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Intervista a Piergiorgio Pulixi, uno degli autori “noir” italiani più in voga del momento

Intervista a Piergiorgio Pulixi, uno degli autori “noir” italiani più in voga del momentoÈ sicuramente uno degli autori italiani del momento, una voce nuova nel nostro panorama letterario, salito alla ribalta con il suo ultimo lavoro, Lo stupore della notte (Rizzoli, 2018). Il suo ultimo noir è piaciuto molto al grande pubblico che lo ha apprezzato particolarmente sia per la trama avvincente, con i suoi personaggi ben delineati, sia per l’idea di base. I suoi lavori saranno anche letti da pubblico straniero. Stiamo parlando di Piergiorgio Pulixi. Abbiamo avuto modo di sentire il giovane autore (nato a Cagliari nel 1982) in un’intervista in cui si sono toccati a tutto tondo svariati argomenti. Pulixi si è espresso con dovizia di particolari su varie tematiche relative al suo ultimo romanzo, su se stesso e su sui futuri progetti, regalando anticipazioni ai nostri lettori.

 

Sebbene non abbia vinto il premio Scerbanenco come miglior romanzo noir, Lo stupore della notta è stato comunque il più votato sul sito Noir fest da parte dei lettori. È una consacrazione questa?

È stato un grande onore avere l’appoggio del pubblico con tale favore da vincere il Premio dei Lettori. Un onore e al tempo stesso una grande responsabilità, perché questo significa cercare di non deludere chi ha avuto la bontà di votare Lo stupore della notte. L’unico vero modo che ho per ringraziare e “sdebitarmi” con i lettori è quello di scrivere un nuovo romanzo che possano amare ancora di più. E forse, a pensarci bene, è proprio questo il vero valore di un premio letterario: sentirsi ribollire della voglia di tornare a scrivere con la consapevolezza di doversi a tutti i costi superare, per dimostrare il proprio affetto verso i lettori. È un qualcosa che ti tiene vivo. Una sfida ulteriore. Non la ritengo una consacrazione, perché nella scrittura non puoi mai dire di essere arrivato e tantomeno adagiarti sugli allori: significherebbe la fine per un autore. Un romanziere deve avere fame e rimanere concentrato su un unico obiettivo: la storia che sta scrivendo. La più idonea forma mentis con cui affrontare un nuovo lavoro è quella di dimenticarsi del tutto i successi, piccoli e grandi, e ripartire da zero come se fosse il tuo primo romanzo e avessi tutto da dimostrare, o come se fosse l’ultimo e volessi lasciare una traccia di te.

 

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Lo stupore della notte può essere visto come un romanzo noir in cui la linea di demarcazione con il giornalismo di inchiesta è molto sottile. Ha utilizzato molto la metodologia della “contaminazione” in questo senso? È una sua tecnica particolare?

Lo stupore della notte è in qualche modo figlio della mia esperienza autoriale e della mia educazione letteraria nella scuola di Massimo Carlotto. Ho sempre cercato di scrivere romanzi che avessero una commistione piuttosto evidente tra fiction e realtà; in parte perché ritengo che – qui in Italia perlomeno – agli autori di noir questo sia richiesto dai lettori: uno sguardo molto lucido, a tratti un’analisi quasi sociologica, sulla realtà che ci circonda; in secondo luogo, perché a mio avviso il noir racconta gli effetti di un crimine – privato o collettivo – su un microcosmo che può elevarsi a paradigma universale a tutte le latitudini, proprio per essere resi edotti sulla natura criminale o criminogena di una data società o di una parte di essa; i migliori romanzi di genere si concentrano più sulle reazioni dei personaggi che sull’azione criminale in sé; è questo che i lettori amano leggere e vedere: gli anticorpi, se ci sono, di una società sotto attacco, o diversamente, la ribellione personale di una donna o un uomo che cercano di fronteggiare il male e il crimine senza per questo discendere agli inferi”.

 

I temi che Lo stupore della notte tocca sono molto attuali (terrorismo, sicurezza). Che difficoltà ha avuto nella stesura del romanzo?

L’unica difficoltà in cui ti puoi imbattere in un romanzo del genere è quella di evitare di essere risucchiato nel gorgo voluttuoso della documentazione e della voglia di essere il più preciso possibile. È un grande rischio, ti assicuro, perché l’eccesso di documentazione o una descrizione troppo particolareggiata dei temi, delle questioni più tecniche, può ammazzare il ritmo di un romanzo. Trovare il giusto equilibrio tra storia, personaggi, introspezione e documentazione, non è sempre facile. Non esiste una ricetta perfetta come per un cocktail, e soprattutto ogni romanzo contempla il proprio equilibrio. L’unico elemento che può venirti incontro è l’esperienza: ciò che mi ha fatto brigare di più è stato proprio vigilare costantemente affinché la documentazione non sconfinasse nei territori della fiction.

