L'Oriente di Chateaubriand e Nerval
Visitando Beirut durante la terribile guerra civile del 1975-1976, un giornalista francese scrisse con rincrescimento dei semidistrutti quartieri del centro che "un tempo sembravano appartenere [...] all’Oriente di Chateaubriand e di Nerval". E per quanto riguarda Beirut aveva naturalmente ragione, soprattutto dal punto di vista di un europeo. L’Oriente stesso era in un certo senso un’invenzione dell’Occidente, sin dall’antichità luogo di avventure, popolato da creature esotiche, ricco di ricordi ricorrenti e paesaggi, di esperienze eccezionali. E ora stava scomparendo, come se tutto fosse finito. Forse sembrava irrilevante che in ciò fossero coinvolti gli orientali, che persino al tempo di Chateaubriand e di Nerval degli orientali avesso abitato quei quartieri, e che adesso fossero loro a soffrire. Il fatto più importante per l’ospite europeo erano la rappresentazione europea dell’Oriente e la sorte che a tale rappresentazione stava toccando. L’una e l’altra avevano un significato comune e privilegiato, tanto per il giornalista francese quanto per i suoi lettori.
L’atteggiamento americano è forse un po’ diverso; il concetto di Oriente suscita in genere associazioni con l’Estremo Oriente, con la Cina e il Giappone soprattutto. Diversamente dagli americani, francesi e inglesi - e in minore misura tedeschi, russi, spagnoli, portoghesi, italiani e svizzeri - hanno una lunga tradizione in ciò che designerò col termine orientalismo: vale a dire un modo di mettersi in relazione con l’Oriente basato sul posto speciale che questo occupa nell’esperienza europea occidentale. L’Oriente non è solo adiacente all’Europa; è anche la sede delle più antiche, ricche, estese, colonie europee; è la fonte delle sue civiltà e delle sue lingue; è il concorrente principale in campo culturale; è uno dei più ricorrenti e radicati simboli del Diverso. E ancora, l’Oriente ha contribuito, per contrapposizione, a definire l’immagine, l’idea, la personalità e l’esperienza dell’Europa (o dell’Occidente).
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Nulla, si badi, di questo Oriente può dirsi puramente immaginario: esso è una parte integrante della civiltà e della cultura europee persino in senso fisico. L’orientalismo esprime e rappresenta tale parte, culturalmente e talora ideologicamente, sotto forma di un lessico e di un discorso sorretti da istituzioni, insegnamenti, immagini, dottrine, e in certi casi da burocrazie e politiche coloniali. In confronto, la conoscenza statunitense dell’Oriente appare assai più superficiale, anche se il conflitto col Giappone e le recenti avventure coreana e indocinese hanno in parte promosso una più sobria e realistica percezione del mondo "orientale".
[tratto da Edward W. Said, Orientalismo. L’immagine europea dell’Oriente, Feltrinelli]
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