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L’autonomia della tartaruga: autobiografia di una femminista distratta di Laura Lepetit

L’autonomia della tartaruga: autobiografia di una femminista distratta di Laura LepetitIn un pomeriggio bollente in cui il monolito mattonellato del teatro Piccolo di Milano sembra un miraggio prodotto dalla mente di un seguace di Escher e le strade di Brera, deserte e dense di silenzio, sembrano pronte a una sfida da O.K. Corall, salgo le scale di un antico palazzo di Corso Garibaldi.

Fra parquet a spina di pesce e soffitti a cassettoni, la Fondazione Adolfo Pini ospita il circolo dei lettori fondato da Laura Lepri (storico editor del panorama milanese, docente di scrittura creativa e autrice di uno dei più interessanti testi sulla storia dell’editoria in Italia). Un luogo che è diventato, in pochi anni, un punto di riferimento per lettori che non si accontentano della “storia” narrata dallo scrittore, puntando a comprendere cosa c’è dietro. Un posto dove il dialogo fra lettori, editori e scrittori è continuo e dove qualche giorno fa si è svolto un incontro fra Laura Lepetit (fondatrice della casa editrice La Tartaruga), Liliana Rampello (critica letteraria), Rosaria Guacci (editor storico della casa editrice di Laura Lepetit), Silvana La Spina (scrittrice scoperta propria da La Tartaruga), Monica Randi (editor Feltrinelli, ora a sua volta editore con la sua Astoria) e naturalmente Laura Lepri.

Tutte donne per presentare il libro di Laura Lepetit, uscito con Nottetempo, Autobiografia di una femminista distratta, in cui l’editore de La Tartaruga mette insieme, a suo modo e a suo piacimento, più di quarant’anni di editoria italiana. Un gruppo di donne per festeggiare Laura Lepetit, che ha pubblicato testi scritti solo da donne, con l’aiuto di un team di donne e confrontandosi con un pubblico fatto quasi esclusivamente di lettrici.

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Nata dall’esperienza del femminismo militante, la casa editrice La Tartaruga, fondata nel 1975 da Laura Lepetit, è la prima a far tradurre in italiano autrici che segneranno indelebilmente il panorama letterario del Novecento e che ancora oggi influenzano generazioni di autori. «Inventare nuove parole e nuovi metodi», questo l’obiettivo delle autrici scelte da Laura Lepetit e, se guardiamo alle prime pubblicazioni di questa casa editrice, possiamo dire che l’obiettivo è stato raggiunto.

L’autonomia della tartaruga: autobiografia di una femminista distratta di Laura Lepetit

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Pensiamo ad alcuni titoli pubblicati da La Tartaruga: Le tre ghinee di Virginia Woolf, L’erba canta di Doris Lessing e Il bacio di un soldato di Nadine Gordimer. Ci troviamo al cospetto di scrittrici che hanno dimostrato il potere dell’analisi introspettiva, scavando nei personaggi «come un minatore nella sua personale miniera» fino a trovare tutto quello che il personaggio poteva nascondere, fino ad essere soddisfatte del loro lavoro di scavo.

 

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Durante l’incontro del circolo dei lettori, i racconti delle scelte editoriali de La Tartaruga si sono alternati alla lettura di estratti dei libri pubblicati dalla casa editrice negli anni ’70 e ’80 e all’immagine che di Laura Lepetit hanno le sue collaboratrici, le sue amiche e le donne che con lei si sono incontrate e scontrate. «Un’aristocratica del pensiero», «l’understatement e l’ironia fatte persona», «in grado di fiutare un desiderio e capire se chi lo stringeva a sé aveva anche le potenzialità per realizzarlo», «capace di mischiare scrittura, letteratura e vita, senza far percepire al suo interlocutore alcuna discontinuità», «dotata di un ego poderoso, per lei è tutto bianco o nero e alle sue scelte ha sempre tenuto fede, caparbia come la tartaruga che ha scelto come simbolo per la sua casa editrice».

L’autonomia della tartaruga: autobiografia di una femminista distratta di Laura Lepetit

Proiezioni di Laura Lepetit, non sappiamo se corrispondano alla verità, ma sospettiamo che vi si avvicinino molto e siamo sicuri che, come lettori, le dobbiamo molto.

 

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Laura Lepetit, in un’intervista a «La Repubblica»ha dichiarato: «Se c'è qualcosa che regge la mia vita sono pochi dettagli, le cose minime che mi sono accadute». Speriamo allora che di “cose minime2 sia piena anche la nostra vita.

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