L’editoria americana e le donne, una situazione controversa?
Il rapporto tra l’editoria americana e le donne appare senz’altro controverso, presentando non pochi elementi contraddittori. Se da un lato, infatti, il 78% delle persone che lavorano in editoria sono donne eterosessuali, come rivela uno studio commissionato da Lee & Low Books di Jason Low, dall’altro lato autrici e recensori di sesso femminile tardano a trovare spazi all’interno di varie riviste letterarie o nelle pagine di riviste generaliste dedicate alla letteratura. O almeno questa era la situazione fino a poco tempo fa perché, stando all’indagine condotta da Vida, sarebbe in corso un cambiamento positivo.
I dati di Vida
Secondo Vida, nell’ultimo anno scrittrici e recensori di sesso femminile hanno trovato maggiore spazio sulle pagine letterarie, dato in controtendenza rispetto a quello del 2015 che evidenziava una maggiore presenza maschile.
L’organizzazione americana ha monitorato gli articoli apparsi su alcune importanti pubblicazioni americane, tra cui il New York Review of Books, Times Literary Supplement e il New Yorker, negli ultimi sei anni.
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Questa la situazione relativa alla presenza di articoli scritti da donne o che parlano di scrittrici:
- Harper’s: 38% del totale con un incremento dell’11% rispetto allo scorso anno.
- Granta magazine: 49% degli articoli sono scritti da donne.
- New York Times Book Review: alle donne spetta il 45% degli articoli pubblicati.
- New Republic: il 45% degli articoli è scritto da donne, con un incremento del 28% rispetto all’anno precedente.
- Boston Review: il 46% dei contributi è firmato da donne.
L’analisi di Vida si estende, però, anche a riviste più piccole, 15 delle quali hanno pubblicato un certo numero di articoli scritti da donne, tra cui:
- A Public Space: 72%
- The Normal School: 69%
- Crab Orchard Review: 64%
Nove riviste, invece, oscillano tra il 40 e il 49%, mentre solo due riviste presentano meno del 40% di contributor donne.
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Alcune criticità
Nonostante i dati positivi appena riportati, Vida evidenzia alcune criticità che riguardano soprattutto le pubblicazioni con una maggiore distribuzione:
- New York Review of Books: autrici e recensori di sesso femminile rappresentano appena il 21% del totale.
- The Atlantic: 30% (il risultato più basso negli ultimi 3 anni).
Anche in Inghilterra, però, la situazione di due delle più importanti riviste non è affatto rosea:
- The Times Literary Supplement: 29%
- London Review of Books: 23%
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I primi commenti
La prima a rilasciare un commento non poteva che essere Jennifer Weiner, l’autrice che per lungo tempo ha evidenziato la scarsa presenza delle donne nelle pagine letterarie arrivando, nel 2010, ad attaccare il New York Times, definendolo addirittura “sessista”. La Weiner, infatti, si è detta «lieta di vedere il progresso» aggiungendo che «lettrici e scrittrici, alzando la loro voce in maniera persistente, hanno costretto gli editori a guardare con attenzione la situazione e a cercare di migliorarsi. Anche se c’è ancora molto lavoro da fare verso la piena inclusione, le cose iniziano a muoversi verso la giusta direzione».
Cauta è la posizione di Amy King, presidentessa di Vida: «Dopo sei anni di rilevazione, molte delle più importanti pubblicazioni sono ormai in allerta. Ciò non significa che sono suscettibili di prendere sul serio le disparità, ma che quelli che non lo sono sembrano essersi resi conto che non possono più esprimere pubblicamente questo sentimento, e anche questo è un piccolo passo».
Altri dati
Per la prima volta, quest’anno Vida ha prestato attenzione anche ad altri dati per giungere a definire anche un ritratto più specifico delle donne che trovano spazio nelle principali riviste letterarie:
- Razza e gruppo etnico di appartenenza;
- Identità sessuale;
- Eventuale presenza di disabilità.
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Dall’analisi, redatta sulla base di interviste realizzate a 700 donne che hanno pubblicato i loro contributi sulle pagine letterarie prese in esame, risulta che la maggioranza è rappresentata da donne bianche, eterosessuali e non disabili.
Un primo passo, dunque, quello dell’editoria americana verso una maggiore rappresentanza delle donne (sebbene il cammino per l’integrazione delle minoranze sembra ancora lungo). Sarebbe il caso di condurre una tale analisi anche in Italia, ricordando la polemica suscitata dal mancato inserimento di libri scritti da donne tra i migliori del 2015 scelti da «La Lettura» del «Corriere della Sera», anche solo per verificare qual è la nostra situazione rispetto all’editoria americana per quanto riguarda la presenza delle donne.
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