“L'incanto delle piccole cose” – Incontro con Ilaria Palmosi
Abbiamo incontrato Ilaria Palmosi, autrice de L'incanto delle piccole cose, durante la presentazione del suo libro edito da DeAgostini, a Milano.
Il libro racconta di Doralice, una giovane donna che si ritrova a dover fare i conti con un lavoro di tata, un impiego come “badante”, una passione per la filosofia e un amore inaspettato che le piomberà addosso.
Insieme alla scrittrice e ad altri blogger, abbiamo sviscerato sia la storia narrata, sia l'iter editoriale molto particolare.
Come mai il nome Doralice? E quello di Trovadì (città di ambientazione del libro)?
Il nome di Doralice viene da quello della protagonista di Alice nel paese delle meraviglie, questo perché mi piaceva ricordarne l'atmosfera ma non potevo essere così esplicita. Il nome Trovadì mi ricorda invece la provincia, e a me è sempre piaciuto quel tipo di realtà e di ambiente. Anche il nome del personaggio di Gilda: è quello di una mia zia molto indipendente e ho trasferito nel personaggio questa caratteristica.
In quale dei suoi personaggi si rispecchia di più, Doralice o Gilda?
Direi un mix fra le due. Io sono molto attratta dai due estremi della vita, i bambini e gli anziani. Direi che in Doralice ho messo il mio rapporto con i bambini e in Gilda il mio lato brontolone e cinico, ma sempre positivo.
La parte che le piace di più del suo libro?
Le lettere di Gilda che intervallano i capitoli penso siano una delle parte migliori e importanti. Diciamo che la parte che più mi diverte è quella che riguarda il maggiolone giallo, mentre la parte più difficile da scrivere riguarda i sentimenti per la morte della madre del piccolo Beo, il bambino di cui Doralice si prende cura. Volevo dare l'idea del distacco senza sembrare pesante. Questa parte è nata dalla riflessione che ho avuto dopo il secondo parto, quando ho avuto problemi di salute e in automaticoho pensato alla perdita di ciò che avevo e su come sarebbe stata la vita di quelli che avevo vicino senza di me.
La relazione uomo-donna o madre-figlio è descritta da lei in maniera negativa. È questa la sua visione?
No, la mia visione non è negativa. Ci vado con i piedi di piombo, piuttosto. Io vengo da una famiglia principalmente formata da donne.
Solo adesso, sposata e con due figli maschi, sto cominciando a capire le enormi differenze tra uomini e donne, soprattutto nel vedere i miei bambini crescere. Penso che l'amore sia una grande matassa da sbrogliare. Un eterno tira e molla tra le parti.
Qual è il suo metodo di scrittura?
Mi ritaglio un po' di tempo nella mia vita quotidiana. Durante la fase di editing e ri-editing il lavoro deve essere metodico e programmato. Per quanto riguarda invece la prima stesura de L'incanto delle piccole cose è avvenuto dopo il mio ultimo figlio. Le mie notti insonni venivano usate per scrivere.
Come è stato scoperto il libro da DeAgostini?
La prima versione del libro è stata pubblicata in formato ebook su Amazon su consiglio della mia agente e ha ricevuto riscontri positivi e buoni commenti. DeAgostini lo ha notato e mi ha fatto una proposta. Ovviamente c'è stato un lavoro di editing del testo che ha portato anche al cambio della quarta di copertina, non perché sia cambiata la storia, ma perché è cambiato lo sguardo sulla storia. Sono stati tolti e aggiustati dei pezzi. L'editor mi faceva molte domande sul background e sul “non scritto” in modo da avere una solida base su cui muoversi.
Come ha affrontato le modifiche della storia?
Quando si lavora tanto fianco a fianco scatta qualcosa, una scintilla, che fa sì che ci si comprenda a vicenda. Non ci sono stati problemi sulla rivisitazione di grandi parti della storia. I problemi arrivavano sulla scelta di alcune parole (risata). Ma io puntavo i piedi e infatti ne abbiamo cambiate solo alcune.
Ci sarà un seguito o un focus su alcuni personaggi?
Non lo so. Non me lo sono ancora chiesta anche se alcuni personaggi, come la sorella di Doralice, sarebbero interessanti da sviluppare.
Come si mischia il tsuo lavoro di professoressa delle scuole medie con quello della scrittura? Ci sono parti della sua vita all'interno della storia?
I miei alunni prima o poi vengono a scoprire che ho scritto un libro e sono molto curiosi. Per quanto riguarda la mia vita, tutte le citazioni di Beo sono del mio secondo figlio. Un aneddoto divertente riguarda proprio lui. Infatti era veramente convinto di essere fidanzato con “la Gioia”, una signorina che aveva visto sulla copertina di un giornale. Tutti alimentavano questa fantasia in famiglia. Quando ci sentivamo per telefono io e la mia agente, spesso fingevo di essere a telefono con “la Gioia” e gli passavo la cornetta per vedere le sue reazioni (risata).
Adesso si è innamorato di una sua compagna di scuola, anche se secondo lui dice troppe parolacce (risata).
E quando suo figlio leggerà questo libro? Che reazioni potrà avere?
Spero che lo faccia sorridere.
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Dopo la sua esperienza, cosa ne pensa del self-publishing e della cosiddetta editoria “normale”? Ha subito dei pregiudizi quando ha fatto il salto fra le due realtà?
Il self è una bellissima vetrina. Con un editor si ha una visione più completa, correttiva, professionale. Se fai da te, devi pronta a essere correttore di bozze, impaginatore, editor, etc... Le critiche maggiori, quando ho pubblicato su Amazon, erano sui refusi o sull'impaginazione.
A questo punto interviene anche l’agente: «Abbiamo fatto la scelta di Amazon anche perché è una forma molto democratica in cui chiunque può recensire o lasciare un giudizio. Se poi il libro ha successo può essere notato dagli editori con più facilità. Certo, il mercato italiano è diverso da quello americano o inglese, dove ci sono stati episodi di autori self-publisher che rifiutano le proposta editoriali per non perdere le royalty sugli ebook o non viene presa in considerazione la pubblicazione cartacea per il già alto numero di vendite in digitale, che renderebbe vana la ripubblicazione in cartaceo».
Il titolo è stato cambiato tra la versione digitale e quella cartacea. Perché?
Semplicemente perché, una settimana dopo l'uscita del mio libro, ne uscì un altro, di un autore francese che aveva un titolo molto simile. Abbiamo optato per cambiarlo.
Come hai conosciuto la sua agente? Ha tentato altre strade per pubblicare i tuoi libri?
Invio manoscritti da quando ho 16 anni e non ho mai avuto proposte. Mi è capitato di trovare per caso il numero di cellulare di una agente letteraria e ho tentato il colpo. L'ho chiamata e ho inviato il mio manoscritto. Il giorno dopo è stata la stessa agente a richiamarmi. Dopo vari passaggi ho conosciuto quella attuale.
Che cosa ha scoperto scrivendo il libro?
Che sono più ottimista e fiduciosa che pessimista e uggiosa.
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