JM Coetzee e Margaret Atwood contro i libri digitali di Google
Non è la prima volta che i libri digitali di Google sono al centro di una campagna legale, a causa della digitalizzazione di milioni testi ancora coperti da copyright. Adesso è l’America, con un gruppo di scrittori, a sfidare il gigante di Mountain View.
Cos’è successo?
Per comprendere a pieno la vicenda, dobbiamo tornare indietro al 2005, anno in cui Google ha iniziato a digitalizzare libri senza autorizzazione. Un gruppo di scrittori decise di muovere causa a Google, ma il giudice Denny Chin, nel 2013, si pronunciò a favore del gigante americano stabilendo che la scansione dei libri e i “frammenti” di testo messi a disposizione degli utenti costituiscono quello che, nella giurisprudenza americana, si definisce un fair use: «Dal mio punto di vista, i Google Books forniscono un significativo beneficio pubblico», così argomentava all’epoca il giudice Chin.
Il primo ricorso e la corte suprema
La Authors Guild (la più grande organizzazione professionale per gli scrittori professionisti in America) è ricorsa in appello contro la decisione del 2013. Nell’ottobre del 2015, però, la Corte d’Appello ha rigettato il ricorso, esprimendosi di nuovo a favore di Google. A questo punto, non resta altro che ricorrere alla corte suprema, con una formale richiesta di occuparsi del caso. E l’Authors Guild sta procedendo in questa direzione insieme a un gruppo di scrittori, editori e organizzazioni per il copyright, che condividono la sua petizione.
La campagna di JM Coetzee, Margaret Atwood e altri scrittori
Contestualmente alle azioni legali della Authors Guild, è partita una campagna di pressione da parte di alcuni scrittori sulla corte suprema americana.
Si tratta dei già citati JM Coetzee e Margaret Atwood, a cui si sono uniti (tra gli altri) Malcom Galdwell, Peter Carey, Thomas Keneally, Ursula K Le Guin, Tracy Chevalier, Yann Martel eRichard Flanagan. Tutti insieme stanno cercando di far sentire la loro voce e il loro peso in una delle più controverse azioni legali sul copyright. Perché è innegabile che alla base di questa campagna contro i libri digitali di Google ci sia proprio il rischio del mancato riconoscimento dei diritti d’autore.
«La protezione del copyright è iscritta nella costituzione per fornire un guadagno agli autori e incentivi affinché continuino a scrivere», così affermano gli scrittori nella loro petizione alla suprema corte, aggiungendo che la dottrina del “fair use” (che permette la citazione di estratti da opere coperte da copyright, purché siano rispettate alcune condizioni) non è stata pensata «per permettere a un ente for-profit di digitalizzare milioni di lavori e tagliare i costi di concessione dei diritti da parte degli autori per la loro riproduzione e distribuzione».
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Il progetto di Google (secondo gli scrittori)
Secondo Atwood & company, l’obiettivo di Google sarebbe di creare un motore di ricerca di opere digitali composto da più di 20 milioni di opere, di cui 4 ancora coperte da Copyright.
«Pagare per ottenere i permessi per la riproduzione di tali copie non è parte del modello di business di Google… Con la creazione di un progetto di ricerca impostato per spingere le persone a effettuare sempre nuove ricerche, come se si consultasse un dizionario, Google ha creato un mezzo per creare, a sua volta, nuove pagine web portatrici di pubblicità che finirebbero con l’arricchire i suoi introiti derivanti dalla pubblicità».
Il ruolo delle biblioteche
Secondo l’Authors Guild le biblioteche non avrebbero «nessun diritto di autorizzare la digitalizzazione delle copie fisiche delle opere presenti nelle loro collezioni e che sono ancora sotto copyright, ad eccezione dell’eventualità in cui ne possiedano i diritti». Allo stesso modo, Google non ha «il diritto di distribuire queste copie illegali alle biblioteche».
E gli editori?
Gli scrittori, però, non sono i soli ad aver aderito a questa campagna, che ha trovato anche l’approvazione di editori come Elsevier e Haschette, l’American Society of Journalists and Authors, la US Copyright Alliance e il Copyright Clearance Centre. Secondo Mary Rasenberger, direttrice esecutiva dell’Authors Guild, quest’ampio livello di adesione intorno all’azione intrapresa «dimostra che quest’argomento è critico per il futuro del “fair use” nell’ambito della legge che disciplina il diritto d’autore – se non per il futuro dell’editoria e degli autori stessi».
La decisione della corte suprema sarà, molto probabilmente, resa nota questa primavera e solo allora sapremo se Google, con i suoi libri digitali, è riuscita davvero a spuntarla definitivamente contro JM Coetzee, Margaret Atwood e i loro colleghi.
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