Intervista a Tiziana Agostini, docente di scrittura creativa
Proseguono gli incontri con scrittori che insegnano scrittura creativa. Questa settimana si torna al nord, precisamente nel Nordest, per incontrare Tiziana Agostini e, con lei, il Circolo culturale Walter Tobagi di Mestre, intitolato al giornalista e scrittore assassinato in un attacco terroristico nel 1980. Tiziana Agostini, che vive e lavora tra Venezia e Mestre, è attiva da tempo nel panorama sia culturale che politico (attualmente è tra gli assessori del Comune di Venezia). Dal 2005 al 2009 ha ricoperto la carica di Vicepresidente dell’Ateneo Veneto. L’ultimo suo libro è del 2012, intitolato Venezia. Antologia dei grandi scrittori, edito da Biblioteca dell’Immagine.
Vediamo dunque da dove è iniziato l’impegno di Tiziana Agostini con i corsi di scrittura creativa del Circolo culturale Tobagi.
Era il 1994. Eravamo un gruppo di amici che voleva fare qualcosa di interessante sul piano culturale in città. Dopo esserci occupati di formazione politica e di temi di attualità, con il circolo culturale Walter Tobagi (che avevamo fondato nel 1989) volevamo parlare anche di altro, e abbiamo pensato alla creative writing.
Come è stata accolta la vostra idea in città a Venezia?
Il primo anno abbiamo avuto 100 iscritti. È stata veramente una grande soddisfazione fin da subito, anche perché si sono iscritte persone anche di un certo spessore, e professionisti già affermati come, ad esempio, Mariangela Carone, che all’epoca era redattrice di Rai Tre.
Come si sono evoluti i vostri corsi negli anni?
Dopo le prime edizioni, organizzate con corsi tradizionali, con lezioni frontali, abbiamo cambiato la formula portandola a un carattere laboratoriale. Ora portiamo avanti corsi con 30 iscritti, non di più, con la possibilità di dare una valutazione degli scritti di ognuno di loro. Per motivi diversi ho dovuto staccarmi per qualche anno, ma da quando ho ricominciato ad occuparmene, nel 2006, ho ritrovato nei corsisti lo stesso entusiasmo delle edizioni precedenti.
Nel complesso, nel corso degli anni, abbiamo assestato il laboratorio facendo attenzione a inserire più esercizi per lo sviluppo della tecnica di scrittura, puntando molto sullo stile.
Ci siamo resi conti che questa grande diffusione di didattica della scrittura ha fatto sì che si sia creato un buon numero di persone in grado di raccontare una storia ben fatta, ma molti hanno l’esigenza di pensare allo stile.
Per quanto riguarda gli incontri con gli scrittori negli ultimi anni il nostro orizzonte si sta allargando. Con maggiore assiduità chiamiamo a partecipare alle nostre serate scrittori “da fuori” e affermati. Penso a Melania Mazzucco, Massimo Carlotto, Marcello Fois o Andrea Molesini, un altro autore che, peraltro, invitammo quando era un autore per ragazzi, e che ora sta conoscendo un discreto successo.
Solitamente quali sono gli obiettivi di chi si iscrive a uno dei suoi corsi?
Ormai si arriva al Tobagi immaginandolo come un’esperienza di formazione significativa. Il Tobagi offre un impegno della durata di un anno accademico circa. Durante i corsi, poi, c’è un continuo scambio di informazioni, anche tra vecchi e nuovi iscritti.
Chi si iscrive vuole coltivare un’idea più alta di se stesso, con un’esperienza non banale. Gli allievi hanno sempre una forte motivazione soprattutto in un investimento utile a livello personale.
Poi c’è da considerare anche che la partecipazione a uno dei nostri corsi, il cui valore è ormai riconosciuto anche al di fuori dei confini cittadini, per qualcuno significa prestigio, insomma, dà quasi uno status sociale.
Qual è l’identikit degli iscritti ai suoi corsi?
Come detto è in gran parte gente che vuole fare un investimento che è, prima di tutto, perfezionamento di sé. Ricordo che due anni fa avevamo una signora esodata, mamma di due bambini, che si regalava due ore alla settimana tutte per sé. Ma ci sono anche tanti studenti di fine liceo, o ai primi anni di Università. Poi ci sono i più anziani, con tutta vita da raccontare. Solo alcuni di questi, giovani o anziani che siano, sono fortemente motivati a entrare nel mondo dell’editoria. Tra i 30 iscritti c’è sempre chi già scrive da prima e con la partecipazione a uno dei nostri laboratori vuol provare ad affrancarsi.
Quali sono state, e quali sono ora, le difficoltà maggiori che ha incontrato nel tenere un corso di scrittura creativa?
Fondamentalmente ho notato che chi si dà alle Lettere non ha quasi mai un uso funzionale della scrittura. In genere penso però che questo tipo di corsi si sia diffuso anche a causa di un’evidente mancanza da parte della scuola. Nel complesso tutti sanno scrivere più o meno bene, ma è una scrittura omogenea, spesso povera di elementi nuovi e di invenzioni stilistiche.
Ha avuto qualche bella soddisfazione, c'è qualche allievo o qualche opera che ricorda con particolare piacere?
Abbiamo un piccolo primato, riconosciutoci anche da Dario Voltolini, della scuola Holden di Torino: il primo romanzo uscito da una scuola di scrittura è stato scritto proprio da una nostra allieva, Regina Cimino, autrice di Quella terra è la mia terra. Istria: memoria di un esodo, pubblicato nel 1998. Ma quel che a mio parere è più bello è che l’attuale generazione di scrittori del Nordest è legata a noi del Tobagi. Abbiamo invitato Tiziano Scarpa quando ancora doveva pubblicare il suo primo libro, Vitaliano Trevisan è venuto da noi quando era poco più che un esordiente.
