“L’uomo che non esiste”, tra Pirandello, Cortázar e Kafka
È uscito per Intermezzi Editore l’ebook L’uomo che non esiste, scritto da Gianluca Mercadante. Già autore dei libri “gemelli” Caro scrittore in erba… e Caro lettore in erba… (Las Vegas Edizioni), Mercadante pubblica in questa occasione un racconto lungo (“Ottantamila” è il nome della collana in cui è inserito, ma anche il numero massimo di battute per i testi che ne fanno parte).
La storia è quella di Valerio Reale, quarantaduenne che vive a Torino, giornalista senza tesserino e quindi non iscritto all’albo. Sarebbe pure un collaboratore fisso della rivista «Alter», solo che un giorno, con la riforma del Jobs Act, si ritrova a pagare cara la sua indolenza: a casa senza lavoro, per non aver mai avviato le pratiche del maledetto tesserino da pubblicista. Come se non bastasse, a rendere depresso il povero Reale contribuisce non poco la relazione con Ileana, durata cinque anni e ormai finita. Il protagonista vive dunque delle sue stesse recriminazioni, e vede suggellare questa condizione precaria da un episodio che attraversa il muro del razionale: andato alle poste per pagare una bolletta dell’energia elettrica, si vede rispondere dall’impiegata che i dati non corrispondono… per l’ente creditore Valerio Reale non esiste. In seguito, non riconosciuto dai colleghi di lavoro, diviene preda dei dubbi e degli interrogativi.
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Dunque cognome non casuale quello del protagonista, che si ritrova suo malgrado a vivere uno dei conflitti più affascinanti della storia della letteratura: bloccato a metà fra la solida concretezza del corpo e la sfuggente evanescenza dell’identità.
Ma il problema identitario è solo una componente. Netta e ben distinguibile l’impronta delle occasioni mancate. Il riferimento ad Alice e allo specchio invece porta dritti al tema del doppio, così come in certi racconti di Julio Cortázar, dove la linea tra sé e l’altro diventa di difficile demarcazione (basterà citare dei brevi capolavori come Continuità dei parchi, Diario di Alina Reyes, Notte supina).
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Fin da subito è poi chiara la matrice pirandelliana dell’opera (con la citazione da Il fu Mattia Pascal già in epigrafe), ma ci sono anche rimandi kafkiani (l’insidia burocratica) e riflessioni filosofiche alla Sartre («Il depresso è un daltonico esistenziale» oppure le domande «Chi sono le persone? Ognuna di queste vite ambulanti, da dove proviene? Quale storia ha avuto, fino ad oggi? E soprattutto: saprebbe dire di se stessa chi è e chi non è?»).
Infine, ad arricchire una prosa che gode di una certa pulizia stilistica, qualche frase a effetto condita da una persistente ironia («Se le persone parlassero coi sottotitoli, ci troveremmo ad affrontare la più grande emergenza sociale mai riscontrata a livello planetario. Il silenzio non è d’oro: è un’assicurazione sulla vecchiaia»).
Peccato per alcune banali escursioni nel territorio del “già letto”: la storia comincia con una sveglia che suona di lunedì; la sfruttata citazione dantesca della selva oscura; la signorina Rottermeier e Fabio Volo richiamati a simboli rispettivi di rigore e frivolezza; la ragazza che finisce tra le braccia del migliore amico, tra l’altro di professione calciatore e non-lettore incallito.
Lo sconfinamento nel fantastico, per quanto mi riguarda, vale quasi sempre una lettura. Certo, la storia di L’uomo che non esiste non è propriamente nuova, ma quelle di Gianluca Mercadante sono pur sempre poco meno di ottantamila intensissime battute.
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