L’inizio di una nuova saga. “Solo il tempo lo dirà” di Jeffrey Archer
Il romanzo di Jeffrey Archer, Solo il tempo lo dirà (HarperCollins Italia, 2018, traduzione di Seba Pezzani), mostra nelle prime pagine gli sparuti alberi genealogici delle famiglie Barrington e Clifton, le cui sorti, si immagina, si intrecceranno nelle quasi cinquecento pagine successive. Solo il tempo lo dirà è il primo volume di una saga che – cominciando a Bristol all’inizio del Novecento – si sviluppa in ben sei parti, e probabilmente arricchirà gli alberi delle due famiglie di diversi rami.
L’autore della saga, Jeffrey Archer, barone di Weston-super-Mare (uno dei luoghi del romanzo) è un ex deputato del partito conservatore britannico, e uno dei più ricchi autori di bestseller sulle due sponde dell’Atlantico.
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Di certo il romanzo è costruito con mestiere. I capitoli sono raggruppati in sezioni ben distinte, e in ciascuna gli avvenimenti vengono raccontati dal punto di vista di un personaggio diverso, e a partire da momenti diversi nella storia, in modo che l’intreccio venga illuminato pian piano e ricordato ai lettori periodicamente. Ogni sezione è introdotta da un breve prologo narrato in prima persona dal personaggio cui la sezione è intitolata: in questo modo tutti i personaggi principali possono dare la propria versione dei fatti salienti del romanzo. Interessante notare che le versioni collimano tutte alla perfezione, facilitando così il lavoro del lettore, restringendo le possibili congetture e interpretazioni, anziché ampliarle.
Il prologo iniziale è affidato a Maisie, la madre di Harry Clifton, l’eroe di questo primo volume della saga. La donna vi illustra in tono spiccio le misere circostanze che hanno preceduto il proprio matrimonio, e che risulteranno gravide di conseguenze per il suo unico figlio Harry.
La vita di Harry Clifton non comincia difatti sotto i migliori auspici. In un quartiere operaio di Bristol, il bambino cresce senza il padre, morto, gli viene detto, nella Grande Guerra, benché Harry sappia contare e i conti non gli tornino. Fortunatamente, l’unico modello cui Harry può guardare non è lo zio Stan, operaio navale e ubriacone irriducibile. Con la madre Maisie, tanti sono gli adulti che si preoccupano dell’avvenire del bambino: tra gli altri, il maestro della scuola elementare, la direttrice del coro della chiesa, e Jack Tar, un vecchio saggio che vive in un vagone abbandonato ai cantieri navali. Harry ha un dono, una bellissima voce bianca che gli frutta l’ammissione al St Bede, il miglior collegio cattolico della città. Da lì, grazie a tutti i suoi talenti e alla determinazione della madre, che da casalinga riesce a farsi piccola imprenditrice, Harry farà ancora tanta strada. Il volume ne narra solo l’adolescenza, e si chiude lasciando il lettore nella totale incertezza riguardo al futuro dell’eroe.
I lunghi capitoli del romanzo sono dedicati alla lotta parallela di Harry e della madre per progredire rispettivamente a scuola e nel lavoro, entrambi ostacolati o agevolati da nemici e benefattori, a volte conosciuti, altre misteriosi. Il percorso di Harry poi è reso più arduo non solo da nemici in carne e ossa, ma dalla stessa sua crescita imprevedibile, dal passato che il ragazzo ignora, dallo scoppiare di una nuova guerra. Tuttavia, gli amici che riesce a conquistare con la sua lealtà sono alleati formidabili: soprattutto Giles ed Emma, i figli di Hugo Barrington, il padrone senza scrupoli dei cantieri navali sul fiume Avon e vecchio datore di lavoro del padre di Harry.
È facile pensare a Harry come a un Oliver Twist o magari a un Pip, ma naturalmente il romanzo di Archer richiama quelli di Dickens solo in superficie: la Bristol operaia al posto dei vicoli della Londra vittoriana, l’eroe ragazzino sfiorato ma non corrotto dal contatto con malvagi e malavitosi, la suspense alla fine del volume, che si interrompe bruscamente con una sterzata imprevista. Mentre i personaggi di Dickens però non si dimenticano, e le sue pagine impegnano a lungo i lettori divertendo, commuovendo o spazientendo, in Archer non c’è proprio nulla che impegna e trattiene, al contrario si galoppa veloci verso la fine del volume, portati avanti da un intreccio che dopo pochi giorni, con tutta la buona volontà, non si riesce più a ricordare.
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È possibile che, nelle rimanenti cinque parti della saga, i personaggi e le loro vicende riescano a sorprendere e coinvolgere il lettore in maniera più duratura. Solo il tempo lo dirà di Jeffrey Archer riesce comunque ad assolvere la sua funzione: regala ai lettori qualche ora di assoluta spensieratezza ed evasione, piaceri che si potranno rinnovare all’uscita del prossimo volume.
Per la prima foto, copyright: Nathan Riley.
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