“L’egoismo è finito” di Antonio Galdo
Non lascia spazio ad interpretazioni il nuovo libro di Antonio Galdo, che fin dal titolo, L’egoismo è finito – La nuova civiltà dello stare insieme (Einaudi 2012), presenta in modo programmatico, quasi da “manifesto”, l’epocale cambio di paradigma che la civiltà mondiale sta attraversando negli anni della Grande Crisi, un nuovo modo di organizzazione sociale che è, insieme, ritorno al passato e innovazione. «Per alcuni decenni – scrive Galdo nell’Introduzione al saggio – abbiamo rimosso il desiderio vitale di stare insieme e abbiamo rinunciato a quella misteriosa energia sprigionata da una comunità quando prendono corpo i legami che saldano persone e cose, luoghi e identità, interessi e sentimenti. Tutto è ruotato attorno all’io». È questo il punto di partenza del viaggio: un egoismo che ha dimenticato in fretta quel noi nel quale sono nate e cresciute le nostre comunità; un’insormontabile distanza tra i membri di uno stesso quartiere, via, pianerottolo, e che pare incolmabile al pari del vuoto che divide le due palazzine della copertina, tanto vicine quanto inavvicinabili.
Eppure, si tratta di un morbo recente, attecchito nel dopoguerra del turbocapitalismo e dei consumi (divenuti) sfrenati, alimentato dalle sempre più facili possibilità di guadagno e di benessere offerte da un’economia in perenne crescita, avida e cieca. Non è così nei bambini, che secondo studi scientifici sarebbero naturalmente orientati alla condivisione e allo stare insieme, e non era così nella società tradizionalmente agricola e comunitaria della nostra penisola, in cui l’unione era il vero collante (e a volte l’unico welfare) di un popolo altruista per costituzione. Per questo Galdo passa in esame le tante manifestazioni di generosità incondizionata nelle quali gli italiani sanno distinguersi, in particolare all’indomani di catastrofi naturali come quella recente di Vernazza, nelle Cinque Terre. Ed è sempre per dimostrare che in Italia non mancano esempi di convivenza virtuosa e di condivisione sostenibile degli spazi comuni che l’autore cita i casi della mobilità tutta a pedali della città di Ferrara, del cohousing (“co-abitare”, abitare insieme) di Porta Palazzo a Torino, del fenomeno dilagante degli orti comunitari di Roma.
Tuttavia il saggio, che si articola in brevi paragrafi, ognuno riguardante un caso emblematico di altruismo, declinato in tutti modi possibili – dal cohousing al coworking (“co-lavorare”, lavorare insieme), dal baratto ai business angel (finanziatori/mecenati di nuove idee) –, ha uno sguardo aperto sulle nuove tendenze provenienti da tutto il mondo, che, grazie alla rete, rimbalzano rapidamente da un capo all’altro del pianeta. Ecco allora che trovano ampio spazio l’esempio di Vauban, quartiere tedesco autogestito dai suoi abitanti e autosufficiente dal punto di vista energetico; la mobilità delle strade di Zurigo, senza cartelli segnaletici; il caso dei grattaverdi di New York. Tutte esperienze, quelle raccontate da Galdo, che, nella maggior parte dei casi, coinvolgono persone con bisogni e necessità comuni, che nella dimensione collettiva ritrovano finalmente soddisfacimento e gratificazione. Per fare questo, è necessario saper cogliere il cambiamento, passare – ad ogni livello – dalla dimensione dell’io a quella del noi, riscoprendo le possibilità offerte dalla condivisione di conoscenze e saperi, dal gesto semplice del dono, dallo scambio di oggetti e magari di un po’ del proprio tempo.
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