In generale la soddisfazione più grossa è avere a che fare con questa zona franca di pensiero e di vita. Negli anni abbiamo avuto a che fare con almeno 400 persone, incontrate e formate ad uno dei nostri laboratori, e con molte di queste siamo rimasti in contatto. Per chi ama il mestiere dell’intellettuale militante penso sia questa la soddisfazione migliore.
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Avete qualche iniziativa in programma in occasione dei 20 anni dall’inizio dei vostri corsi di scrittura creativa?
Proseguiremo con il rinnovamento dello staff del Circolo Tobagi con l’inserimento di altre persone, ma soprattutto continueremo la nostra collaborazione con lo spazio dell’Hotel Bologna, ormai diventato un vero e proprio punto di riferimento a Mestre e non solo, tanto che alcuni già lo chiamano “la casa degli scrittori”. Per omaggiare i 100 anni dell’hotel Bologna abbiamo pubblicato in un volume tutte le opere di un nostro laboratorio.
Continua a interessarci l’idea di affiancare al laboratorio anche altre esperienze, come quella degli incontri con l’autore al ristorante dell’Amelia, o altre che stiamo progettando, dalle esperienze estive (Estate dei popoli) alle partecipazioni agli eventi estivi proposti da Mestre. Certo, poi dobbiamo fare anche i conti con le nostre energie.
Il vostro rapporto con le case editrici?
Direi che è molto buono. Già da un po’ di anni a questa parte invitiamo costantemente editor del calibro di Laura Lepri e Giulio Mozzi, sempre attivo con attività pionieriestiche nel campo editoriale. Abbiamo ospitato spesso Cesare De Michelis, ma soprattutto abbiamo molti contatti con i piccoli editori, locali e non, che segnaliamo come punti riferimento per chi ha intenzione di pubblicare. Le tre antologie pubblicate dal Tobagi, ad esempio, sono tutte edite da nuovadimensione, di Portogruaro. Ma ricordo anche Biblioteca dell’Immagine, con la quale ha pubblicato con buon riscontro Gianni Cameri, uno dei nostri corsisti.
Tornando a parlare di corsi di scrittura creativa, lei non pensa che oggi questa definizione sia un po’ abusata? Insomma, non c'è il rischio che si vada ad alimentare solo un aspetto narcisistico di chi ha il classico romanzo nel cassetto e spera di poterlo pubblicare?
Siamo dell’idea che riflettere sulla parola fa sempre bene. Certo, dipende anche dall’onestà di chi propone il corso far capire che questi si rivolgono a chi vuole fare un’esperienza di uso della scrittura in modo consapevole, indipendentemente dal fatto che arriverà, poi, a pubblicare.
Ci sono degli autori o delle opere che vi capita più spesso di altri di portare come esempio?
Ci interessano gli scrittori in quanto tali, quelli che pensano a quello che fanno e al valore di ciò che scrivono. Tra i contemporanei Massimo Carlotto, da questo punto di vista, ritengo sia un esempio, per quanto sviluppi un piano, quello del noir, che mi è distante. Eppure le sue storie estreme nascono da sentimenti di rifiuto e di tensione. Da un impegno sociale. Ecco, si sente quanto uno scrittore ha pensato. Provo a spiegarmi meglio con un altro esempio: Giovanni Verga. Lui, che pur era un borbonico reazionario, è riuscito a dar voce a una denuncia delle condizioni di vita del Mezzogiorno che non poteva essere più forte.
Qual è il rapporto tra scrittura creativa e scrittura poetica? Si può pensare di insegnare anche a scrivere poesia in un corso di scrittura?
Noi abbiamo proposto dei laboratori di poesia, ospitando i maggiori poeti italiani contemporanei. Ma la poesia è diversa, si ferma sulla parola e sul suo valore. Con la poesia cambia l’uso della parola, e la scrittura è più intensa. La poesia è una sorta di folgorazione, un’intuizione personale che poi viene messa a posto dal lavoro. Non penso si possa insegnare tutto ciò, se non insegnare a riconoscere la poesia.
Diverso il discorso con la narrazione, che nasce da un lungo lavoro di lavoro alla scrivania in un continuo esercizio di scorrevolezza. Semmai, ecco, si può insegnare a non cadere nel lirismo, che è diverso dalla vera poesia. Perché quando si cade nel lirismo la narrazione ne risente.
Quali sono i prossimi progetti del Tobagi in tema di scrittura creativa?
Il nostro prossimo corso parte a novembre e sarà strutturato sulla falsariga dei precedenti. Attualmente stiamo facendo una sorta di ricognizione tra i vari premi letterari, vogliamo provare ad individuare ciò che manca alla narrativa di oggi affrontandone i testi che la rappresentano; un attività che condivideremo con i futuri iscritti.
Ci può dare qualche anticipazione?
Diciamo che in questo periodo si nota una caduta sia a livello di stile che per quanto riguarda il lessico. A mio parere ciò èdovuto a editor che fanno troppo il mestiere di editor. Ormai vediamo pochi lavori con testo “sporco”, mentre una buona creazione deve avere invece qualcosa di non finito. Per la scrittura vale lo stesso discorso che si può fare per le sculture di Michelangelo, i cui migliori lavori sono proprio quelli che presentano delle… chiamiamole “imperfezioni”.
Siamo convinti che quello della scrittura sia un lavoro duro, che costa fatica per arrivare ad un opera che conquisti veramente il lettore. Ma questo è il punto d’arrivo, perché in fin dei conti qual è l’obiettivo della letteratura se non quello di far bruciare l’arrosto?
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