L’Italia, tra eroismo e piagnisteo
Ora, l’Italia sta come sta, divisa tra eroismo e piagnisteo, tra chi cerca di salvare se stesso dalla disfatta individuale con il lavoro e chi tenta di salvar la pelle a danno di altri.
Renzi adula l’impresa artigianale, e fa bene, ma dimentica che il dinamismo sul mercato del lavoro lo danno i disoccupati che non rinunciano a cercare un’occupazione ma la pretendono, la esigono, la bramano.
L’Italia perde occupati sotto i trent’anni e sopra i quarantacinque, unico Paese Ocse a dar lavoro soltanto gli over 50, dunque mostra una vetustà della domanda di lavoro – quella che viene dalle imprese – insensata e pazza. La follia sta nella ricerca di figure senza qualificazioni nuove, senza elementi di innovazione e con titoli di studio medio bassi. Perché?
Perché la gestione familiare della gran parte delle imprese fiacca le prospettive di crescita e di adeguamento dei processi produttivi alle esigenze imposte dal nuovo sistema economico. A ciò si aggiunga la debolezza dei centri per l’impiego e della agenzie interinali, nell’affanno da decenni e nella ricerca di personale dequalificato, demansionato.
Lavoratori e imprese sane soffrono l’aggressione del crimine organizzato e della contrazione dei mercati, ma nell’assenza di una pianificazione industriale tutto si risolve in una fatica senza via d’uscita, compromessa dall’inconsistenza qualitativa della domanda di lavoro. Ecco dunque che si oscilla, come Paese, tra pessimismo e ottimismo, tra inerzia e sopravvalutazione delle risorse morali italiane.
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Non siamo più quelli del Made in Italy, ma quelli che devono reinventarsi e competere prima culturalmente, poi produttivamente con sistemi che ce la stanno facendo, anche in Europa.
Dobbiamo intensificare gli investimenti nella scuola, nella ricerca, nell’università, nella formazione: nella formazione degli imprenditori, anche, perché in loro si possa riconoscere un valore aggiunto, e non una classe parassitaria alle dipendenze di uno Stato indebitato fino all’osso.
Questa la via che raccontano le economia che si trasformano e si modellano dentro l’avvenire, fuori del buio pesto della crisi irreversibile del fordismo. O così o niente, o così oppure barcolleremo sempre tra eroismo e piagnisteo: senza via d’uscita.
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