L’opera di un abile narratore. “Askja” di Ian Manook
La situazione è questa: volevo solo dare un’occhiata, assaggiare lo stile, farmi un’idea sulla trama. Era sera tardi, non volevo iniziare la lettura. Mi sono ritrovata a leggere i primi dieci capitoli d’un fiato. Quando ho staccato gli occhi dalle pagine, le lancette dell’orologio segnavano oltre la mezzanotte. Solo un altro un capitolo, mi sono detta, poi smetto, dormo, riprendo domani con calma.
Troppo tardi. Ero in Islanda, al fianco di Kornelius, tra lande desolate, muschi da non calpestare, giovani fotografi apparentemente telepatici e il corpo di una donna morta, ripresa dal drone, nuda, con solo un calzino al piede.
È ipnotico, Askja, il nuovo romanzo di Ian Manook, pubblicato in italiano da Fazi Editore, nella traduzione di Maurizio Ferrara.
Ero in Islanda, a mangiare acciughe affumicate e pane tuono nero, cotto forse secondo tradizione. Ero nella casa di un vecchio marinaio, attualmente impegnato a fare la guardia al muschio millenario che nasce sulla superficie di un luogo che, a vederlo con gli occhi dei personaggi che si alternano, deve avere qualcosa di straordinario.
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Tutto ha inizio nel momento in cui un giovane fotografo segnala la presenza di un corpo senza vita sopra le lande basaltiche, una terra «carbonizzata dalla rabbia incandescente di una remota eruzione». C’è solo un’immagine catturata dal drone, del corpo della donna non c’è traccia.
L’unico abitante è un vecchio, affetto da Alzheimer e che, apparentemente, conosce la vittima. Nella sua casa arredata secondo la tradizione islandese, c’è una stanza in cui gli indumenti e gli oggetti raccontano che qualcuno ci vive lì dentro assieme all’anziano guardiano dei muschi millenari. È stato lui a fare del male alla donna?
La situazione è intricata, una matassa difficile da sbrogliare e che si traduce in una vicenda appassionante, ricca di dialoghi e di descrizioni che rendono i luoghi palpabili, reali.
A condurre le indagini c’è Kornelius Jackobsson, un uomo scontroso, che somiglia a una specie di troll. Un troll sveglio, accorto, che non si fa problemi a seguire le proprie intuizioni purché si giunga a capo delle indagini.
In parallelo alle indagini condotte da Kornelius, vi è un altro crimine a coinvolgere il lettore. Nella capitale, Botty si ritrova sulle tracce di un altro assassinio che, con il primo, condivide lo strano dettaglio di non possedere il corpo della vittima, scomparso nel nulla. Tutto quello che Botty possiede, inizialmente, è un paio di mutandine abbandonate in un crepaccio preso d’assalto dai turisti e di una bellezza spaventosa. Anche in questo secondo caso, chi potrebbe avere le informazioni necessarie – o forse essere addirittura il colpevole – pare condurre una vita al di fuori della società in un alternarsi di consumo smisurato di Reyka, una vodka che ha il potere di donare sonno diurno e, forse, oblio. Anche Gustavsson fa la guardia, ma non ai muschi millenari. Lui è un guardiano notturno al Thrinhnukagigur, vive a nord di Reykjavik, e ha la casa vicino a ciò che a Botty, all’investigatrice, pare un giardinetto allo stato selvatico, ma che, spiega Gustavsson, è un alfastadir, cioè un castello di elfi, abitato dall’Huldufolk, il popolo nascosto.
È un dettaglio che potrebbe perdersi in mezzo alle indagini che incalzano, allo srotolarsi degli indizi, degli incastri che spingono verso mille congetture e verso un finale sorprendente. Eppure sono proprio i dettagli come questo a fare la differenza, a trasportare il lettore nel luogo esatto in cui un cecchino pare si diverta a spaventare le persone, i testimoni e presunti colpevoli.
Dal punto di vista stilistico, Ian Manook si rivela un narratore abile, perspicace e in grado di giocare con la suspense che cresce e cresce e rende la lettura un piacevole viaggio nel tempo e nello spazio.
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Askja è il secondo capitolo di una trilogia, quindi segue a Heimaey, e, in ultima analisi, getta un cono di luce sulle ombre, le contraddizioni e le tradizioni di un paese che affascina e incanta con la sua storia e che, sotto l’apparente perfezione, si dimostra altrettanto perfettibile quanto moltissimi altri paesi.
Per la prima foto, copyright: Cassie Boca su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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