“L’ira funesta” di Paolo Roversi
Si accendono come led di una grande insegna luminosa i capitoli del nuovo libro di Paolo Roversi, L’ira funesta, edito da Rizzoli. Uno alla volta, per regalare al lettore un indizio, un giudizio, un’informazione, un’emozione… e alla fine tutti insieme per far luce sul quadro completo e il caso risolto.
Omar Valdes, con l’accento tonico sulla “e” per pronunciarlo Valdès, come tende a precisare lui stesso per stuzzicare i suoi interlocutori, è il maresciallo perfetto per il Piccola Russia, un microscopico borgo della bassa mantovana dove tutti sembrano restare immobili in attesa della svolta decisiva. Ore e ore trascorse nel silenzio del fìord a pescare mentre in paese si scatena il finimondo e riuscire lo stesso a scovare l’assassino, grazie alla pazienza, alla riflessione e alle puntatine in città per indagare sul passato e sul lato nascosto dell’ovvio e dello scontato.
Al maresciallo di tempo per pensare ne occorre e tanto anche… tempo per pensare e per sanare ferite profonde «…Io sono rimasto con niente». La frustrazione e quel terribile senso di impotenza Valdes riesce a tenerli a bada solo isolandosi dal resto del borgo e lasciandosi cullare dal fiume e dal paesaggio che lo circonda, più volte ritrovandosi a parlare con i pesci che pesca e rigetta in acqua, in un ritmico gioco di tira e molla all’infinito che più che uno sport sembra essere diventata una dipendenza. Non riesce a integrarsi e socializzare perché non comprende più l’attaccamento a futili motivi o desideri; quando sei pronto a dare la vita per proteggere gli altri da un Male profondo pensi che per gli altri la tua vita abbia un valore e quando realizzi che così non è, «[…] mi sono sentito uno sradicato per anni», non è poi tanto facile ricominciare daccapo. Non gli interessa parlare di argomenti che non lo toccano, a meno che non riguardino l’indagine in corso, tranne che con Giulia. Con lei è diverso perché lei è diversa e anche se non se le sono ancora raccontate hanno tante cose in comune.
Giulia angosciata per quanto ha visto a Lampedusa, Omar per quanto vissuto nella lotta contro la mafia… L’aver voluto inserire nel testo questi temi rende onore allo scrittore, si dovrebbe parlare sempre e sempre più spesso di questi argomenti e ben vengano progetti come la graphic novel su Lia Pipitone.
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Riuscire a non fermarsi alla superficialità di dati e fatti è forse la qualità migliore del maresciallo Omar Valdes e lo è certamente anche della scrittura di Roversi. C’è voluto di sicuro un gran coraggio per portare le storie nei luoghi della sua infanzia e c’è voluta sicuramente una grande abilità nel non lasciare che il tutto si trasformasse in un viaggio nei luoghi della memoria e del passato.
A tratti sembra che l’autore abbia voluto marcare troppo facendo diventare i personaggi delle caricature, ma forse è dovuto al fatto che il piccolo borgo, messo sotto la lente di ingrandimento e con i riflettori puntati addosso, doveva inevitabilmente finire con il risultarne deformato.
L’aver voluto porre l’accento sui trascorsi da combattente della Crimor di Valdes come sulle opinioni critiche della cronista Giulia riguardo ciò che effettivamente accade a Lampedusa contribuisce a elevare il testo di Roversi a un livello superiore e rimandano alle parole di Azar Nafisi (Leggere Lolita a Teheran, Adelphi): «non sminuire mai, in nessuna circostanza, un’opera letteraria cercando di trasformarla in una copia della vita reale; ciò che noi cerchiamo nella letteratura non è la realtà, ma un’epifania della verità».
L’ira funesta non è quella che esplode in un momento di rabbia perché hai dimenticato di prendere le tue medicine o perché hai un gran mal di testa, l’ira funesta è quella rabbia che covi dentro per anni, che ti rode e ti corrode fino al punto in cui non riesci più a contenerla ed esplode, più dannosa che mai, e si scaglia contro il nemico come un fulmine a ciel sereno. L’ira funesta è quel dolore profondo che ti attanaglia, quel senso di impotenza che ti toglie finanche il respiro, quel desiderio di rivalsa che ti spinge oltre il pensiero. L’ira è funesta quando non solo genera male, ma è generata essa stessa dal male.
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