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L’eredità e la lezione di “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury

L’eredità e la lezione di “Fahrenheit 451” di Ray BradburyIn un certo senso invidio Ray Bradbury e Fahrenheit 451. Con l’autore mi compiaccio per le sue abitudini di scrittura, il libro invece risulta allettante per il fatto di essere la conseguenza naturale di quelle abitudini. Non aveva certo problemi di ispirazione, Ray: quel blocco interiore che chi scrive, sia egli navigato o alle prime armi, prima o poi deve affrontare come un serial killer che irrompe sulla scena emergendo dai boschi neri della scrittura, non ha mai pensato di assalire lo scrittore americano. Sin da giovanissima età l’ispirazione non è mai stata un suo problema e, insieme con l’ardente passione per la penna, buttava giù idee che si evolvevano in storie, una via l’altra.

Quella narrata tra le righe di quest’opera la cui prima edizione è datata 1953 (in Italia arriverà tre anni più tardi), si affida a una tecnica di ispirazione che oserei definire un capovolgimento della realtà. Anche nei corsi di scrittura che ho frequentato mi affascinava discorrere del metodo “What if”: cosa sarebbe successo se Hitler avesse vinto la guerra? Cosa sarebbe accaduto se il cecchino che finì Kennedy a Detroit avesse sbagliato mira di qualche centimetro? E quanti altri bizzarri esempi potremmo fare. Bradbury ha invece pitturato un mondo al contrario ampliando di fatto un racconto (Il pompiere) precedentemente redatto per una rivista, e facendolo divenire Fahrenheit 451, la temperatura alla quale brucia la carta: cosa accadrebbe se i pompieri invece di spegnere il fuoco lo appiccassero?

 

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L’eredità e la lezione di “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury

In realtà si cela una spiegazione più ampia dietro a questa semplice quanto stuzzicante intuizione. Bradbury non specifica né in che anno ci troviamo, né in quale città, eppure c’è una sola cosa da impedire: che la gente possieda libri, che li sfogli, che ne annusi il profumo, che ne veda la forma sul comodino al proprio risveglio ogni mattina. Vietato, nella dimensione di Bradbury, possedere volumi e permetter loro di allargare le coscienze. Tutto ciò va represso. E il protagonista di questa storia, il pompiere Guy Montag, esegue gli ordini. I testi vanno bruciati, senza esclusione.

 

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E così la vicenda prende corpo, proprio come quando la fiamma di un incendio si fa di tanto in tanto più grande e famelica. L’entusiasmo di Montag, sposato a Mildred, donna abitudinaria e distaccata che tenterà il suicidio ingoiando barbiturici, all’inizio è palese: polverizzare quotidianamente libri «per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia».Poi le cose cambieranno. I libri nascosti nella grata di casa e sotto al cuscino del letto. Anche lui, grazie anche a una misteriosa ragazza che incontra ogniqualvolta gironzola per la città, di nome Clarisse, sarà capace di fare indietro tutta e riflettere sull’opportunità di ribellarsi a questo sistema repressivo. Ribellione, già. Manipolazione dei cervelli da parte del governo, importanza della cultura, salvaguardia del sapere come ossigeno per le generazioni a venire. Non sono forse temi attuali?

L’eredità e la lezione di “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury

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Quante volte si aggrediscono le piazze, o al giorno d’oggi molto di più i social network, dove è più semplice fare le rivoluzioni, gridando addosso a un sistema mediatico che altro non fa che comunicarci ciò che vuole per deviare i nostri pensieri, le nostre opinioni e infine il nostro modo di essere? Ecco in cosa è stato eccellente Bradbury: ha fatto da precursore a un mondo che ancora non c’era, e che a lui è balzato agli occhi in anticipo. Ho la fortuna di viaggiare spesso, sia per piccoli spostamenti sia per visitare città europee, e tento di fare caso sempre a una cosa: a quanti leggono un libro durante un tragitto in metropolitana o una traversata in aereo. Non sono in molti a soddisfare la mia curiosità, eppure oggi di individui che si perdono dentro a una storia su pagine di carta riponendo dentro a un cassetto qualsivoglia tecnologia, anche solo per una mezz’ora, ne esistono ancora e ciò mi conforta.

La lezione che ci dà Bradbury è sin troppo semplice e guai a non applicarla giorno dopo giorno. È errato immaginare una spietata esecuzione di libri come quella che ebbe luogo a Berlino il 10 maggio del 1933, quando furono addirittura studenti stessi a mettere al rogo una montagna di libri scomodi al Reich, in quel di Berlino. Passeggiando per Opernplatz, come feci pochi anni fa, si può notare a memoria eterna un pannello trasparente sul pavimento della piazza: se vi affacciate, osserverete un simbolico scaffale, ricavato sotto al livello del cemento e volutamente visibile.

 

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A imperitura memoria di quanto accaduto, e monito per le generazioni a venire che, un po’ come il pensiero che subentra nell’animo di Montag a un certo punto della vicenda, non ci sarebbe una civiltà e una evoluzione senza la lettura. Che tale risorsa non va ridotta in cenere e che forse anche quei libri che il Regime riteneva di dover sbriciolare, sono risorti dalle fiamme come l’Araba Fenice.

L’eredità e la lezione di “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury

Dunque, Clarisse, Mildred e il collega Beatty: colui che più di tutti spiega a Montag che servono «condensati di condensati». Ridurre le informazioni, bombardare l’umanità di «riassunti di riassunti». E colui che ne pagherà le conseguenze.

 

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I conti tornano. In particolar modo se rileggo quella riga che maggiormente mi ha colpito e che fa così: «Clicca e guarda, scorri qui, scorri là». Ora, mettetevi una mano nella tasca del cappotto o guardate sul comodino: troverete un oggetto, grande più o meno quanto una carta di identità. Non è forse con esso che ci gingilliamo di continuo e seguitiamo a cliccare e a far scorrere il dito sul suo schermo?

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Un libro che racchiude tutto Bradbury, la rappresentazione più vera del suo modo di gridare al vento la fondamentale importanza dei libri e il suo amore per tutto ciò che è narrazione. Le ore passate in università a tentare di dare una spinta alla suo “blocco dello scrittore” osservando una montagna di libri che mai lui avrebbe bruciato. Questa è l’eredità che ci ha lasciato Fahrenheit 451. Nel senso più vero e concreto della parola.

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