Intervista a Piergiorgio Pulixi, uno degli autori “noir” italiani più in voga del momento

Risalta una protagonista femminile, il commissario Rosa Lopez, in questo difficile contesto. Come è nata questa figura nel processo di ideazione della trama? Che messaggio ha voluto trasmettere con il suo operato?

Semplicemente che il mondo sta cambiando. Che le donne – sebbene ancora con difficoltà – stanno riuscendo a imporsi e raggiungere delle posizioni di vertice anche in ambienti professionali che sono stati fino a poco tempo fa puro appannaggio degli uomini; al tempo stesso, attraverso Rosa, ho voluto fare una riflessione su quanto ancora sia difficile per una donna decidere di perseguire la propria carriera; è un qualcosa che richiede molti sacrifici, e se dovessimo traslare la stessa situazione su un uomo, a lui probabilmente tutti quei sacrifici non sarebbero richiesti per un vecchio retaggio che lo vede in una posizione sociale predominante. Si dice sempre che dietro un grande uomo ci sia una grande donna; in questo caso ho voluto rovesciare la domanda: chi c’è quindi dietro una grande donna? Solitamente c’è un’altra grande donna; nel caso di Rosa Lopez, invece, c’è tanto sacrificio e una sconfinata solitudine. Il personaggio nasce quindi da queste valutazioni e dalla volontà di raccontare una realtà così dura da un punto prospettico femminile.

 

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Come mai la scelta dell’ambientazione a Milano? C’è una motivazione precisa?

Milano “è” la storia, “è” Lo stupore della notte. Il romanzo non avrebbe potuto essere ambientato altrove, perché questa splendida città, con tutti i suoi simboli di progresso e di proiezione verso un futuro di benessere, è la metropoli più nel mirino di chi vorrebbe farci del male. Distruggendo il simbolo di un Paese tu vai a polverizzare l’identità di una società intera. Milano è un simbolo molto forte a livello identitario in questo romanzo. Questo, paradossalmente, la rende molto appetibile per chi quell’identità la vuole smantellare.

 

Ci può essere un seguito al romanzo?

Potrebbe esserci un seguito, ma il destino dei personaggi è sempre in mano al pubblico: solo il loro favore ed entusiasmo può permettere il ritorno di un personaggio seriale.

 

Ci sono possibilità che diventi una fiction tv o che sia trasposto al cinema?

Non saprei. Noto con piacere che è iniziata da qualche anno una rivoluzione qualitativa delle serie tv italiane, e questo è estremamente positivo, ma temo che l’industria cinematografica o televisiva italiana non sia ancora pronta per una storia di questo genere.

Intervista a Piergiorgio Pulixi, uno degli autori “noir” italiani più in voga del momento

Prima di questo romanzo, aveva scritto altri libri (per esempio: La scelta del buio, Il Canto degli innocenti…). Ritiene che Lo stupore della notte abbia sancito definitivamente la sua maturazione come scrittore?

Penso di no, senza piaggeria. Questo perché ritengo che la maturazione di un autore non avvenga attraverso i libri che ha scritto, ma tramite quelli che ha letto. E per raggiungere quel grado di maturità, la mole di letture dev’essere spropositata ed estremamente variegata.

 

Ci racconta come imposta il processo per la creazione di un romanzo? Segue degli schemi prefissati? Fa’ largo uso di “ricerche”?

È un processo abbastanza lungo, macchinoso e tecnico, e non vorrei annoiare i lettori con questi tecnicismi. Per brevità posso dire che non inizio mai a scrivere finché non ho contezza cristallina della natura drammaturgica dell’intera opera: deve scorrere nella mia mente come se fosse un film, di modo che possa giudicare sin da subito la robustezza della trama, la profondità dei personaggi, così da potermi concentrare maggiormente, in fase di scrittura pura, sul respiro letterario del romanzo e sulla voce narrativa più idonea per quel tipo di storia. Le ricerche sono sempre propedeutiche alla fase creativa.

 

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Ha altre pubblicazioni in programma? Altri progetti editoriali magari sperimentando altri generi? Ci può dare delle anticipazioni?

Il prossimo romanzo uscirà questo giugno nella collana Nero Rizzoli. Sarà un romanzo di rottura rispetto ai lavori precedenti. Una nuova sfida. Ci saranno il noir e il thriller fusi insieme, ma ci saranno anche – per la prima volta per quanto mi riguarda – suggestioni del primo Stephen King o del Nesbo del periodo di L’uomo di neve e Nemesi, o se vuole avere delle suggestioni cinematografiche, echi e risonanze della prima stagione di True Detective. Il tutto ambientato in una Sardegna ancestrale, avvolta dal mistero di antichi rituali, credenze millenarie e una serie di omicidi irrisolti che irrompono nel presente col loro carico di oscure memorie. Ci sarà anche una sorpresa in questo romanzo, ma è ancora presto per parlarne.


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