“L’uomo di Mosca” e quei finanziamenti russi al Pci
Andrea Cecconi è il protagonista principale del romanzo L’uomo di Mosca di Alberto Cassani, pubblicato di recente da Baldini+Castoldi. Il libro è un romanzo d’esordio dello scrittore ravennate. Il genere è storico-contemporaneo ma, allo stesso tempo, è anche un po’ una spy story, nella quale pian piano vengono a galla gli intrighi tra le persone e tra le forze politiche italiane (il vecchio Pci) e russe (regime comunista) nel periodo della seconda metà del 1900.
Cecconi è un avvocato, sposato, senza figli. I suoi avi (il padre e il nonno) sono sempre stati militanti comunisti, mentre lui ha cominciato a seguire i ritmi e lo stile di vita della borghesia locale, entrando in un circolo vizioso che non lo soddisfa molto, anzi gli scatena dubbi su dubbi.
A risvegliare curiosità e entusiasmo in Andrea ci pensa il nonno Mario con i suoi racconti sul passato, quando lui era parte integrante del Pci. Poco prima di morire l’anziano comincia a raccontare al nipote come accanto a lui e all’inseparabile collega Bettini, nelle trattative economico-finanziarie con il regime sovietico, a un certo punto sia arrivato quello che tutti conoscevano come “l’uomo di Mosca”.
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Dopo la morte del parente il protagonista, con una rinnovata curiosità verso quello che il nonno condiviso con lui, riuscirà a trovare diari e documenti dove questo misterioso individuo comincerà a prendere piano piano forma.
Colui che tutti conoscevano come l’uomo di Mosca era tal Nikolaj Gogor, ed era lui a trattare con il nonno di Cecconi una serie di considerevoli finanziamenti che dalla Russia erano destinati al partito in Italia. Dalle rendicontazioni che Andrea trova tra le carte del nonno Mario, però, mancano dati fondamentali. Non ci sono i documenti che testimoniano l’arrivo dei soldi nel vecchio stivale. Che fine hanno fatto? Chi li ha fatti sparire e perché? Andrea metterà a frutto il suo fiuto di avvocato, dando il via un’indagine del tutto personale che lo condurrà da Ravenna in Russia, tra passato e presente, alla ricerca di una verità che, visti i tempi ormai trascorsi, forse nessuno vuole davvero conoscere.
L’uomo di Mosca è un vortice di eventi per il protagonista e per chi lo legge, nel senso che il lettore è trascinato in modo completo nella ricerca di Andrea Cecconi alle prese con quella che si rivelerà un’indagine complessa, dove si alterneranno differenti piani temporali. Oltre ai salti avanti e indietro nel tempo, tra anni Settanta e oggi, a coinvolgere il fruitore, nel tentativo di portare “luce” su tutto quello che è rimasto in sospeso dai prima anni Novanta, si affacciano nel piano narrativo gli strani personaggi che Andrea incontrerà e con i quali dovrà fare i conti e confrontarsi. Tra di loro ci saranno individui appartenenti alla massoneria, spie, uomini dei servizi segreti e individui dalle identità vere o presunte e che spesso non sono quello che sembrano.
Ogni capitolo del romanzo di Cassani è munito di un titolo preciso, altro dettaglio che permette a chi legge di comprendere in modo immediato il tema trattato nelle pagine pronte alla lettura. Andrea si concentrerà sì sull’indagine, ma non mancheranno momenti nei quali parlerà d’altro, a dimostrazione che lui sta compiendo un’indagine privata, perché desiderata da lui, ma questo non gli impedirà di avere dei momenti di svago. Delle vere e proprie digressioni che hanno la funzione di ammorbidire un po’ la suspense dell’investigazione su una autenticità dei fatti che potrebbe essere più articolata di quello che l’avvocato Andrea immagina. E allora ci si imbatte in capitoli del tipo Dove si fa una digressione sull’età di alcuni morti famosi, o Dove si parla di Kafka e si assiste al Falstaff. Poi ci sono capitoli che portano i lettori di oggi nel passato, come quello intitolatoDove si ricorda il funerale di Enrico_Berlinguer e un mondo che non c’è più.
La scrittura di Cassani è scorrevole, coinvolgente e, a dire il vero, va ben oltre il romanzo storico e il genere dello spionaggio. O meglio, questi sono i due principali temi che si individuano durante la lettura e che aiutano a comprendere meglio anche una parte della storia d’Italia e non solo ma, movendosi tra le pagine del romanzo edito da Baldini+Castoldisi ha anche la sensazione di trovarsi immersi in tanto altro.
Tanto per cominciare quando Andrea legge i manoscritti del nonno sente un bisogno di conoscerlo meglio e questo si materializza con quello che può essere identificato come un vero e proprio diario personale, nel quale si susseguono, in modo incalzante, fatti e riflessioni sulla politica vissuta in prima persona dal suo avo tra realtà locale e internazionale. Non mancano poi acute meditazioni sulla contemporaneità con l’analisi dei comportamenti delle persone e di come il loro agire e pensare siano cambiati dal passato al presente con la massiccia diffusione dei nuovi media. Altro tema interessante che il ravennate Cassani mette in gioco nella sua opera prima è l’attento e accurato ritratto della vita di provincia e delle sue abitudini (basta vedere le caratteristiche del circolo dove Andrea bazzica, costituto da individui di un mondo borghese nel quale lui non si identifica più e dal quale cerca di capire come prendere le distanze).
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L’avvocato Cecconi attraverso il suo vissuto personale e quello del nonno prenderà coscienza di sé, delle proprie radici e di un periodo storico scomparso per sempre, costituito di un passato che è stato e che non tornerà più, del quale però restano, con molta probabilità, tante verità nascoste pronte a essere scoperte, anche se il rivelarle, come dimostra L’uomo di Mosca di Alberto Cassani, potrebbe sconvolgere un po’ troppo quello che ha tramandato la Storia.
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