L’incredibile storia de “La clavicola di San Francesco” di Daniele Nadir
La clavicola di San Francesco di Daniele Nadir edito da 21lettere è avventura, utopia, viaggio di formazione e tanto altro. Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto un ordine c’è ed è quello dei Frati Minori, fondato da San Francesco ed è l’ordine al quale appartiene un giovane frate scomparso durante il terremoto di Assisi del ’97.
«Non mi è ancora chiaro se in questa storia lui sia il protagonista o solo un comprimario, poco importa. A bordo lo chiamano frate Elia, anche se il suo vero nome è Sebastiano. È come col Papa: quando diventi frate cambi nome agli occhi di Dio.»
A narrare questa storia è Fabio, vecchio amico di infanzia di Sebastiano, dai tempi della «base»,ossia il Collegio di Santa Maria Maggiore a Roma. E poi c’è Giulia, sorella dello scomparso, ex suora e appassionata di Frida Kahlo. E Marco, ricercatore alla Cattolica. E il Duca, «baricentro aspro e candido» del gruppo mentre gli altri, da ragazzini, a turno «diventavano i leader della prossima avventura». E ultimo ma non meno importante, Pongo,«un bastardino con la coda riccia» e protagonista quanto gli umani di questa lunga storia.
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Un ordine c’è anche nel racconto dell’io narrante il quale, raccolti tutti i ricordi, si presenta così al lettore:
«Mi chiamo Fabio, ho trentanove anni. Mi piacerebbe mettere agli atti che sono un investigatore o un archeologo, un giornalista d’assalto, ma al più posso vantare un’infanzia intensa e un amico celebre.»
Fabio inizia il suo racconto proprio da lì, da quell’infanzia intensa e lontana, dal momento in cui lui e tutti gli altri non erano che semplici bambini pieni di vita, sempre pronti a mettersi nei guai e a lottare per giuste cause. Bambini assetati d’avventura.
Fabio continua il suo racconto narrando gli anni dell’adolescenza, della prima età adulta, gli anni in cui è necessario cercare il proprio posto nel mondo. Il romanzo di formazione però pian piano lascia il passo a qualcos’altro.
È qui che la storia che dàil titolo al romanzo, quella della clavicola del santo, trasporta il lettore in un enigma alla Dan Brown. Come la ricerca del Sacro Graal dello scrittore americano, cosìl’indagine per trovare la clavicola diventa una sorta di rebus in cui l’oggetto stesso della ricerca non si sa più che forma abbia. Reliquia o altro? Il romanzo acquista i toni del thriller. La sensazione è di sentirsi braccati e in fuga proprio come Sebastiano prima e come Fabio e Giulia poi. Inseguiti dal temibile Monsignore.
L’ordine del racconto di Fabio prevede due piani. Le indagini che portano alle varie scoperte e che avvicinano sempre di più i nostri protagonisti alla verità si alternano con il tempo trascorso sull’Isola. Il riferimento alla serie tv Losta un certo punto giunge spontaneo ed è lo stesso autore a giocarci su: «magari è come in Lost, che l’isola c’è ma non la trovi». E, quest’isola, una volta trovata fa sì che al lettore si apra un mondo in cui tutto è possibile. Bestie che vivono in armonia le une con le altre; stanze che racchiudono al loro interno foreste, fiumi, ruscelli, cascate; tetti che si aprono e chiudono lasciando letteralmente che entri “il cielo in una stanza”. Ma anche interrogativi tragici: cos’è successo agli abitanti umani dell’Isola? Nel villaggio in cui si approda c’è qualcosa di sinistro, post-apocalittico, che ha a che fare con l’uomo, la bestia più feroce che c’è. E tanto di sinistro vi è anche nella storia di coloro che per primi giunsero in quel posto e nella fine terribile che li attese.
La clavicola di San Francesco è un romanzo che rifugge da una classificazione prefissata. Esso muta, con il mutare degli eventi. Mettere ordine tra gli ambiti e i generi coinvolti non è semplice. L’ecologismo e l’animalismo rivestono un ruolo di primo piano come anche l’avventura e il sogno. Dall’indagine storica misteriosa, si passa poi a un giallo d’azione per infine esplorare gli ambienti del fantasy.
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L’autore non è nuovo ai romanzi dalla struttura complessa e neanche al genere fantascientifico, né tanto meno all’eterna divisione tra bene e male in cui ambientare storie di angeli e demoni. Daniele Nadir nel 2005 scrive Lo stagno di fuoco, un romanzo fantastico ambientato tra Terra e Inferno nel giorno dell’Apocalisse. Anche ne La clavicola di San Francesco, come ne Lo stagno di fuoco, l’autore esplora, con la sua sensibilità animalista, la lingua degli animali e gioca con il romanzo storico.
Il nuovo romanzo di Daniele Nadir è un’avventura che scompiglia l’ordine precostituito e in fondo «la domanda non è come Pongo possa ridere, ma come noi abbaiare».
Per la terza foto, la fonte è qui.
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