai suoi esperimenti culinari, ai riti quotidiani meticolosi e alla riservatezza sull’esistenza di Dio e sulla natura delle sue relazioni amorose. Ricordi d’infanzia e dittature politiche convivono con elegante equilibrio grazie alle fila ben gestite da Robert, che senza mai diventare una figura troppo presente riesce in ogni caso a conferire al dialogo la spontaneità e la credibilità di cui ha bisogno per risultare autentico e gustoso.
Con la medesima naturalezza affiorano fra un rigo e l’altro delle verità incredibili sulla nostra maniera di stare al mondo, sul rapporto fra l’Europa e il Giappone o sul ruolo degli intellettuali nella collettività. A proposito di questi ultimi, nello specifico, dichiara: «Non dico che, puntualmente, non si battano per cause giuste, ma per quanto riguarda l’evoluzione della società… Certo, abbiamo il diritto, se non il dovere dell’indignazione, ma il modo in cui gli intellettuali lo hanno espresso mi è sembrato comunque inefficace», salvo poi soffermarsi sulla sua avversione per il numero 2 e sull’adorazione per il 4.
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Da un tale quadro solo a prima vista frammentario emerge, quindi, la figura di una donna carismatica, con una spiccata intelligenza emotiva e priva di vanità, per quanto incline ai piccoli e grandi piaceri della vita. Il modo in cui Robert ne riporta le considerazioni è, peraltro, straordinariamente affine allo stile utilizzato dalla scrittrice nei propri testi narrativi, quasi che la sua penna sia un riflesso sincero della sua lingua. Di conseguenza, se si apprezzano le storie di Amélie Nothomb, La bocca delle carpe è una chicca imperdibile; se non le si apprezza o non le si conosce ancora, poco male. Come sostiene l’autrice stessa, «è possibile non amare i miei libri e andare perfettamente d’accordo con me»: provare per credere.
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