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“L’ultimo saluto di Sherlock Holmes” di Arthur Conan Doyle. I limiti della ragione

“L’ultimo saluto di Sherlock Holmes” di Arthur Conan Doyle. I limiti della ragioneIl giallo, genere che ancora oggi gode di un grande successo, è il trionfo della ragione umana capace, anche attraverso piccoli indizi, di ripristinare l’equilibrio che un crimine ha sconvolto. L’universo si regge su una fragile armonia tra le varie parti che lo compongono, tutto questo è possibile grazie al rispetto delle leggi e delle norme. Bastano, però, un omicidio, un furto, un sequestro di persona a sconvolgere questa armonia e a far piombare il mondo nel caos più cupo. Ecco allora l’entrata in scena del detective che, grazie all’uso della ragione, nel breve tempo riesce ad assicurare il criminale alla giustiziae il ritorno dell’equilibrio perduto. È l’essere umano a riportare l’equilibrio nell’universo, non un dio o creatura celestiale e nemmeno l’universo stesso, come accadeva nei drammi di Shakespeare.

«Da una goccia d’acqua», scriveva l’articolista, «una mente logica potrebbe dedurre la possibilità di un Atlantico o un Niagara, senza mai averli visti e sentiti. La vita non è che una grande catena di cui possiamo conoscere la natura osservandone un singolo anello. […]. Poniamo che il nostro lettore dotato di logica, incontrando un essere umano come lui possa, con una sola occhiata, conoscerne la storia e il commercio o la professione che svolge.» (Uno studio in rosso)

“L’ultimo saluto di Sherlock Holmes” di Arthur Conan Doyle. I limiti della ragione

La lettura di racconti gialli, o polizieschi, è rassicurante perché ricorda che la ragione garantisce la protezione dell’equilibrio cosmico da quei pericoli quotidiani che lo minacciano. Non esiste caso che il detective non riesca a risolvere brillantemente; anche davanti al crimine più complesso, e al criminale più astuto, la logica riesce a conseguire, alla fine, la vittoria.

«Bene, bene, ci basterà. “Tre volte è armato chi di ragione è armato”.» (La scomparsa di Lady Frances Carfax)

 

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Eppure ci sono dei momenti nei quali il detective è chiamato a scontrarsi con una minaccia oscura, senza volto, che si dimostra più potente dell’intelletto; esistono casi nei quali la ragione realizza i propri limiti.

«Che scopo ha tutto questo, Watson?», disse in tono grave Holmes quando finì di leggere. «A che serve questo circolo vizioso di dolore, di violenza, di paura? Deve avere uno scopo, altrimenti il nostro universo è governato dal caso, il che è impensabile. Ma quale? Questo è l’immenso, sempiterno interrogativo al quale la mente umana è ancora lontanissima dal poter dare una risposta.»

 

L’avventura della scatola di cartone è il secondo racconto della raccolta L’ultimo saluto di Sherlock Holmes di sir Arthur Conan Doyle pubblicata nel 1917. L’avventura parte dal quartiere di Croydon, a Londra, quando la signorina Susan Cushing riceve un pacco postale contenente due orecchie umane. Inutile dire che anche questo caso viene risolto con successo da Sherlock Holmes eppure la chiusura non è ottimista, anzi, lascia l’amaro in bocca. Davanti ad un crimine così efferato, avvenuto in un contesto malsano perché dominato dal sospetto, dall’incomprensione, dalla gelosia, dall’invidia e dal tradimento, il detective si domanda che senso abbia tutta quella violenza, contro la quale combatte giorno dopo giorno,che agita Londra ed il mondo intero. La ragione inorridisce davanti alla visione del male che influenza negativamente la mente portando l’essere umano a compiere le azioni più brutali. Sherlock Holmes comprende che l’intelligenza non può sempre avere la risposta a tutti i quesiti; esiste un caso che non potrà mai essere risolto: quello di dare uno scopo al «circolo vizioso di dolore, di violenza, di paura».

La domanda disperata del detective ricorda, seppur vagamente, un’altra, inquieta e senza risposta, posta dall’Islandese alla Natura nel celeberrimo dialogo leopardiano.

Islandese Cotesto medesimo odo ragionare a tutti i filosofi. Ma poiché quel che è distrutto, patisce; e quel che distrugge, non gode, e a poco andare è distrutto medesimamente; dimmi quello che nessun filosofo mi sa dire: a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?

