"La ballata del re di denari" di Yuri Herrera
Trabajos del reino di Yuri Herrera è stato pubblicato in Messico nel 2004 per la casa editrice Fondo Editorial Tierra Adentro. In Italia La Nuova Frontiera lo ha pubblicato pochi mesi fa, con la traduzione di Pino Cacucci e un titolo leggermente differente ma molto evocativo, La ballata del re di denari.
È la breve storia dell'«Artista» Lupo, un suonatore di fisarmonica che gironzola tra le bettole della frontiera messicana, un uomo costretto a «guadagnarsi da vivere per strada, offrendo rime in cambio di pietà e qualche centesimo», la storia di come la sua vita sia cambiata dopo un fortuito incontro con il «Re». Dopo essersi imbattuto con quest'ultimo Lupo entra a far parte della corte; raccatta le sue poche cose e vi si trasferisce. Inizia a comporre corridos per gli abitanti della reggia, mostrando sempre, in ogni modo possibile, tutto il suo rispetto e la sua ammirazione per il Re, per quell'uomo straordinario capace di illuminare ogni cosa con la sua semplice presenza. I giorni trovano finalmente un posto nel calendario, la vita trova un senso e Lupo scoprirà per la prima volta il significato dell'amore. Finché ogni cosa, improvvisamente, non si sfalderà di nuovo. Qualcuno tradisce, le alleanze si spezzano, l'armonia della corte si infrange, la serenità si sfalda. Il mondo felice dell'artista si scioglie ed egli è costretto a fuggire, a perdere e a perdersi e a ricominciare. Ma come ogni personaggio alla fine di un racconto, come ogni uomo alla fine di un'avventura, anche Lupo alla fine deve aver imparato qualcosa; per esempio ha imparato che «se c'è qualcosa che meritiamo è un cielo vero».
Dietro la vicenda di Lupo, dietro questa stupefacente metafora fiabesca, si nasconde il mondo spietato del narcotraffico messicano, le regole e i valori di una realtà regolata dalla forza e dal denaro, di un ambiente senza scampo e senza speranza, senza pietà e senza margini d'errore. La corte del Re brilla al centro di un deserto di povertà e terrore, ma anche la sua luce è una luce fatua, flebile, destinata a non durare. Il Re viene detronizzato, privato dello scettro e un altro re è subito pronto a sostituirlo, per ricreare un regno di serenità apparente. Ma tutto questo all'artista non apparterrà più. Lui aveva un solo Re, perduto quello, per lui non c'è più nessun posto. Finito l'inganno gli rimangono solo la nuda realtà e la solitudine.
La ballata del re di denari è una riflessione bruciante sulla società messicana, sulla sua irreale, incredibile corruzione, sul possibile ruolo dell'arte in quel mondo privo di sogni e privo di purezza. In un mondo del genere l'unica purezza è possibile nella trasfigurazione. Per questo Yuri Herrera trasfigura tutto, trasforma ogni cosa, tramuta ciò che tocca con la sua incedibile prosa. Sotto gli occhi di un personaggio ingenuo e fiabesco ogni cosa appare sfumata, ogni aspetto è immerso in una nebbia di trasognato stupore. I personaggi stessi non sono personaggi reali. Sono i lupi e le principesse delle fiabe. Si chiamano Artista, Re, Gerente, La qualunque, Strega, Erede, Bimba. Non hanno altri nomi. In un mondo brutale le cose non possono avere nomi e non hanno facce. C'è solo sangue ed orrore. E per raccontarlo l'artista deve tornare bambino. Lupo è un bambino mai diventato uomo, un uomo mai stato bambino. Ma è anche, nel sapiente mascheramento di Herrera, un miope che non vede i dettagli delle cose finché non indosserà gli occhiali del dottore. Solo allora, quando l'illusione e l'incanto si spezzano, andare avanti non sarà più possibile e non sarà più possibile fare finta di niente; «l'Artista osservava ogni dettaglio grazie agli occhiali nuovi che gli aveva fatto fare il dottore, e fu questo a colpirlo: tutto era uguale. Ebbe la sensazione che la festa scorresse velocemente come qualcosa di visto e stravisto. L'unico elemento strano era lui, che guardava dall'esterno. L'unico speciale era lui. Fu bello scoprirlo, era come un tenue brillare tra la gente, come sentire che le cose migliorano quando si entra in una stanza». A quel punto l'artista prenderà la sua strada, lontano dalla corte, lontano dai re. Un artista può essere tale solo nella sua disperata solitudine.
Ma a rendere questo racconto, di poco più di cento pagine, irripetibile è la prosa di Yuri Herrera. La sua scrittura è poderosissima, solida, controllata. Come riporta la quarta di copertina «i capitoli non numerati sono folgoranti. Non una parola di più. La prosa è asciutta, dura, sicura». E lo è, sia quando il tono e distaccato e rilassato («l'unica volta che Lupo era andato al cinema aveva visto un film dove compariva un altro uomo così: forte, maestoso, con il potere sulle cose del mondo. Era un re, e attorno a lui tutto acquisiva un senso»), sia quando è crudo e secco («sono morti. Sono tutti morti. Gli altri. Tossiscono e sputano e sudano la propria morte putrida soddisfatti per l'inganno, come se cagassero diamanti. Sorridono i denti scarnificati di cadaveri, ritengono che niente di male potrà succedergli»).
Anche per questo La ballata del re di denari, alla fine, risulta una lezione, d'arte, di vita e di scrittura. Leggerlo è come ascoltare un'ammaliante sinfonia che s'interrompe all'improvviso, è come sognare, è come leggere tante piccole poesie legate tutte insieme. È come capire tutto, per poi, doverlo dimenticare daccapo.
«Dire amico, sogno, brocca, terra, percussione.
Dire qualsiasi cosa.
Ascoltare la somma di tutti i silenzi.
Azzardarsi a nominare la gioia che promette.
E poi, tacere».
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