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Intervista a Federico Giannini, ideatore di Finestre sull’Arte

Finestre sull'ArteVorrei cominciare con una presentazione del vostro progetto Finestre sull'Arte: può raccontarci come è nata l'idea?

L'idea è nata quando io e Ilaria Baratta, che con me è la co-fondatrice del progetto, ci siamo accorti che mancava, sul web italiano, un progetto di divulgazione storico-artistica serio, rigoroso e completo. Era il 2009 e un paio d'anni prima, all'università, avevo seguito un corso che faceva utilizzo dei podcast come strumento didattico: da qui l'idea di proporre per uso divulgativo il podcast, ovvero una sorta di trasmissione sullo stile di quelle radiofoniche, con la differenza che invece di essere diffusa per radio è diffusa sul web, con tutti i vantaggi che ne conseguono: nessun obbligo di orari prestabiliti, possibilità di scaricare le puntate, possibilità di stoppare la registrazione e di riascoltare, e via dicendo. Abbiamo quindi iniziato a produrre podcast sui grandi artisti della storia dell'arte italiana (ci occupiamo di un periodo che va dal Duecento al Romanticismo, più o meno), e l'iniziativa ha avuto successo. Da lì poi è nato tutto il resto: il blog, le rubriche, la pagina Facebook e tutti gli altri strumenti che utilizziamo per portare la storia dell'arte al pubblico, ovvero uno degli obiettivi principali del nostro sito web.

 

Curate sette rubriche: La nota, Musei d'Italia, Poesiarte, Cineart, Plus!, Antiquitates e Percorsi contemporanei. Differenti approcci per diffondere la conoscenza dell'arte e non solo. Cosa possono trovare gli utenti visitando il vostro sito?

Di tutto! Oltre ai podcast, dal 2012 abbiamo un blog che utilizziamo per fare divulgazione sui temi che non riusciamo a trattare nelle puntate, principalmente per mancanza di tempo, ma anche e soprattutto per rendere consapevoli i nostri ascoltatori/lettori sui problemi che affliggono il patrimonio culturale italiano. Da qualche tempo inoltre utilizziamo il blog anche per “portare in viaggio” i lettori: visto che per vedere le opere e raccontarle ci capita molto spesso di viaggiare, abbiamo deciso da qualche settimana di raccontare ai lettori i nostri viaggi, attraverso particolarità che abbiamo incontrato, opere d'arte significative, esperienze e così via, e per ogni post mettiamo fotografie scattate da noi sul posto, proprio per far vedere al lettore che si tratta di un'esperienza vera, senza filtri, e di cui il lettore si può fidare. Stessa cosa vale per Musei d'Italia, dove Ilaria racconta in ogni puntata un museo diverso, dove siamo stati... e anche qui mettiamo le foto che solitamente il sottoscritto scatta a Ilaria dentro e fuori dai musei. Le altre rubriche sono state tutte chiuse quest'anno, perché erano tenute da collaboratori, e quest'anno, per dare un'impronta più personale al sito, abbiamo deciso di portarlo avanti da soli io e Ilaria: comunque gli articoli delle rubriche sono sempre consultabili. Ci sono poi spazi pensati per un pubblico molto ampio, per esempio L'opera del giorno dove quotidianamente (o quasi... cerchiamo di riuscirci) proponiamo ai lettori un'opera diversa, analizzandone la storia, l'iconografia e lo stile, il tutto linkato sulla nostra pagina Facebook. E poi insomma ci sono tanti altri strumenti che vale la pena provare. Noi mettiamo il massimo impegno per portare avanti questa opera di divulgazione perché il concetto che ci guida è questo: l'arte è e deve essere di tutti. E noi cerchiamo proprio di fare in modo che arrivi a tutti, nel modo più chiaro possibile.

 

Quali sono le caratteristiche che rendono Finestre sull'Arte differente rispetto agli altri siti/blog che parlano di arte?