“L’ultimo saluto di Sherlock Holmes” di Arthur Conan Doyle. I limiti della ragione

Esiste una forza distruttrice che inquieta la ragione; una potenza indistruttibile che si aggira per i vicoli di Londra minacciando, senza mai riposarsi, l’equilibrio dell’universo; un’entità malvagia il cui scopo sfugge al raziocinio del detective. Di questa forza fanno esperienza Holmes ed il suo caro amico e collega Watson nel grottesco racconto L’avventura del piede del diavolo.

Non ci fu molto da aspettare. Mi ero appena seduto quando percepii odore greve, muschioso, sottile e nauseabondo. Appena annusato, persi il controllo della mente e dell’immaginazione. Una densa nube di fumo nero mi turbinò davanti agli occhi e il cervello mi disse che in quella nube, ancora invisibile ma in procinto di aggredire i miei sensi sconvolti, era in agguato tutto ciò che di orrendo, di mostruoso, di inconcepibilmente malvagio esisteva nell’universo.

 

Sherlock Holmes è in Cornovaglia per un periodo di riposo quando gli viene riferita la notizia che George e Owen Tregennis sono improvvisamente impazziti mentre la loro sorella Brenda è stata ritrovata morta: «Sul volto di tutti e tre, la sorella morta e i due uomini in preda alla follia, era dipinta un’espressione di orrore – di un terrore sconvolgente, orribile a vedersi».Durante le indagini, per scoprire il mezzo usato dal colpevole per commettere il suo crimine, Holmes e Watson inalano una particolare e potente sostanza psicotropa.

Forme indistinte turbinavano e fluttuavano in quel cupo banco di nuvole, ciascuna di esse minaccia e monito di qualcosa che stava per arrivare, dell’avvento di una qualche indicibile presenza la cui sola ombra avrebbe distrutto la mia anima.

 

Durante questa particolare esperienza allucinata la ragione prende ancora più consapevolezza di questa presenza malvagia che non può conoscere e vincere del tutto; può combatterla ma non sperare di distruggerla per sempre.

«Se per caso vuole aggiungere questo caso ai suoi annali, mio caro Watson», disse Holmes quella sera, «sarà un esempio di quella temporanea eclisse alla quale anche la mente più equilibrata può essere soggetta».

 

Ciò esclama Sherlock Holmes alla fine dell’intrigante caso La scomparsa di Lady Frances Carfax. La ragione ha i suoi limiti, non sempre può riuscire, ci sono momenti in cui fallisce; ecco, quindi, da dove nasce l’orrore: esso sorge al cospetto del male senza scopo ed invincibile.  

 

Quella «densa nube di fumo nero» è in procinto di sferrare il suo attacco più letale e pericoloso.

«Caro vecchio Watson! Unico punto fisso in un’epoca in mutamento. Si sta avvicinando il vento dell’est, un vento che non ha mai soffiato sull’Inghilterra. Sarà un vento freddo e pungente, Watson, e molti di noi rabbrividiranno alle sue raffiche.»

 

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Nell’Ultimo saluto. Un epilogo Sherlock Holmes viene chiamato dal governo britannico per smascherare una rete di spie; il racconto è ambientato nel 1914, il giorno prima della dichiarazione di guerra tra Inghilterra e Germania. Si è alle porte della Prima Guerra Mondiale; il male sta per mostrare la sua potenza distruttrice, senza risparmiarsi, e l’intelletto non può nulla per impedire l’eccidio che sta per consumarsi e che sconvolgerà l’Europa ed il mondo intero per un lungo ed interminabile periodo.

Erano le nove di sera del 2 agosto – l’agosto più terribile nella storia della terra. Si sarebbe potuto pensare che già la maledizione divina gravava pesantemente su un mondo degenerato, e l’aria afosa e stagnante era pervasa da una quiete impressionante, un senso di attesa indistinta. Il sole era tramontato da un pezzo ma lontano, all’orizzonte, uno squarcio rosso sangue sembrava una ferita aperta.

 

Eppure, nonostante i suoi limiti, la ragione non si tira indietro, continua nel suo piccolo a cercare di resistere e di combattere con ardore donchisciottesco il male per preservare il fragile equilibrio sul quale si regge l’universo tutto. Ed ogni tanto, senza imbarazzo, si abbandona, lasciandosi felicemente ingannare, ad illusorie speranze.

«Ma è sempre un vento mandato da Dio e, passata la bufera, una terra migliore, più pulita e più forte si riscalderà ai raggi del sole. Metta in moto, Watson, è tempo di andare.»

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