L’anno che verrà
L’anno che verrà sarà migliore o peggiore del 2014? Se migliore, termineranno le guerre in corso? Sarà debellato l’Ebola? Saranno sfamati gli affamati e dissetati gli assetati? Sarà sconfitto l’Isis? E la disoccupazione? La povertà? La miseria? L’incultura e l’inciviltà?
Che anno sarà, se non sarà migliore? Sarà un altro anno di declino accelerato, di acuta depressione, di sconfitta della politica e di disfatta economica. I segnali, le letture macroeconomiche, ci indicano una strada senza uscita, un percorso in caduta libera, un avvitamento su noi stessi. Siamo oltre lo stallo, dentro la scivolata nel burrone, e non c’è appiglio che possa fermarci, al quale aggrapparci, salvo noi stessi: noi, individualmente presi.
L’anno che verrà potrà essere migliore, se sapremo rinunciare a un pezzo di quel che siamo stati, alla nostra presunzione italiota, alla nostra arroganza Made in Italy.
Il 2015 non sarà un grand’anno, ma rischia di essere un gran danno se al Paese non viene offerta una strategia, un piano, qualcosa che assomigli a una speranza vera, non millantata o artefatta. E questa offerta dobbiamo darcela noi, noi che siamo liberi di farlo, che viviamo nell’interesse generale, che crediamo ancora nella cultura come valore, che non cediamo alle lusinghe del vaniloquio e della violenza.
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C’è tutto un pezzo d’Italia e di mondo che sta provando a fare, a produrre, a lavorare, remando controcorrente, cercando di restare in piedi o perlomeno di non piegare la schiena. Questo pezzo è, siamo, la maggioranza silenziosa e operosa. Sta a noi far diventare il 2015 un anno col sorriso, un anno nuovo, un anno decisamente diverso da quello che se ne va. Un anno alternativo, o semplicemente meno povero di idee e di percorsi. Sta a noi cominciare a denunciare la violenza che accompagna la crisi economica, lo schiavismo, la criminalità, l’incertezza; e sta a noi definire una nuova via, un tracciato inesplorato, aprire un varco tra le nebbie della crisi perché la luce possa tornare a filtrare, per poi illuminare questo nuovo cammino.
Se lo faremo, l’anno che verrà sarà un’altra cosa, un’altra roba, magari migliore perché inconsueta.
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