L’algoritmo al posto dell’uomo: ora valuta anche i manoscritti
Può un algoritmo sostituirsi all’uomo fino a valutare la pubblicabilità dei manoscritti? Un editore francese deve essere proprio convinto di sì se è vero, come ha riportato la scorsa settimana il settimanale «Panorama», che sta mettendo a punto un programma per accelerare il vaglio dei manoscritti che arrivano quotidianamente. La Short Édition, questo il nome della casa editrice francese, in sostanza affiderà a un computer la valutazione dei testi, attraverso un programma che, a quanto assicurano gli sviluppatori, è in grado di individuare ripetizioni, errori grammaticali e ortografici, lunghezza media delle frasi, stabilendo quindi se un testo è valido oppure no.
Se da una parte viene da chiedersi quanto possa “capire” un software di qualità letteraria, pensando magari a come potrebbe reagire un pc di fronte ai manoscritti de Il partigiano Johnny, di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana o di Libera nos a malo, dall’altra è affascinante pensare a quanto siano avanzati i software nel giro di poche decine di anni se già ne esiste uno capace di sostituire le capacità di raziocinio e di discernimento dell’essere umano tanto che un editore gli affiderà uno dei compiti più importanti della sua impresa. Cose che fino a qualche tempo fa forse solo Asimov avrebbe potuto immaginare.
Eppure sono molti i casi in cui un algoritmo lavora per, e molto meglio, dell’uomo. Pensiamo a ciò che sta dietro a un motore di ricerca come Google, ad esempio. Senza Hummingbird ogni ricerca online, anche la più semplice, darebbe sicuramente risultati diversi (oggi tiene conto del luogo in cui si trova chi ha posto la domanda, della sua identità e della cronistoria delle query precedenti). L’obiettivo è quello di avvicinarsi sempre più alla ricerca vocale grazie a un riconoscimento semantico del linguaggio naturale sempre più preciso.
Un algoritmo (introdotto un anno fa, il 6 agosto 2013) gestisce anche ciò che vediamo ogni giorno su Facebook, decidendo cosa mettere in evidenza e cosa lasciare in secondo piano tra i milioni di post che vengono pubblicati. Per capire la potenza di questi strumenti di calcolo basti pensare al lavoro di Nate Silver, lo statistico americano che ha previsto con esito positivo e per due volte l’esito delle elezioni Usa (anche se meno fortuna ha avuto con i recenti Mondiali di calcio, dove comunque ha azzeccato 3 semifinaliste su 4).
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Ma cosa può fare un algoritmo del genere oltre che dare un piccolo aiuto a scommettitori e giocatori di borsa? Analizzando la massa enorme di dati presenti in rete, ad esempio, si possono prevedere epidemie, rivolte e crisi economiche. Lo ha dimostrato una ricerca della Boston University e della Warwick Business School, notando che dal volume delle ricerche di Google sugli argomenti economici si possono prevedere quali saranno poi i comportamenti sul mondo reale. Come ricorda «La Repubblica», nel riportare la notizia, anche qui arrivò prima di tutti Isaac Asimov, con la sua teoria della “psicostoria”.
Ancora dubbi? Sentite questa: qualche settimana fa la Apple ha battuto Amazon (due società che non si muovono certo a casaccio) nella corsa all’acquisto di BookLamp, una start-up in grado di consigliare letture agli utenti sulla base di un’analisi degli ultimi libri letti, analisi del testo e valutazioni dei lettori. Per l’acquisto Apple ha sborsato una cifra tra i 10 e 15 milioni di dollari. Amazon comunque si era già assicurata Goodreads, così come in Italia Mondadori ha rilevato il marchio Anobii. Dati, soltanto dati che, attraverso algoritmi sempre più complessi, possono portare a prevedere cosa può aver voglia di leggere oggi il signor Rossi, facendogli comparire un link su Facebook, un banner mentre controlla l’email, o un’offerta esclusiva a colpo sicuro. Così gli algoritmi continuano a essere utili, anzi indispensabili, tanto da sostituirsi all’uomo non solo per valutare un manoscritto, ma anche per consigliarlo poi, una volta edito, esattamente al lettore per il quale era stato scritto.
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