L’inferno adesso è Aleppo
Ad Aleppo si è scatenato l’inferno, aggravato da questa nuova, strana alleanza tra Trump e Putin. Non un inferno comune, ma una strage di innocenti.
I bambini sono diventati il bersaglio degli assassini, dei due fronti in lotta. Da una parte la coalizione pro Assad, composta prevalentemente dall’esercito regolare siriano supportato dai russi; dall’altra i cosiddetti ribelli, talvolta spalleggiati dagli statunitensi. Ora, entrambi sparano sui bambini, sugli ospedali pediatrici, sulle scuole, colpendo il futuro siriano. L’eccidio non si ferma nemmeno davanti agli appelli dell’Onu, alle condanne multilaterali. Le bombe e le granate continuano a piovere sulla città e a lacerare le carni infantili.
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Aleppo è la contemporaneità più sanguinaria: la rivelazione di cosa è capace di fare, ancora, il potere quando sceglie la via della guerra. Non c’è via di scampo, perché ogni strada è chiusa, ogni via interrotta. Si può soltanto aspettare che l’assedio termini. Anche se di assedio non si può davvero parlare, perché Aleppo è una specie di bersaglio per tutti, come fu Homs due anni fa, la morta Homs.
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Le parti in guerra hanno deliberato che tutto si deve giocare contro le città e contro l’infanzia urbana. Tutto deve servire a educare una generazione al terrore che viene dal cielo. Tutto deve congiurare contro la libertà. La lingua delle bombe di Assad prova a imporre a una Siria lacerata una lezione per sempre. Ma è una strategia folle, perché indebolendo i suoi avversari interni indebolisce sé stesso sul piano internazionale.
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Assad lo sa da tempo, quindi ha giocato d’azzardo, legandosi a Putin nella speranza (adesso divenuta certezza) che Trump vincesse. Trump che si è affrettato a ritrovare in Assad un interlocutore degli Stati Uniti, non un avversario. Questo intreccio abbastanza complicato di interessi militari e politici, più che economici, favorisce Assad a danno dei suoi oppositori. Ecco perché l’offensiva contro Aleppo riprende più forte e più cattiva subito dopo l’elezione di Trump. È come se il presidente siriano voglia ingraziarsi gli Usa sacrificando una città. Così facendo, Assad diventa una cerniera di sanguinaria pazzia tra Russia e Usa.
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Grande assente è l’Ue, come sempre impegnata a osservare, a non intervenire, a non prendere parte. La stessa Ue che non rompe con Erdogan, si limita a definirsi raccapricciata da quanto accade ad Aleppo. Lo stesso per l’Onu, la cui nullità internazionale è dimostrata proprio dalla debolezza espressa sulla guerra siriana. Dunque non c’è via d’uscita dall’inferno di Aleppo. Ancora sangue innocente scorrerà tra le macerie di una città distrutta.
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