“La bambina fulminante” di Paolo Nori, un dedalo altamente poetico
«Buongiorno. Se avete pazienza vorrei raccontarvi la storia di una bambina che si chiama Ada». Inizia così l’ultimo libro per ragazzi di Paolo Nori intitolato La bambina fulminante, uscito per Rizzoli nella scorsa primavera.
Confrontandosi con la letteratura per ragazzi lo scrittore emiliano raggiunge davvero uno dei punti massimi della sua verve stilistica. Così come aveva già dimostrato in Tredici favole belle e una brutta, l’autore emiliano liberandosi del frame che di regola accompagna la cosiddetta narrativa per adulti diventa – se mai possibile – ancor più estroso, irriverente, ironico.
La bambina fulminante è Ada, 10 anni e 39 di piede e le lentiggini sul naso, figlia di Lucia e Lucio. Lucia fa l’assicuratrice e Lucio è illustratore per libri di poesia. Ada è una bambina particolare e non solo perché il suo nome è un palindromo ma perché lei ha un potere speciale: se qualcuno le sta antipatico o fa qualcosa che lei non manda giù allora gli «tira un accidente» e quello lì si avvera. L’ha sperimentato la prima volta contro la sua maestra Gemma che dava troppi compiti, poi su Filippo un suo compagno di classe e un giorno ha funzionato persino su una vicina di ombrellone. «Che ti venga seduta stante un sedere imbarazzante» disse Ada e così fu. Il superpotere di Ada funziona solo se ha la rima perché la rima è importante e questo Ada lo aveva capito già leggendo le poesie del padre che secondo lei vere poesie non erano proprio perché non avevano la rima.
«Le mani che scrivono poesie sono le stesse che fanno pulizie» dice Nori. E questa frase racchiude tutto il senso e il valore altamente poetico di questo libro, scritto in modo semplice ma in grado di aprire uno squarcio sul valore delle parole. Perché se una parola è detta bene può essere potente, perché se detta in rima può diventare un fulmine o addirittura una poesia.
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Nori, strizzando l’occhiolino, dice che la sua è una storia che dura un minuto e si legge in un paio d’ore. La bambina fulminante è come un dedalo: tutti gli undici capitoli «da sessanta secondi» ciascuno, come dice lui, sembrano ogni volta voler fa ricominciare la storia tutta daccapo. Eppure, alla fine di ogni capitolo insieme ai puntuali saluti dell’autore, il lettore si accorge di essere un pochino più “avanti”. Nelle sue pagine l’autore compone un testo che vive nella eco dell’oralità: Nori racconta che se fosse per davvero davanti a una platea di ragazzi e allora saluta, ripete, si assicura che nessuno si annoi, fa un salto avanti e uno indietro. E a questo punto chi legge deve abbandonare gli ormeggi, immaginare di trovarsi davvero in quella platea e ascoltare con le orecchie oltre che con gli occhi le parole scritte.
Mi ritengo un’affezionata lettrice di Nori, i suoi libri hanno un’impronta unica e uno fra tutti, La banda del formaggio, mi è davvero rimasto nella mente e non solo per i contenuti ma per il modus narrandi dell’autore. Confrontarsi con un libro di Nori per me non è soltanto leggere un libro ma è compiere un’esperienza di lettura. Significa lasciarsi prendere da una storia che avanza come un fiume in piena e che talvolta inciampa, si ferma, devia, fa un piccolo rimbalzo ma poi riprende. E solo dopo essere arrivati alla foce, alla fine del viaggio si riesce ad avere una visione d’insieme del percorso che si è compiuto. E non c’è nulla di più difficile del dire una cosa complicata in modo semplice.
La bambina fulminante è un libro intergenerazionale ideato per ragazzi ma pensato anche per gli adulti che, facendo un salto nel mondo dei più giovani, possono ritrovarsi rigenerati e tornare nella propria realtà con una marcia – e chissà, forse con un potere – in più.
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