L’arte della cucina ne “Il Cane” di Akiz
Il Cane è il primo romanzo di Akiz, sceneggiatore e regista nato in Germania. Il libro edito da Mondadori e tradotto da Silvia Albesano è una storia curiosa, in cui diverse culture si mescolano con aromi e sapori dentro e fuori dalla cucina di un ristorante. Per tutto il romanzo l’identità del protagonista resta sconosciuta, o meglio il lettore lo conosce come il Cane, ma non saprà mai quale è il suo vero nome. L’unica cosa certa è che quel giovane uomo strapazzato cucina in modo passionale, tanto che i suoi piatti riescono a conquistare chiunque.
Per il narratore (un amico) che racconta la storia, Cane è come un fratello, e da subito ci fa capire che attorno a lui c’è un costante alone di mistero:
“Lo chiamavamo il Cane. Il nome gliel’aveva dato Vaslav, credo. Non ho idea, ma penso sia stato Vaslav a cominciare. «Cane. Qui. Pulire.» Lo stile era questo. Comunque, non c’è voluto molto prima che il ragazzo rispondesse a quel nome e alzasse lo sguardo quando lo chiamavi così. Per tutti noi il Cane era un enigma. Una specie di sfinge. Una sfinge con gli occhi piccoli – capocchie di spillo, come se dietro le pupille si fosse accumulata una corrente velenosa, bluastra –, e lunghi capelli che bisticciavano sulla sua testa”.
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Di Cane nessuno sa nulla. Non si sa di preciso dove sia nato. Non si sa da dove arrivi. Non si sa se ha una famiglia e che fine abbia fatto. Ci sono solo tante voci che aleggiano attorno a Cane che raccontano, o forse spettegolano sarebbe meglio dire, sul suo conto. Per qualcuno Cane è parecchio giovane, una ventina di anni forse. Per qualcun altro ha vissuto la sua infanzia in Kosovo nascondendosi in una buca solo soletto e uscendo per cercare cibo, ma un cibo povero, basilare e necessario alla sopravvivenza. A quanto sembra, forse, il Cane è un orfano, arrivato dal niente direttamente nascosto nel pianale di un camion polacco.
A parte questo enigma perenne che c’è attorno alla vita di Cane, il giovanotto comincia a muovere i primi passi in cucina, in principio da Vaslav che lo tratta come uno sguattero. La voce narrante interna alla trama e Cane si muovono poi tra kebab e piatti della dieta mediterranea fino a quando si avvicinano a El Cìon, un ristorante di super lusso guidato da Valentino, grande chef dal carattere intrattabile.
Interessante è la capacità di Akiz di caratterizzare alcuni dei personaggi che emergono con maggiore forza dalla trama narrativa che ha un ritmo serrato, cinematografico che intriga e trascina nella storia pagina dopo pagina.
Il protagonista – Cane – c’è, è una presenza effettiva, forte, solo che lui con il suo fare squattrinato, con il suo essere perennemente in disordine, sembra essere perso nel suo mondo. Non a caso Cane appare sempre distratto e distante da chi gli parla o da quello che accade, in realtà il giovanotto maschera delle qualità eccellenti che si rivelano nel momento in cui “si arma” di padelle e cibi da preparare. Certo, a volte i modi di fare di Cane sono davvero animaleschi – ogni ingrediente o cibo da cucinare lo lecca prima di usarlo – tanto che anche l’amico narratore lo richiama all’ordine, ma Cane, imperterrito, prosegue per la sua strada e il suo cucinare diventa qualcosa che non solo delizia i palati, ma stravolge di piacere emotivo i cuori.
Accanto al protagonista c’è l’ambiguo Valentino, lo chef di El Cìon, ristorante pluristellato, che possiamo identificare un po’ con l’avversario del Cane. Valentino ha un passato oscuro e problematico, ma resta un grande professionista e punto di riferimento, che non esita ad avere improvvisi e violenti scatti d’ira, accompagnati da un modo di fare molto capriccioso.
Poi c’è Alisha, collega, amica di Cane e dipendente di Valentino. Una figura femminile che desta molto interesse in coloro che la incontrano, compresi il protagonista e il capo del El Cìon, ma solo uno di loro riuscirà ad avere la meglio e a realizzare quello che è il sogno di una vita dove amore, cucina, passione e semplicità si amalgameranno alla perfezione come gli ingredienti di una torta.
Certo è che in questo libro, Akiz fa percepire al lettore quello che i commensali non vedono. Ossia il dietro le quinte di una cucina che è un po’ la vera casadei protagonisti, dove i momenti di tranquillità tra pentole, fornelli, spezie, salse, comande e bollitori ci sono, ma hanno durata molto breve. Nel senso che le pause lasciano lo spazio alla frenesia, al ritmo, alla coordinazione di chi sta dietro ai fuochi, impegnato a preparare cibo. Un sentire emotivo che a volte rasenta il nervosismo, l’esasperazione e l’agitazione – e questo ve lo garantisco avendo lavorato per un periodo come aiuto cuoco – soprattutto quando chi cucina è consapevole che il cibo va sì preparato, ma sempre bene, e lo deve essere in modo ancora maggiore se in sala ci sono degli esperti o dei critici gastronomici (in questo caso Nido che ha fama mondiale) pronti a giudicare.
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Il personaggio principale del romanzo di Akiz ricorda un po’ Jean-Baptiste Grenouille de Il profumo di Süskind. Vero, quello aveva un olfatto sopraffino, mente Cane è un genio dell’arte culinaria, ma i due sono simili, perché tutti li desiderano ed entrambi arrivano non si sa bene da dove, come non si sa in modo definitivo cosa vogliano fare, o meglio, loro lo sanno bene, è chi legge a scoprirlo pagina dopo pagina.
Il Cane di Akiz è un libro travolgente e il primo attore della narrazione a volte è davvero grezzo nel suo modo di fare (troppo) ma, allo stesso tempo, in lui c’è qualcosa di enigmatico e quell’aura di costante mistero che lo ammanta rende magica e surreale la sua esistenza e lascia al lettore la curiosa voglia di gustare un piatto cucinato da Cane.
Per la prima foto, copyright: Jez Timms su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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