kLit: impressioni post evento - parte 3
Ieri ho parlato di fraintendimenti per kLit, oggi vorrei tentare di riflettere sul concetto di discrepanza. Le opinioni sul festival si rincorrono nella rete, come le voci nei bar d’un paese.
Vi elenco una serie di link (soltanto una parte, ce ne sono molti altri), se vorrete divertirvi a trovare le discrepanze: qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui. Come analizzare i dati se non provando a leggerli con una lente d’ingrandimento uno a uno in un processo di strutturazione e destrutturazione della sintesi, appuntando, nero su bianco, pro e contro evidenziati. Mi pare un onesto approccio per non farsi traviare dalla faziosità. Al contrario, ci racconteremo che kLit è stato un successo da tutti i punti di vista, perché nel marketing talvolta la merda può diventare una torta di fragole, ma, se seguite il nostro blog da tempo, già sapete che ci piace, magari anche abbassando la testa e le orecchie, dirci che cosa non va senza tanti giri di parole. Gli errori si fanno, si studiano e si cerca di rimediare.
Però, in kLit non è semplice gestire le discrepanze di opinione, perché a leggere alcuni post e articoli sembra davvero di navigare nelle sabbie mobili, rischiando di soffocare nel fango delle diverse posizioni. Nei due giorni del festival ho incontrato sorrisi ovunque, non ho incontrato fiumane di blogger, ma domanda: potevamo immaginare fiumane concentrate se le sette location erano appunto state pensate per non creare effetto imbuto? Non dimentichiamo che in un evento esiste l’elemento sicurezza dei cittadini, che non è una parolina eterea, bensì ordinanze comunali, rapporti con vigili del fuoco, polizia, vigili urbani, ecc. Di fronte a un evento nuovo, nel quale le cifre potevano giocare a favore o a sfavore con confini assai diafani, noi organizzatori abbiamo scelto la via prudente, a vantaggio dei cittadini, perché abbiamo ritenuto che la prudenza nella sicurezza fosse una voce fondamentale per decidere il format di kLit. Avremmo potuto asserragliarci tutti su Piazza Chilesotti, fare ruotare tutto lì, ma con quali rischi? E se vi fosse stata troppa gente, magari non facilmente gestibile nella sicurezza e nelle vie di fuga? Quando si organizza un evento – l’ho capito con grande serietà dalla nostra coordinatrice generale, Marta Dalle Carbonare, alla quale va dato il merito di avere utilizzato tutti i parametri di sicurezza possibili per non complicare la sicurezza dei cittadini – non c’è solo la gioia e la bellezza delle tavole rotonde e delle performance artistiche, esiste anche la solida e ferma intenzione di proteggere tutti i presenti da qualsiasi rischio: quale? Immaginate una scossa di terremoto, immaginate un incendio, immaginate un’azione terroristica, immaginate un’onda di panico, sorridete? Non ci sono sorrisi quando si tratta della sicurezza delle persone, perché va bene nel 99% dei casi, ma se il destino vuole che si cada nell’1% e ci scappino feriti o morti, noi organizzatori avremmo pagato con una denuncia e con un processo la superficialità. Ed è giusto che sia così, perché un evento va gestito con professionalità, anche nei rischi, per quanto remoti.
Le sette location erano troppe? Erano giuste senza previsioni certe dei numeri dei presenti, erano giuste per far circolare i flussi senza concentrazioni pericolose, erano giuste per disperdere le circa 8000 persone presenti che abbiamo avuto nei due giorni. A qualcuno la cittadina è sembrata vuota, io dico che quel qualcuno forse non ha considerato il lavoro che abbiamo fatto sulla sicurezza, perché sarebbe stato certamente bello avere nel Giornale di Vicenza il titolo “Folla di gente al festival dei blog letterari: Piazza Chilesotti invasa”, ma pensate soltanto per un attimo se ci fosse stato un concreto rischio di quanto ho scritto sopra, ecco i titoli: “Un morto al festival dei blog letterari: indagine in corso” o “La sicurezza di kLit ha fallito, il sindaco parla di superficialità da parte degli organizzatori”, perché bravissimi quando le cose vanno bene, ma se qualcosa va storto quanti si sarebbero smarcati e quanti titoli sui giornali ci avrebbero messo in croce?
No, non potevamo correre tale rischio e le sette location ci sono sembrate una soluzione sicura, anche se non garantiva l’impressione “fiumana” come in altre manifestazioni thienesi, che però hanno il vantaggio di avere una tradizione o almeno un evento precedente per fare stime di visite più precise di quanto noi potevamo fare per kLit.
Peccato che qualcuno, anche nei poteri alti di Thiene, non abbia apprezzato lo sforzo dell’organizzazione per proteggere quanto più possibile i cittadini presenti al festival, soprattutto in mancanza di previsioni certe, ma capisco che alcune menti illuminate godano nel vedere un quadro di Van Gogh dipinto sui contenitori dei rifiuti, dentro e dietro, bene non dimenticarlo, c’è l’immondizia non il genio creativo.
Presto parleremo degli obiettivi di kLit, di ciò che ha tentato di mettere in moto perché il mondo dell’editoria sta cambiando, perché non sarà più possedere i contenuti (case editrici e giornali), ma sarà veicolarli a target e in maniera originale, moltiplicando la partecipazione degli utenti (lettori).
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