L’immortalità promessa a una bambina. “Una vita senza fine” di Frédéric Beigbeder
È uscito recentemente per i tipi di Bompiani il nuovo romanzo dello scrittore francese Frédéric Beigbeder, Una vita senza fine (per la traduzione, davvero molto ben fatta, dobbiamo ringraziare Silvia Ballestra).
Il libro dice di sé: «Un romanzo dissacrante e allo stesso tempo un impietoso ritratto di una generazione e un minuzioso reportage sulle ricerche che indagano i processi di invecchiamento», motivo per cui mi appresto alla lettura piena non solo di curiosità ma anche di entusiasmo per questo inaspettato mix di scienza e humor, per una volta apparentemente slegato dalle cupe distopie sulla fine dell’umanità che tanto vanno di moda negli ultimi tempi. La trama è piuttosto semplice, lo si capisce fin dalla sinossi: un cinquantenne di nome Frédéric (ecco che fa cucù l’autore! – molto avanti nel libro per fortuna), presentatore di uno show televisivo davvero particolare che fa milioni di ascolti a settimana, reduce da due matrimoni (e divorzi) e ora di nuovo novello sposo, padre di due figlie avute con due donne diverse, si rende improvvisamente conto di non voler morire. L’idea (non tanto originale, ammettiamolo) gli viene per puro caso nella più banale delle situazioni familiari: si trova infatti in cucina quando Romy, la figlia più grande (dieci anni), gli chiede con la semplicità tipica dei bambini se tutti muoiono; il padre non ce la fa a dire la crudele verità, come qualsiasi genitore vorrebbe poter proteggere la figlia da questa consapevolezza il più a lungo possibile, così gli viene spontaneo dire che sì, prima si moriva, come succedeva da millenni anche ad animali e piante, ma da qual momento in poi non sarebbe morto più nessuno. E si sa, una promessa poi va mantenuta.
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Parte quindi da qui la ricerca della pietra filosofale, dell’elisir di lunga vita che da secoli agognano tutti i peggiori cattivi, però (per fortuna del lettore c’è un però) questa volta non si tratta tanto di fare affidamento su strane magie, fedi irrazionali o la conoscenza approfondita della propria anima, quanto di indagare i progressi della scienza sullo studio del corpo per capire se è possibile (forse meglio dire, tra quanto) prolungare la nostra permanenza sul pianeta Terra. Frédéric parte con la figlia per incontrare i più grandi luminari in materia di genetica, biochimica, eccetera e farsi spiegare da ciascuno le relative scoperte, e (nota al merito per l’autore) le diverse ricerche vengono riportate nei dettagli al protagonista e per osmosi anche al lettore, che quindi si addentra nella scienza vera senza eccessive distorsioni romanzesche o inverosimili distopie. Si tratta, insomma, di una sorta di romanzo di formazione post (o forse in piena) crisi di mezza età in cui il protagonista dovrebbe maturare una maggiore consapevolezza del proprio corpo e della propria finitudine così da poterne avere cura, ma qui abbiamo «un romanzo dissacrante» e quindi niente buonismi o apologie di uno stile di vita healty, tutt’altro…
Accennavo all’inizio a uno show televisivo molto particolare di cui non voglio fornire ulteriori dettagli per non rovinarvi la sorpresa (a mio parere, la migliore di tutto il libro), sappiate però che il nostro caro cinquantenne star del piccolo schermo non gode esattamente della fama di bravo ragazzo quanto piuttosto di Caronte che traghetta le anime verso l’inferno della perdizione. Non è difficile quindi immaginare che andrà alla ricerca di una pietra filosofale scientifica sì ma immediata, a poco varranno i consigli per uno stile di vita sano (e noioso, cit.). Da non dimenticare, poi, che la compagna fedele in questo viaggio intorno alla scienza è la figlia di dieci anni, che per la maggior parte del tempo non farà che annoiarsi, trascinata in giro per il modo passando di clinica in clinica per fare quattro chiacchiere sull’immortalità.
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Vi dicevo nei paragrafi iniziali di quanto fossi curiosa ed entusiasta all’idea di accostarmi al romanzo di Beigbeder, ecco, devo ammettere che per le prime cinquanta pagine l’impressione non è stata proprio delle migliori, poi è andata via via migliorando senza però avere mai l’impennata definitiva. È notevole, secondo me, l’idea di base e va riconosciuto all’autore un altrettanto notevole lavoro di ricerca e di successiva rielaborazione delle diverse scoperte scientifiche, che sono rese in modo chiaro (per quanto possibile) e accessibile. Inoltre l’intreccio che ha creato per unire la vita del protagonista alla scienza rende la lettura piacevole, posso assicurarvi che saranno davvero rari i momenti di noia; però (ahimè c’è un però) non sono riuscita ad apprezzare fino in fondo Una vita senza fine. Sarà che non ho ancora raggiunto i trenta e ho davvero molto poco in comune con il protagonista e la generazione che rappresenta, o che in fondo, a me, dell’immortalità, non importa più di tanto.
Per la prima foto, copyright: Andre Benz su Unsplash.
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