“L’ospite” di Giorgio Faletti, davvero necessario pubblicarlo?
Sono passati ormai quattro anni dalla scomparsa di Giorgio Faletti e ci manca davvero tanto.
Chi non ricorda le sue prime apparizioni al Drive In, i mitici personaggi Vito Catozzo, Suor Daliso, Carlino, il testimone di Bagnacavallo per poi finire con Franco Tamburrino nello show Emilio.
Abbiamo riso di pancia quando compariva in scena e abbiamo sorriso quando nel 1994 l’organizzazione del Festival di Sanremo annuncia la partecipazione di Giorgio Faletti in qualità di cantante con la canzone Signor Tenente. Molti avranno pensato che sarà la solita canzone riempifestival in puro stile falettiano, quindi sarà qualcosa di comico, un qualcosa che canteremo tanto per divertici. Invece le cose sono andate in maniera completamente diversa, Signor Tenente arriva a sorpresa al secondo posto, si aggiudica il Premio della Critica e il tema non faceva per niente ridere affrontando le stragi compiute dalla mafia con un riferimento velato a Capaci e Via d’Amelio.
Pochi sapevano allora che Faletti (come dichiarerà anni dopo) ormai non si divertiva più a creare personaggi televisivi e stava cercando o meglio tentando una nuova strada dove esprimere la sua creatività.
Tornerà al Festival di Sanremo altre volte sia come cantante, sia come autore.
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La svolta è nel 2002, Baldini & Castoldi pubblica il suo primo romanzo Io uccido ed è un successo clamoroso e inaspettato con quattro milioni di copie vendute in tutto il mondo, proposte da Hollywood di girare la trasposizione cinematografica. Jeffrey Deaver definisce Faletti una da leggenda, Antonio D’Orrico lo ritiene il più grande scrittore italiano.
Faletti ha trovato la sua strada e inizia una carriera costellata di altri sei romanzi che riscontrano il successo immediato di pubblico che corre in libreria per acquistare la propria copia.
Dopo essere stato ricoverato per un ictus nel 2002 da cui era guarito completamente, a parte un leggero difetto di pronuncia di alcune parole, nel 2014 scopre di avere un tumore al polmone che curerà prima a Los Angeles e successivamente a Torino, ma ormai è troppo tardi, morirà il 4 luglio 2014.
Qualche giorno prima di morire sulla sua pagina Facebook scrisse: «A volte immaginare la verità è molto peggio che sapere una brutta verità. La certezza può essere dolore. L'incertezza è pura agonia.»
Mettendo da parte il caso di Kafka, il cui valore gli verrà riconosciuto dopo la sua morte, ci sono casi dove autori, che in vita avevano conosciuto successi di notevole dimensione, una volta passati a miglior vita, ritornano improvvisamente in auge, i libri ritornano sugli scaffali e nelle vetrine delle librerie e conseguentemente balzano alle vette della classifica dei libri più venduti. Questo perché, una volta morto l’autore, ci sono gli editori che si mettono alla ricerca di opere inedite o incompiute che gli permettano di continuare a lucrare sul nome del povero defunto.
A questo punto la domanda è lecita: se un’opera è rimasta inedita o incompiuta, un motivo ci sarà pure stato, o sbaglio? Di opere postume di Giorgio Fakletti ne sono uscite tre e l’ultimo arrivato nei negozi è L’ospite (Einaudi Editore). Ho comprato il libro nella convinzione di trovarmi un altro piccolo gioiello letterario, ma mi sbagliavo.
All'interno di questo libricino ci sono soltanto due brevi racconti, completamente scollegati tra loro; inoltre, mentre il primo racconto può avere attinenza con il titolo dell'opera (ma nemmeno tanto), il secondo non ha alcun collegamento e sembra essere stato messo lì giusto per arrivare alle cento pagine.
Al giorno d’oggi non è concepibile pubblicare un libro di racconti così diversi tra di loro. Quindi la domanda è: perché?
Non me ne voglia il buon Giorgio, il libro è carino, si legge velocemente e con facilità, solo che alla fine si rimane un po’ male, soprattutto se si è abituati a opere di ben altro spessore come lo stracitato Io uccido.
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La sensazione che si ha leggendo L’ospite è quella di trovarsi di fronte a un’opera studiata a tavolino per sfruttare ancora il nome Faletti che magari questi due racconti li aveva scritti solo per sé e con nessuna intenzione di pubblicare.
Si ha la sensazione che si sia voluto dare un contentino ai fan che ancora non accettano la morte di Giorgio, ma ripeto è un libro che non aggiunge alcun valore in più alle opere scritte in precedenza.
Quindi un libro leggero da leggere magari nelle sere d’autunno che ormai è alle porte.
Concludo ricordando Giorgio Faletti alla presentazione del suo secondo romanzo Niente di vero tranne gli occhi: intrattenne i presenti con battute e piccoli sketch organizzati lì al momento, quasi per non far dimenticare che la vita affrontata con un sorriso è sicuramente migliore di una affrontata con la paura.
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