L’importanza della nostalgia
Molte persone si saranno interrogate più volte sull’importanza e sul ruolo della nostalgia e, quindi, della memoria, dalla quale la prima scaturisce; entrambe sono dei tasselli fondamentali dell’esistenza umana: esse caratterizzano i singoli, li guidano nelle scelte che sono costretti a fare e ne determinano il futuro.
Nel suo saggio La nostalgia ferita (Einaudi, Torino 2018, pp.67-69), lo psichiatra Borgna esalta questa facoltà mentale sottolineando come, parafrasando le sue parole, non ci sia vita che non venga attraversata dalla nostalgia e questa, alimentata dai ricordi, può portare a sentieri luminosi ma talora oscuri. Sviluppando le asserzioni dello psichiatra si può sostenere come le vite personali di ciascun uomo siano segnate in maniera indelebile dai ricordi e, perciò, anche dalla nostalgia del passato, emozione che può essere provata a tutte le età. Un’esaltazione di questa è da riscontrare nella genialità degli artisti che, seguendo quanto affermato dai romantici, sono coloro che hanno la capacità di andare oltre la realtà, di vedere ciò che agli altri appare invisibile e di portare all’apoteosi, attraverso la prosa, la poesia, l’arte e la musica, i vari sentimenti da loro provati.
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Andando ad analizzare uno dei maggiori esponenti della prosa francese di inizio Novecento, Marcel Proust, e la sua monumentale opera Alla ricerca del tempo perduto, è possibile comprendere quanto la “memoria emozionale”, la “memoria vissuta”, come viene definita da Borgna, giochi un ruolo centrale nel comprendere se stessi, il proprio sviluppo e il confronto tra l’attuale, effimero e inerziale, e il passato, che assume, agli occhi di Marcel, un che di etereo, sublime, rinchiuso nell’antro della sua mente ma che deborda da quel confinamento forzato dopo aver assaggiato un dolce che gli ricorda, come descrive in La strada di Swann, la sua amata Combray. Da questo momento in poi, il protagonista è travolto dai ricordi, dalla nostalgia dei gironi spensierati in attesa del bacio della buona notte della mamma, della mestizia dei momenti in cui non vedeva arrivare la figlia di Swann e, così, nel sopore derivato da questi effluvi emozionali, si comprende l’importanza della memoria sinestetica e lafunzione centrale della nostalgia nella vita dell’uomo: il risvegliare ricordi sopiti che permettono di gustare l’antico con un senso di indifferenza signorile, con un sorriso di ingenua lontananza e con la sicurezza di vagliare momenti che hanno segnato la vita senza lo stesso coinvolgimento emotivo di un tempo. Proust ha fatto ciò che il professor Borgna descrive nel suo saggio: ha conosciuto le sconfinate aree dell’interiorità e delle emozioni che fanno parte della nostalgia grazie a una profonda analisi di sé.
In generale, comunque, si può affermare che, anche se implicitamente, la storia della letteratura rappresenta, in varie sfaccettature, l’essenza della nostalgia: tutte le autobiografie trasudano di quest’emozione così come molte novelle oromanzi divenuti assi portanti della letteratura. Dal punto di vista autobiografico si pensi, per esempio, alla Vita di Vittorio Alfieri in cui egli ricorda che, un giorno, la vista di particolari stivali gli permise di tornare indietro nel tempo, a quando era fanciullo e uno zio, avente quelle particolari calzature, gli regalava dei confetti; Alfieri, in questo caso, descrive, con nostalgia, i momenti di gioia passati con quel parente dagli stivali strambi che ancora in quel momento viveva in lui, senza che lo sapesse.