Intanto credo che i nostri punti di forza maggiori siano la qualità del nostro lavoro, anche perché cerchiamo sempre di vedere dal vivo il maggior numero di opere di cui parliamo (e quando facciamo riferimento a musei e viaggi parliamo esclusivamente di luoghi che abbiamo visitato in prima persona), e la serietà: quando prepariamo un podcast facciamo sempre riferimento alla bibliografia di settore più aggiornata, perché ritengo che il compito della divulgazione sia proprio quello di fare da “intermediario” tra gli studiosi e il grande pubblico, che spesso non dispone degli strumenti per accedere agli studi degli specialisti. Ci sono però anche altri siti che fanno un lavoro di qualità notevole e serio, quindi per rispondere alla domanda posso dire che quello che ci differenzia da tutti gli altri è la nostra capacità di parlare linguaggi diversi a seconda del pubblico a cui ci rivolgiamo. Abbiamo contenuti per un pubblico che è completamente digiuno di storia dell'arte, ne abbiamo altri per un pubblico che ha conoscenze più approfondite, utilizziamo un linguaggio specifico per chi invece si focalizza sulla parte del sito dedicata ai viaggi, ne utilizziamo un altro ancora sui social, e spesso ci confrontiamo anche con gli specialisti, anzi diversi nostri amici sono proprio studiosi della storia dell'arte. E questo ci consente di essere trasversali e di raggiungere un pubblico vasto. E poi, un'altra caratteristica, se penso ai podcast, è la completezza: sul nostro sito web si possono trovare podcast su quasi tutti gli artisti più importanti dal Duecento all'Ottocento. Da qui a due anni abbiamo il progetto di coprire, con un podcast per ognuno, tutti gli artisti più grandi, quelli che hanno segnato epoche e tendenze. Credo che, almeno in Italia, un'opera così sistematica non esista ancora, almeno sul web: al momento sul nostro sito l'utente può trovare oltre cento puntate da circa mezz'ora l'una. Peraltro fruibili in maniera del tutto gratuita. Penso che sia un dato importante e che contribuisce a fare davvero la differenza.

 

Si parla molto di crisi occupazionale per i laureati in Storia dell'arte e in discipline affini. Tuttavia in questi ultimi giorni il MiBACT ha emanato un decreto per aiutare i giovani: 150 tirocini da circa mille euro al mese attivati per “salvare” Pompei, L'Aquila, Reggia di Caserta, zone terremotate e archivi. Cosa pensate di questi sistemi per salvare il nostro patrimonio? Sono sufficienti?

No, crediamo che non siano affatto sufficienti. C'è bisogno di lavoro, e seriamente retribuito: lo dice la Costituzione che il lavoratore ha diritto a una retribuzione che possa garantirgli di condurre un'esistenza libera e dignitosa. E questi nuovi tirocini a mille euro al mese, peraltro lordi, sanno quasi di presa in giro: si cerca personale superqualificato, dotato di elevatissime competenze professionali, e lo si “premia” con un tirocinio di sei mesi a mille euro lordi. Ora non conosco bene i termini del bando, ma questi nuovi tirocini ricordano tanto il progetto dei “500 giovani per la cultura” che era stato lanciato sotto il governo precedente. Ormai il tirocinio è diventato uno strumento per creare precariato. Io invece sono convinto che il tirocinio sia un momento di formazione, dovrebbe essere svolto quando un giovane deve ancora completare il proprio percorso formativo. Altrimenti diventa un modo per mascherare il lavoro precario. Io non riesco a vedere questi tirocini come un aiuto ai giovani. I giovani dovrebbero essere aiutati con progetti di lungo termine, con assunzioni e con la creazione di posti di lavoro adeguati alle loro competenze. E che non ci siano abbastanza risorse per promuovere progetti di questo tipo, credo proprio che non sia vero: basti pensare a quante risorse ci portano via, ogni anno, la corruzione, gli sprechi e l'evasione. Il MiBACT dovrebbe quindi creare vero lavoro, non lavoro mascherato da tirocinio.

