L’orsa Daniza e il difficile rapporto tra uomo e natura raccontato nella letteratura
Negli ultimi giorni ha fatto molto parlare il caso dell’orsa Daniza che ha riproposto varie riflessioni sulla difficoltà del rapporto tra uomo e natura. Il plantigrado trentino, una decina di giorni fa, per proteggere i suoi cuccioli pare abbia ferito un incauto cercatore di funghi. Subito, complice la carenza di notizie tipica del mese di agosto, sui media si è scatenata la psicosi, è scattata la caccia all’orso, già scampato finora a vari tentativi di cattura, mentre si allertano le associazioni animaliste. Ma quante altre volte uomo e natura si sono trovati contro, anche nella letteratura? La storia di Daniza ci offre il pretesto per rovistare un po’ in biblioteca, consapevoli di quanto potrà essere limitata e parziale la nostra selezione.
La storia più famosa è forse quella di Moby Dick. Nel romanzo di Herman Melville, pubblicato nel 1851 (e tradotto in Italia solo nel 1932, da Cesare Pavese), il “mostro” è la famosissima balena bianca. A dargli la caccia in modo maniacale è il capitano Achab, «roso di dentro e arso di fuori dagli artigli fissi e inesorabili di un'idea incurabile»: ottenere la sua vendetta contro il capodoglio dopo che questa lo aveva gravemente ferito in un precedente incontro. Alla fine di questo scontro tra uomo e natura Melville farà trionfare il cetaceo.
Chissà quanto può aver influito su Melville e i suoi contemporanei che lessero Moby Dick, l’opera di Charles Darwin. In particolare il Viaggio di un naturalista intorno al mondo, pubblicato nel 1839, e la più famosa L’origine delle specie, del 1842, nella quale citando il botanico De Candolle nota che «tutta la natura è in guerra, un organismo contro l'altro o contro la natura esterna. A prima vista, osservando l'aspetto sereno della natura, è possibile dubitare di ciò, ma la riflessione ci proverà inevitabilmente che è vero».
Intanto, tre anni dopo Moby Dick, sempre negli Stati Uniti, esce un altro libro con una tematica simile. È Walden ovvero Vita nei boschi,di Henry David Thoreau, che narra dell’avventura vissuta dall’autore stesso nei due anni passati in una capanna nei boschi, a stretto contatto con la natura. Una storia che vede risolversi positivamente il contrasto uomo-natura, e che ancora ooggi ritorna periodicamente di moda (pensiamo a Guerra agli umani, di Wu Ming 2 e all’autobiografico Pecora nera, di Devis Bonanni).
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Di poco successiva un’altra storia famosissima, tradotta in fumetti, cartoni animati e film. Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne esce nel 1870. L’attacco dei calamari giganti al Nautilus, il sottomarino progettato, costruito e guidato dal geniale Capitano Nemo, è uno degli episodi più impressionanti di un romanzo col quale tuttavia Verne non vuole parlare del rapporto conflittuale tra uomo e natura, ma soltanto narrare avventure fantascientifiche con una vena di critica sociale (forse offuscata per volere dell’editore).
Melville come Verne si ispirano, probabilmente, al mito del Leviatano, un mostruosa creatura biblica (diabolica, sebbene nata per volere di Dio) che allegoricamente potrebbe essere la trasposizione della potenza del caos naturale (primordiale) privo di controllo. Il Leviatano dal Libro di Giobbe in poi fu protagonista di numerosissime storie, come pure di un saggio filosofico che lo vede nelle vesti di un gigante rappresentante lo Stato così come lo intese Thomas Hobbes nel 1651. Ma nella sua accezione originaria vien facile il parallelo con la forza della natura contro cui l’uomo deve battersi fin dalle sue origini, con l’aumento dell’entropia che distrugge il rassicurante ordine. In miti antichi come questo vanno cercate le motivazioni che hanno portato in questi giorni sulla bocca di tutti la storia di Daniza, l’orsa che agisce seguendo l’istinto e che mina il difficile equilibrio che l’uomo aveva stabilito con la natura.
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