Allo stesso modo, quest’analisi introspettiva è riscontrabile chiaramente nelle Confessioni di un oppiomane di Thomas De Quincey, autobiografia nella quale egli rammenta, dopo aver descritto come aveva contratto la dipendenza dalla droga, i dolorosi giorni in cui cercava di disintossicarsi, le convulsioni dovute all’astinenza, l’incapacità di continuare nella redazione di articoli e saggi per via di una spossatezza estrema. In questo caso, si può sostenere che la nostalgia sia “negativa”, porti al ricordo di momenti mesti, all’ombra di sé, snaturato della propria essenza e incapace di reagire; ma, dopo essere riuscito nel suo intento, il ricordo di tali stati di sconforto ha permesso a De Quincey, secondo la sua narrazione, di superare gli impulsi della droga, dimostrando, quindi, quanto la nostalgia “negativa” abbia un’influenza pari, se non superiore, a quella “positiva”, andando a determinare le scelte di vita successive.
Dal punto di vista del romanzo, un’autrice che ben ha espresso gli stati d’animo derivanti dalla nostalgia è, sicuramente, Elsa Morante, soprattutto attraverso le parole di Arturo, protagonista di uno dei suoi libri principali, L’isola di Arturo. Morante narra la vicenda di questo ragazzo procidano che cresce senza una vera figura genitoriale, in quanto la madre è morta partorendolo e il padre Wilhelm è intento solo a viaggiare e a godersi la vita, e in solitudine, poiché egli, come Wilhelm, disprezza i procidani. Il piccolo si trova molte volte in uno stato di nostalgia profondo nel rievocare i lunghi periodi d’attesa che arrivasse il padre al molo oppure quando sente la mancanza di Silvestro, suo balio fino ai primi anni di vita, con il quale aveva instaurato uno splendido rapporto. Ciò che è importante sottolineare è la capacità della scrittrice di vagliare gli antri più profondi della mente e della memoria di Arturo Gerace riuscendo a far sì che il lettore riesca a immedesimarsi a pieno nella figura del procidano, comprendendone le difficoltà di vita, le gioie sull’isola, il desiderio di libertà ma, soprattutto, la nostalgia della mancanza del padre, per il quale egli “stravedeva” come dice Wilhelm a Tonino Stella. È questa la chiave di lettura del rapporto padre-figlio che emerge dalla narrazione: un rapporto mancante di comunicazione e presenza che lede all’interiorità di Arturo, costretto a cullarsi nella nostalgia di rivedere il padre. Allo stesso tempo, però, ciò gli permette di crescere, maturare e giungere alla conclusione che, per essere veramente libero, è necessario che si allontani dal suo territorio e viva come un vero adulto, rendendolo tale alla precoce età di sedici anni. Ancora una volta, quindi, si può notare il ruolo di questo tassello fondamentale dell’esistenza umana: in questo caso ha forgiato e temprato il piccolo Gerace guidandolo alla maturazione personale.
Un’altra opera che mostra l’importanza della nostalgia e, quindi, della memoria è il saggio L’ordine del tempo di Carlo Rovelli. Nell’ultimo capitolo, l’autore compie un’acuta riflessione sul senso della vita e, in particolar modo, sulla paura di morire. Rovelli afferma che crede che questo timore sia un “errore dell’evoluzione”, nato a causa della razionalità umana; esso, secondo le sue parole, non dovrebbe esistere in quanto la morte non è altro che un “meritato riposo”. Sviluppando le parole del professore, si può sostenere come l’uomo, giunto alla vecchiaia, abbia paura di morire per la nostalgia dei tempi passati: nella memoria vive ancora da fanciullo, rivive i primi amori, le difficoltà superate, i successi e gli insuccessi guardandoli con bonarietà, con la consapevolezza e l’amarezza che non ritorneranno più. È questo, forse, il motivo principale che porta l’essere umano ad avere timore della morte e, come si può notare, è strettamente legato alla nostalgia e alla memoria che permettono di vivere una seconda vita, anche se mentale e migliore della prima, in quanto tangente alla perfezione.
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In conclusione è evidente come la nostalgia e, in conseguenza, anche la memoria risultino essere fondamentali per l’esistenza umana: permettono all’uomo di maturare, di comprendere con chiarezza determinate scelte passate, di ricordare tempi felici e tristi e, infine, di vivere una vita in più poiché, per l’essere umano, una sola non è sufficiente.
Per le foto, copyright in ordine di inserimento: Dana Cristea, Soragrit Wongsa, Gil Alves e Louis Hansel su Unsplash.
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