La bellissima lettera di Charlotte Brontë per la morte della sorella
Nel 1848 Emily Brontë, già autrice di Cime tempestose, morì di tubercolosi all’età di trent’anni.
All’epoca Charlotte Brontë aveva trentadue anni e aveva già dato alle stampe opere come Jane Eyre, e nel giro di qualche mese aveva assistito alla morte del fratello Branwell e a quella di Emily.
Qualche giorno dopo la morte della sorella, Charlotte scrisse, nel giorno di Natale del 1848, al suo editore per ringraziarlo della lettera che aveva poco prima ricevuto da lui.
La risposta di Charlotte Brontë ci offre un quadro della situazione a casa dopo la morte di Emily, della sofferenza del padre e della sorella Anna e di come spettasse a lei fare forza a tutti per riuscire ad andare avanti nonostante il dolore.
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25 dicembre 1848.
Mio caro signore,
le scriverò una lettera più lunga quando il mio cuore riuscirà a trovare un po’ di quiete, ora posso solo ringraziarla molto brevemente per la sua lettera, che mi è sembrata eloquente nella sua sincerità.
Emily non è da nessuna parte qui ora, i suoi resti mortali sono stati portati fuori dalla casa. Abbiamo posato la sua amata testa sotto il corridoio della chiesa accanto a mia madre, alle mie due sorelle, morte tanto tempo fa, e al mio povero, sfortunato fratello. Ma rimane un piccolo resto della razza, così pensa il mio povero padre.
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Bene, la perdita è nostra, non sua, e qualche triste consolazione ottengo, quando sento il vento soffiare e l'acutezza tagliente del gelo, sapendo che gli elementi non le portano più sofferenza; la loro severità non può raggiungere la sua tomba; la sua febbre si è calmata, la sua irrequietezza si è tranquillizzata, la sua tosse profonda e tetra è silenziosa per sempre, non la sentiamo più di notte né di mattina; non abbiamo il conflitto tra lo spirito stranamente forte e la fragile struttura che ci sta di fronte – conflitto inarrestabile – una volta visto, mai dimenticato. Una triste calma ci avvolge, nel mezzo della quale cerchiamo la rassegnazione.
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Mio padre e mia sorella Anne non stanno molto bene. Per quanto riguarda me, Dio mi ha sostenuto benevolmente; finora mi sono sentita adeguata a sopportare il mio stesso fardello e persino a offrire un piccolo aiuto agli altri. Non sono malata; posso assolvere ai doveri quotidiani e fare qualcosa per mantenere viva la speranza e l'energia nella nostra casa in lutto. Mio padre mi dice quasi ogni ora: "Charlotte, devi sopportare, affonderò se mi vieni a mancare"; queste parole, come può capire, sono uno stimolo per la natura. Anche la vista della tristezza ancora profonda di mia sorella Anne risveglia in me un tale timore per lei che non oso esitare. Qualcuno deve rallegrare il resto.
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Così non chiederò perché Emily ci è stata strappata nella pienezza del nostro attaccamento, radicata nel fiore dei suoi giorni, nella promessa delle sue potenzialità; perché la sua esistenza ora giace come un campo di grano verde calpestato, come un albero in piena recinzione colpito alla radice. Dirò solo che dolce è il riposo dopo il travaglio e la calma dopo la tempesta, e ripeto ancora e ancora che Emily ora lo sa. Sinceramente sua,
C. Brontë
Fonte della lettera: Letters of note.
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