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Federico Giannini, Finestre sull’ArteLe statistiche affermano che in Italia il numero di visitatori di istituzioni museali è sempre in diminuzione. Secondo lei per quale motivo gli italiani dicono di amare l'arte, ma poi non visitano e spesso non conoscono il loro patrimonio culturale?

Credo che esistano ancora diversi pregiudizi nei confronti dei musei, che tengono lontano il pubblico. Basti pensare che quando si pensa a una cosa vecchia e superata, si dice che è “un pezzo da museo”. E questo perché molti musei non hanno saputo rinnovarsi e innovare, nonché proporre al loro pubblico motivi validi per visitarli. Tanti musei poi non sanno parlare al pubblico delle proprie città, ci sono musei che sono visitati più da turisti stranieri che da abitanti del luogo. E non credo che la colpa di tutto questo sia da cercare nel pubblico, anzi: è verissimo che ci sono tante persone che amano l'arte e vorrebbero avvicinarsi all'arte. Poi entrano nei musei per vedere le mostre e trovano pannelli con termini tecnici che non vengono spiegati, oppure leggono presentazioni scritte con un linguaggio ottocentesco, leggono aggettivi come “icastico”, “consentaneo”, “diacronico” eccetera, che sono termini molto belli ma che non si possono usare ovunque. Molte iniziative, pur potendo potenzialmente rivolgersi a un pubblico ampio, vengono di fatto realizzate senza pensare che il pubblico spesso è composto in gran parte da persone che potrebbero trovare ostico un certo tipo di linguaggio, un modo di procedere, o potrebbero non comprendere alcuni temi, ma solo perché tanti elementi, negli apparati didascalici, vengono dati per scontati. Insomma: in Italia, nell'ambito della storia dell'arte, manca il senso della divulgazione, e spesso mostre e musei parlano o agli specialisti, o a chi comunque ha già delle basi ben solide. Provate a chiedere a una persona qualsiasi, fermata per strada, di descrivere un ipotetico storico dell'arte. Vi descriverà un bizzarro personaggio, abbigliato con papillon e giacca di tweed, che parla in modo ampolloso e altisonante. E avrebbe ragione. Io però credo che il tempo degli storici dell'arte ampollosi in papillon e giacca di tweed debba finire, e che sia necessario pensare al fatto che esiste un pubblico enorme che vorrebbe avvicinarsi all'arte, ma non viene messo in condizioni di farlo. Noi di Finestre sull'Arte, nel nostro piccolo, ci proviamo. Il punto è: dobbiamo trovare modi per avvicinare il pubblico all'arte. Essere quindi più amichevoli, più disponibili, più comprensibili e più chiari. E in questo il web aiuta: dobbiamo usare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione. È però anche vero che i nostri musei vivono in una cronica mancanza di risorse, e per portare avanti operazioni rivolte a un pubblico vasto c'è bisogno anche di risorse economiche: e qui dovrebbe essere la politica a cambiare tendenza e a dimostrare che la cultura è fondamentale... ma non solo a parole, delle chiacchiere ci siamo tutti stancati.

 

Qual è stata l'ultima mostra che ha visitato? Quale invece quella che l'ha colpita maggiormente?

