“L'inganno della morte” di Guglielmo Scilla
Se avete meno di vent’anni o avete una buona conoscenza del mondo di internet, è inutile che vi spieghi chi è Guglielmo Scilla. Se non avete idea di chi sto parlando cercate su Google la parola “Willwoosh” (suo acronimo) e vi si aprirà un mondo. Ma non ponete la domanda “chi è Guglielmo Scilla?” ad un gruppo di teenager o rischiate di essere sbranati seduta stante. In effetti serbo un certo timore per questa recensione. Frotte di ragazzine assatanate potrebbero farmi ritrovare la testa del mio gatto fra le lenzuola, in segno di avvertimento qualora scriva qualcosa che vada anche solo a sfiorare il loro idolo. In poche parole, per descrivervi l’autore, posso dirvi che è una webstar nata su Youtube, con video irriverenti, diventato poi sceneggiatore di una webseries chiamata Freaks e in seguito promosso a conduttore di un programma su Radio Deejay intitolato A tu per Gu. Si è dedicato alla scrittura con un primo libro, 10 regole per fare innamorare, e ora con L’inganno della morte prova ad affermarsi come autore di romanzi.
Ho sempre molto apprezzato il lavoro di Willwoosh, e con Freaks ho visto l’evoluzione di un modo di fare film e telefilm che si distacca dal solito noioso approccio che sta invadendo l’italiano medio. Siamo abituati ad un certo tipo di fiction che fa risaltare la pochezza di creatività che ci circonda e la totale mancanza di meritocrazia delle idee. Dentro questa serie si può vedere una voglia di raccontare che esce dai canoni ormai assodati e che tenta, embrionalmente, di dirci che anche i giovani possono fare qualcosa di godibile e che forse dobbiamo dare loro ascolto. Nuove idee, nuovi modi di farsi spazio nell’oceano della televisione e di Internet.
La storia che Guglielmo ci racconta potrebbe essere trasposta cinematograficamente solo da Tim Burton o da Guillermo Del Toro. Una storia a tratti gotica, a tratti mistica. Un romanzo con un target adolescenziale che fa l’occhiolino ad Harry Potter e alla crescita del protagonista mediante prove e magie. Daniel Thompson è il nome del personaggio principale, che viene ucciso, e tenta di scoprire la verità sulla sua morte dall’aldilà, mentre si prepara a sostenere delle sfide a suon di incantesimi, strane creature e regole magiche che popolano il mondo dei defunti.
Ci sono degli elementi che mi lasciano perplesso, però. Si sente, innanzitutto, puzza di trilogia (ormai qualsiasi cosa merita un trittico di film o di libri) in quanto la storia termina lasciando in sospeso una miriade di punti di domanda. Il che già mi fa storcere il naso, visto che il libro viene presentato come fatto e finito.
Lo stile è molto semplice, comprensibile. Ma la descrizione delle scene di azione spesso sono ridondanti ed eccessivamente estese. Potrebbe capitare di ritrovarvi durante la lettura di un combattimento fra Daniel e un mostro qualsiasi, in piedi, sul letto o sul divano, a gridare “Lancia la magia che hai imparato dieci pagine fa. LANCIALA” mentre il protagonista sente un dolore al piede, pensa che non ce la farà e la sua gola si secca per la paura. Ed è così che le scene d’azione diventano scenate d’azione.
Appello agli adolescenti: se questo libro è una buona scusa per iniziare a leggere, ben venga. Sappiate che in giro c’è molto di meglio, anche nel genere fantasy-thriller (così definito dall’autore stesso). Se proprio dovete scegliere fra le pruriginose pagine di Cinquanta sfumature di grigio e una storia semplice ma inconcludente come L’inganno della morte, opterei per il secondo tomo, ma siete rimandati a settembre e dovete promettermi che almeno un altro libro (esclusa la saga di Twilight) provate a leggerlo.
Affare fatto?
P.S.: ho veramente un gatto, perciò se volete sfogare la vostra ira con qualcuno, prendete me!
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