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L’arma dello stupro

No RapeEra forse dai tempi della guerra genocida nella ex Jugoslavia che lo stupro pianificato non entrava così prepotentemente nella cronaca quotidiana. Adesso, da qualche mese, è l’India a metterci del suo, o meglio quei maschi indiani che perseverano nella pratica dello stupro e dell’omicidio, a danno soprattutto di ragazzine e bambine.

Accade, in quest’epoca di globalizzazione, che il costume di far della donna oggetto, merce, trastullo e vittima si diffonda inesorabilmente oltre i confini della morale, dentro quelli più vasti della deboscia e del crimine. Accade che le donne indiane siano vittime ma che non stiano più zitte, tanto è vero che risorge proprio in queste ore il movimento No Rape, a sostegno di una maggiore severità contro quei maschi che si sono macchiati di crimini di tale efferatezza. Il movimento è vasto e vi partecipano anche dei maschi, ma in Occidente non ne parla quasi nessuno. E invece c’è e si batte per sanzionare pesantemente questi aguzzini e cercare un’inversione culturale, un ribaltamento dei ruoli sociali tra donne e uomini che spezzi l’arma dello stupro.

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Ora, è evidente che proprio in un continente in corsa, quello indiano, che vede le donne affacciarsi al desiderio di protagonismo professionale, civile, politico ed intellettuale, i maschi reagiscano per mantenere una rendita di potere. Ma una reazione così violenta è una maschera dietro la quale si cela la debolezza ormai mondiale del genere maschile, capace di adoperare la forza fisica come strumento di convivenza. Quel che accade in India non è così lontano da quanto avviene nelle famiglie italiane dove si consumano stupri, molestie, colluttazioni, dove padri e fratelli, patrigni e fratellastri operano allo stesso modo degli assassini indiani, sulla presunzione di poter fare delle donne quel che vogliono, secondo il loro piacimento.

Questa vicinanza immorale mi porta a considerare la globalizzazione dei costumi violenti come un tratto che unifica il genere maschile in una perversione di cui egli stesso rimarrà vittima, presto o tardi, e lascerà il suo cadavere sul campo come cibo per gli avvoltoi. Sarebbe meglio, allora, una moratoria internazionale contro lo stupro e la violenza contro le donne, perché di questo passo la guerra tra i generi degenera in un conflitto senza remissione.

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