La bellezza tra salvezza e perdizione. “A proposito di Elena” di Giuseppina Norcia
A proposito di Elena di Giuseppina Norcia, uscito per VandA edizioni in versione digitale nel mese di maggio e in edizione cartacea lo scorso giugno, è una pubblicazione che fin dal titolo fa riferimento alla sua struttura e al contenuto, pur mantenendo viva la curiosità di chi si appresta a leggere una trattazione ragionata su una delle figure mitologiche più celebri e decantate dell’antica Grecia. Proprio per questo, da una parte, il focus su Elena di Sparta sembrerebbe avere fin troppi precedenti autorevoli per suscitare interesse, anche se dall’altra parte la scansione scelta dell’autrice ne chiarisce l’originalità e gli approfondimenti svolti a monte.
Il testo, infatti, si configura come uno studio ragionato sulla natura archetipica e allo stesso tempo inevitabilmente umana della giovane figlia di Tindaro, che si sviluppa per lo più in ottica tematica, oltre che temporale, nel tentativo di scorporare le voci circolate su questo personaggio, le sue caratteristiche, le diverse versioni del suo mito e le parole che pronuncia secondo l’uno o l’altro autore classico. È per tale ragione che Giuseppina Norcia esordisce evidenziando innanzitutto il più grande paradosso legato alla sua storia, ovvero l’assenza di una qualsiasi descrizione fisica di Elena nonostante la fama di donna più bella del mondo, per poi concentrarsi sull’effetto che tanto fascino ha esercitato sulle persone intorno a lei e sul suo stesso destino individuale.
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D’altronde, se la bellezza di una donna pare a priori impossibile da perdonarle, nel caso specifico Elena viene desiderata dagli uomini e disprezzata dalle donne, portando su di sé il peso del proprio aspetto con la consapevolezza che chi si innamora di lei finisce per compiere azioni folli e violente. «Nel mito di Elena», scrive non per niente l’autrice, «si annida il seme di un male che non è stato ancora compreso, trasformato, sconfitto». Nell’elemento appena descritto risiede probabilmente l’eterna attrattiva del mito in quesitone, nel quale la bellezza si rivela ardua da governare e, anzi, capace di asservire condottieri e regine di ogni sorta.
A rendere ancora più complessa la figura al centro della riflessione è il sottinteso per cui tutto, nella vita della donna, dovrebbe verificarsi attraverso l’intervento degli uomini, quantomeno dalla prospettiva di chi le sta accanto. Ciò significa che, pur influenzando per via del suo aspetto chiunque la conosca, Elena non ha nessun reale potere decisionale sul suo futuro, ritrovandosi in diverse occasioni a piegarsi alla volontà divina o terrena, oppure a lottare nel tentativo di essere ascoltata davvero. A prescindere dall’alternativa, la conclusione che ne viene fuori non può che condurre a sofferenze e a compromessi non sempre facili da inghiottire, come ancora una volta emerge dai riferimenti intertestuali presenti nell’opera.
Quello suggerito da Giuseppina Norcia è dunque un singolare viaggio bibliografico, condotto con un’onnisciente lucidità che tuttavia non rende meno evidente la sua funzione di dedica a una figura simbolica di tale portata. Grazie alla proposta di un’interpretazione del mito mai ricalcata o banale, inoltre, si ha l’impressione di ritrovarsi dentro una sorta di abbraccio delicato e riverente nei confronti di un personaggio che, effettivamente, ha rischiato di esprimere sempre troppo poco il suo punto di vinta e i suoi desideri. In altre parole, l’autrice sembra dare per lei un nome agli eventi e una spiegazione a determinate pulsioni con la consapevolezza di una donna e il discernimento di un’esperta, per poi approdare con saggezza a tematiche attuali fino ai giorni nostri.
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Ne L’idiota, fa notare Giuseppina Norcia, F.M. Dostoevskij sosteneva che sarà la bellezza a salvare il mondo, sebbene qui si suggerisca la necessità di un chiarimento: «se è vero che la bellezza salverà il mondo, Ippòlit-Fëdor chiede di precisare “quale bellezza”, come se essa manifestandosi nel mondo avesse sempre il suo doppio. Elena e il suo fantasma, o la sua ombra. C’è una bellezza che salva e un’altra che irretisce. C’è una bellezza che libera e un’altra che intrappola dentro desideri irrefrenabili. È doppia, proprio come l’essere umano», motivo per cui neppure Elena costituisce un’eccezione alla regola. Anche la sua bellezza è un’arma a doppio taglio, che con uno stile piano ed elegante insieme ci viene ricordato ancora una volta fino a che punto racchiuda in sé l’essenza dialettica della salvezza e della perdizione.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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