Sono stato alla mostra su Jacopo Ligozzi a Firenze a inizio giugno, una mostra davvero interessante perché si propone di accendere i riflettori su un artista che il grande pubblico non conosce ma che ha spunti adatti per un pubblico ampio, perché nella sua carriera artistica trattò una vastità di temi che probabilmente incontra i gusti di tutti! Quella che invece più mi è rimasta impressa, è la mostra su Guido Cagnacci che si è svolta nel 2008 a Forlì. Qui sono un po' di parte perché Cagnacci è il mio artista preferito, ma trovo che sia stata la mostra più interessante che abbia mai visto, un po' perché era stata operata una selezione completa dei dipinti di questo artista, e un po' perché gli artisti di contorno, tra i quali figuravano anche nomi eccellenti della storia dell'arte italiana, davano al visitatore la possibilità di inquadrare molto bene il contesto entro cui Cagnacci si trovò a operare. E si trattava poi di una mostra con allestimenti moderni, con un apparato didascalisco pensato per un pubblico ampio, senza contare il fatto che le mostre a Forlì vengono sempre organizzate in modo molto efficiente, riuscendo a coinvolgere tutta la città.

 

Ci sono dei libri particolari che hanno contribuito alla sua formazione?

Beh, dato che Sul Romanzo è un sito che parla di letteratura, inizierò dalla letteratura... ! Di sicuro il romanzo che meglio ha contribuito alla mia passione per l'arte e, più in generale, per le cose belle, è Il Piacere di Gabriele D'Annunzio: ho perso il conto di quante volte l'ho letto. E sempre di Gabriele D'Annunzio, non posso non citare Alcyone, anche perché la maggior parte delle liriche di questa meravigliosa raccolta è ambientata dalle mie parti. Se però dobbiamo parlare di poesia, credo che nessuno batta le Rime di Guido Cavalcanti: sono liriche allo stesso tempo eleganti e passionali, ritengo che nessuno meglio di Cavalcanti sia riuscito a coniugare eleganza e passione in modo così entusiasmante. Quindi se dovessi indicare tre libri che hanno formato il mio “sentire artistico”, mi si passi il termine, indicherei questi tre. Per quanto riguarda invece la formazione nell'ambito della storia dell'arte, penso che direi la Storia sociale dell'arte di Arnold Hauser, ma comunque credo che chiunque voglia approcciarsi alla storia dell'arte, debba partire da un buon corso di base, e in questo senso il mio preferito è quello scritto da Carlo Bertelli e Giuliano Briganti per le scuole, è chiaro, completo e dà delle ottime basi. Comunque anche noi di Finestre sull'Arte abbiamo da poco realizzato un corso, dicono che sia fatto abbastanza bene... (sorride).

 

Concludiamo questa intervista con una domanda sullo stato dell'arte contemporanea. In questi ultimi anni è stata spesso associata all'idea di business. Crede che il futuro dell’arte sarà sempre più segnata verso questa direzione, o ci sono ancora speranze? E da quali artisti contemporanei potrebbero essere rappresentate?

L'arte contemporanea è già business, le gallerie e i critici fanno il bello e il cattivo tempo. Di arte si parla sempre più spesso in termini economici, per molti le opere d'arte sono un investimento, e quando sentiamo parlare di un grande maestro, anche del passato, spesso è perché una sua opera è stata venduta a cifre elevatissime. Questo però non significa che non esista anche un'arte che ha ancora molto da dire, un'arte indipendente, che si fa portatrice di messaggi forti. Personalmente ho conosciuto, anche qua dalle mie parti, degli artisti giovani, validissimi, motivati, che propongono un'arte modernissima ma che sa guardare alla tradizione e che soprattutto sa leggere con grandissima capacità la società contemporanea per lanciare dei messaggi. Credo che l'arte contemporanea più genuina sia quella di tanti giovani che escono dalle accademie e che propongono questo tipo di opere al loro pubblico, un pubblico che comunque esiste, partecipa alle mostre e approva questi tentativi. Certo, molti di loro sono parecchio lontani dai giri milionari di cui sentiamo parlare ogni giorno. Ma hanno dei messaggi da diffondere, anche importanti, e hanno dei pubblici a cui parlare: e questo conta molto. Se venite a fare un giro a Carrara sarò lieto di presentarvi alcuni di questi giovani artisti contemporanei... ! Secondo me sono loro la vera speranza.

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