L'intellettualità che manca: Aldo Busi, ovvero l'illuminista che osa
[Articolo pubblicato sulla Webzine Sul Romanzo n. 5/2012 Intellettuali e Potere]
Francia, XVIII secolo. La svolta: crolla la monarchia e la repubblica prende vita; i morti saranno ancora tanti, la Rivoluzione continuerà, ma il popolo ha trionfato e il re è costretto ad arrendersi. Immensa era la figura degli intellettuali che avevano partecipato al dibattito di un’Età dei Lumi che avrebbe cambiato la storia dell’Europa; il fermento culturale dei salotti letterari era sfociato in impegno civile e l’intellettuale, non più arroccato nei suoi studi, aveva osato. Nel complesso intreccio delle relazioni con i poteri più forti – politica e clero, ma non solo –, prevalse l’organizzazione del dissenso sulla sottomissione al protettore di turno; anche nel Risorgimento italiano, comunque di importazione francese, e oltre, furono la partecipazione e la militanza il motore degli eventi, non la sterile erudizione racchiusa in pagine e pagine di libri: l’élite degli uomini di cultura, insomma, era stata più o meno in grado di impegnarsi civilmente e creare veramente un dibattito.
Con l’avvento della società di massa, lo scenario è cambiato radicalmente: Pasolini fu tra i primi a denunciarlo e in modo così diretto da essere ucciso subito dopo Salò o le 120 giornate di Sodoma. L’impegno civile lo avrebbe ripagato soltanto post mortem, quando le sue analisi confermarono che la nuova generazione aveva pochi tratti in comune con le precedenti. Nonostante questo, la figura dell’intellettuale – in un Nuovo Millennio così diverso dai secoli scorsi – non può cambiare: è necessario che la matrice di fondo sia illuminista, in cui si mescolano sapere, partecipazione, rifiuto dell’autoreferenzialità e impegno per la difesa della propria indipendenza, nell’ottica di un continuo adattamento alle storie raccontate dal mondo.
I presunti intellettuali di oggi lo sono troppo o troppo poco? Tra il polo di chi non interviene nel dibattito, e dunque non osa, perché ostile ai nuovi mezzi di comunicazione – la televisione più di ogni altro –, e quello di chi lo fa in modo demagogico e sol perché concessogli da chi gestisce il mezzo, succubo, quindi, di qualcuno o qualcosa, esistono figure intermedie e cioè perfettamente intellettuali?
Non mancano (poche) risposte positive da parte di coloro che, fedeli al modello illuminista, sono riusciti ad andare oltre, senza guardare solo in superficie una società, che, in un modo o nell’altro, torna in qualsiasi tipo di narrazione con il peso dei suoi eventi; nascondersi dietro un libro non è sufficiente per conoscere la realtà, né per giustificare qualsiasi presa di posizione; questa società va vissuta, fosse soltanto per il gusto di conoscere altre storie e apprendere il modo in cui queste possono essere raccontate – sempre che di storie (vere) si tratti.
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