L’unico libro per bambini scritto da Marguerite Duras
Aveva cinquantotto anni – era il 1972 – e il successo le aveva arriso da tempo ormai, quando Ah! Ernesto apparve in Francia. E probabilmente nemmeno lei, Marguerite Duras (pseudonimo della scrittrice e regista francese Marguerite Donnadieu, nata in Indocina nel 1914 e morta a Parigi nel 1996 a causa di un tumore alla gola, nota al grande pubblico grazie al romanzo autobiografico L'amant del 1984 che le valse il prestigioso Premio Goncourt), avrebbe potuto immaginare né la fredda accoglienza – se non il vero e proprio gelido ostracismo – che questa breve novella avrebbe riscosso in patria né il fatto che i suoi cugini d'Oltralpe l'avrebbero potuta leggere solo quasi mezzo secolo dopo.
Ah! Ernesto, una tenera e per certi versi disincantata – ma densa di significati “politici” – storia (non solo) per fanciulli, è ora proposta nella versione italiana dell'edizione francese pubblicata nel 2013 da Thierry Magnier e impreziosita dalle illustrazioni di Katy Couprie. Il merito è della casa editrice Rizzoli, grazie alla quale finalmente approda per la prima volta in Italia (a quarantasette anni dalla sua pubblicazione in Francia) l'unico testo per bambini di una fra le più importanti scrittrici del Novecento.
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L'assoluto protagonista della storia è Ernesto, l'architrave esistenziale e narrativa di un apologo aneddotico che trascende il mero significato fattuale delle vicende raccontate. È un bambino di soli sette anni, ma sa già il fatto suo, ha un carattere deciso e qualche problema di vista; al rientro dal suo primo giorno di scuola comunica alla madre la sua irremovibile decisione di non volerci più fare ritorno. È ostinato, nella convinzione di averne ben donde. Per quale motivo non vuole più avere a che fare con aule e insegnanti? «Perché a scuola mi insegnano cose che non so!»è la sua stupefacente (ma non troppo) risposta. I genitori, sgomenti, non sapendo che fare si rivolgono al maestro che, sicuro di sé, li invita a tornare due giorni dopo, ma questa volta in compagnia del birbantello. Così avviene, ma Ernesto irriducibilmente tiene testa a tutti e tre, li fronteggia senza alcuna sudditanza, mettendone a dura prova non solo la pazienza, ma anche le loro all’apparenza granitiche certezze, fino all'inaspettato finale.
Il racconto, solo a prima vista leggero, è ben lungi dall'essere concepito alla stregua di un semplice divertissement. Riflette i fermenti storici dell'epoca, immergendosi nell'incandescente brodo sociale del secolo scorso e inscrivendosi nel solco culturale successivo agli avvenimenti del maggio '68. L'ordine costituito, le istituzioni codificate e quindi anche il sistema scolastico, divengono oggetto di feroci contestazioni e lo stesso Ernesto incarna, fatalmente, lo spirito tumultuoso del tempo. Così la stessa Marguerite Duras ebbe a confidarsi nel 1989 con la studiosa Leopoldina Pallotta Della Torre (La passione sospesa,– Archinto, 2013): «La follia di Ernesto [...] risiede [...] nel suo rifiuto di qualsiasi valore prestabilito [...] per ritrovare dentro di sé l'innocenza universale». La “pazzia” di un bimbo, in altre parole, al servizio di una catarsi maieutica: quella per l'appunto che consente di reimpossessarsi della salvifica purezza primigenia.
Quando la cronaca si eleva a Storia, come in questo caso, l'emozione della trasfigurazione gela lo scorrere del tempo. Pur essendo molteplici e dissanguanti le contraddizioni e le aberrazioni scaturite dal dipanarsi di quel periodo storico, l'incanto di averne magicamente cristallizzato increspature, sogni e devianze, spazza via la polvere dei decenni trascorsi, donando una vividezza senza pari a sentimenti altrimenti relegati nello scrigno dei ricordi.
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Ah! Ernesto, arricchito dalla prefazione di Cinzia Bigliosi che ha curato anche la traduzione, è corredato di un'apposita sezione Ah! Duras che, oltre a documentare fotograficamente l'officina della scrittrice, ospita le testimonianze dell'editore dell'epoca, François Ruy-Vidal, e di chi lo ha ristampato nel 2013, Thierry Magnier.
Per la prima foto, copyright: JESHOOTS.COM su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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