José Saramago, poeta del tragico – Erotizzazione e spiritualità clandestina in “Caino” e “Il vangelo secondo Gesù Cristo”
In quest’ultima puntata della rubrica dedicata alla scoperta mensile di dodici premi Nobel per la letteratura, conosciuti e meno conosciuti (qui la puntata precedente), racconteremo di José Saramago, vincitore del premio nel 1998. In particolare, concentreremo la nostra analisi su alcuni dei temi centrali del controverso romanzo Caino edito nel 2009 – un anno prima della scomparsa dell’autore portoghese – e del romanzo Il vangelo secondo Gesù Cristo edito nel 1991.
Caino ha portato un valore letterario aggiunto che è importante per la comprensione della problematica della cosiddetta spiritualità clandestina di Saramago. Tale dinamismo spirituale, proprio del mondo allegorico saramaghiano, si manifesta come il risultato di denuncia delle ingiustizie del mondo, quasi sempre accompagnato da sentimenti insiti come preconcetti da parte dell’autore, che però non sono mai al centro dell’opera creativa, bensì assistono un sistema letterario poroso, permeabile a molteplici parti del lavoro linguistico, fomentando un entusiasmo estetico e figurativo del linguaggio. In questo senso, la produzione di Saramago è inequivocabilmente diretta alle necessità pratiche dei lettori, evidenziando al suo interno la spiritualità come intensa espressione della verità[1]; Samarago intende questa verità come rivelatrice di un doppio principio epistemico: quello della conoscenza della vita e quello della negazione di un’esistenza ridotta in catene. Il discorso saramaghiano rappresenta una valida e concreta alternativa ai discorsi della filosofia e della religione. Pertanto, l’ateismo dichiarato da Saramago in Caino (e in parte ne Il Vangelo secondo Gesù Cristo) non è in alcun modo ostacolo alla spiritualità dell’autore, bensì è a tutti gli effetti un problema teorico e critico della letteratura:
«il richiamo all’ateismo funziona come una sorta di occultamento tattico di un segreto autoriale che alcuni romanzi, letti sotto la spinta di un impulso particolare, sarebbero disposti a identificare e rivelare in termini di spiritualità clandestina»[2].
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Considerando questa premessa, la previsione de Il vangelo secondo Gesù Cristo è ribadita con ancor maggiore efficacia in Caino: Gesù e Caino sono espressioni della stessa unità epistemologica[3] e letteraria. La prima è rivelata dall’attività interrogativa dello spirito dello scrittore, tramite in cui tutti gli esseri umani sono percepiti nella loro realtà comune; la seconda trova spazio nella relazione artistica con le alte opere, soprattutto con quelle che compaiono nella memoria della cultura occidentale e che ci permettono di identificare il vincolo al tragico di Gesù e Caino.
Alla maniera dell’eroe tragico greco, il Gesù saramaghiano è un personaggio costante. Egli si mostra come un’entità stabile, che ha solo bisogno di se stesso per esistere; ignora il suo futuro, rimane immobile quando è dinanzi a situazioni estreme e appare sempre con una certa nobiltà umana.
Saramago, indifferente alla narrazione cristiana, rappresenta anche la morte di Gesù come quella di un eroe greco, definendolo esclusivamente per ciò che accade nella sua ragione di personaggio del romanzo; nella sequenza conclusiva della crocifissione Gesù si confronta con la terribile verità della sua condizione di vittima. Il Nobel portoghese pare suggerire nel momento dell’anagnorisis[4] di Gesù il tragico senso di colpa che pone Gesù stesso in una sorta di ingenua e/o involontaria collaborazione sul piano divino della sua morte; l’eroe greco saramaghiano si spegne in un sogno, perpetuandosi in una sorta di coscienza eterea che si intersecherà con tutti i sogni di tutti gli uomini[5].
Al contrario, il personaggio di Caino è ritenuto un eroe tragico cristiano. Invero, sin dalle prime pagine del romanzo, il rapporto lettore-personaggio è impostato su un processo continuo nei confronti di Caino e dei suoi errori. Tuttavia, in Caino non vi è alcun sentimento di pietà alla maniera greca; la hamartia[6] di Caino è vissuta dal personaggio come effetto di un errore di giudizio di Dio. Il Caino saramaghiano, pertanto, annulla i termini di responsabilità morale dell’eroe, ma soprattutto suggerisce i dispositivi cristiani di giudizio ed espiazione; la dimensione tragica di Caino dipende esclusivamente dalla volontà divina di patire il castigo vagabondando per il mondo, e non dalla colpevolezza per aver ucciso il fratello. Da ciò emerge la lettura critica secondo la quale Caino si rivela un personaggio il cui modello letterario cristiano gli trasmette una tale forza interiore capace di modellare un’enorme complessità psicologica che lo porta a essere costantemente coinvolto con altri individui e a dipendere da questi. Provando a sussumere, dunque, la dimensione tragica di Caino deriva dalla sua personalità e dall’immensa libertà di ciò che egli gode[7].
Inoltre, l’unità letteraria sopracitata tra Caino e Gesù è rafforzata da un accostamento del tutto curioso, ossia quello rappresentato dall’influenza che il fallico ed errante Gesù di D.H: Lawrence[8] stabilisce con l’errante e fallico Caino di Saramago. Il protagonista saramaghiano, infatti, è un uomo frustrato dal tragico interrogatorio della sua doppia condizione di assassino e fuorilegge, ma a cui è reso possibile viaggiare nel tempo e sentire il forte richiamo erotico nei confronti di una donna come Lilith[9].
Se da un lato la strada intrapresa da Saramago sembra quella di non voler separare la sessualità dal sacro[10], dall’altro trasforma la figura di Caino in un uomo che è allo stesso tempo sia agente della passione sia dell’esperienza erotica tra i due sessi, come un fornicatore quasi demenziale;
«il suo instancabile attaccamento erotico a Lilith rappresenta un’ubriachezza dell’unione sessuale che si eleva a un autentico comandamento dell’amore.»
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La conclusione di Caino è descrivibile come una sorta di cornice demenziale di frenesia sessuale sotto il patrocinio divino dove sesso, violenza e morte si sposano in una terribile rappresentazione di un mondo a venire che è uguale al mondo di sempre. Ebbene, in questa rete di sesso e morte l’effetto spirituale di Caino trova la conferma in un rancore quasi parossistico contro Dio
Riferimenti bibliografici
LAWRENCE D. H. (2018), L’uomo che era Morto, Lindau, Torino.
FRIAS MARTINS M. (2020), La spiritualità clandestina di José Saramago, Edizioni dell’Orso, Alessandria
SARAMAGO J. (2010), Il vangelo secondo Gesù Cristo, Feltrinelli, Milano.
ID (2010), Caino, Feltrinelli, Milano.
Per la prima foto, la fonte è qui.
Per la terza foto, la fonte è qui.
[1]Cfr. Frias Martins (2020, p. 4).
[2]Frias Martins (2020, p. 7).
[3]Cfr. Ibidem, p. 87.
[4]Il momento in cui avviene il riconoscimento dell’eroe tragico.
[5]Cfr. Frias Martins (2020, p. 91).
[6]O “errore tragico”.
[7]Cfr. Frias Martins (2020, pp. 93-4).
[8]Nel romanzo L’uomo che era Morto (Lindau, 2018).
[9]Secondo alcuni la moglie di Caino; secondi altri una donna imprecisata dalla forte natura sessuale; secondo la tradizione la prima donna di Adamo.
[10]Cfr. Frias Martins (2020, pp. 105).
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