Intervista a Corrado Augias: le sue “visioni” tra Cesare e Dio
Siete mai stati dei visionari? E riuscireste a riconoscerne uno? O perdereste l’opportunità di guardare al mondo da un punto di vista più temerario del vostro? Si è appena concluso su Rai 3 un programma (Visionari appunto) che è partito proprio da questi interrogativi. Da un lato c'erano Corrado Augias e le nostre domande, quelle che, forse in modo meno preciso e coerente, tutti avremmo voluto porre a personaggi come Darwin, Leonardo o Freud, dall'altro il visionario di turno, pronto a rispondere, offrendo agli spettatori idee comprensibili e “praticabili”.
La nostra chiacchierata con Corrado Augias potrebbe cominciare proprio dai Visionari. Come le è venuta questa idea? E pensa che la gente abbia bisogno di qualcuno che le racconti quanto non sia semplice (ma spesso “dannatamente” necessario) mettere in discussione il mondo che si ha intorno?
Assolutamente sì. Questa piccola galleria di otto puntante presenta otto personaggi fondamentali per la costruzione del mondo contemporaneo, sia dal punto di vista sociale che individuale, puntando a propagare delle informazioni che sono necessarie a qualsiasi persona civilizzata.
Come ha deciso quali personaggi includere in questo gruppo di visionari?
La galleria di visionari che ci offre la storia è più ampia di quello che si creda. Abbiamo scelto i personaggi più famosi e al contempo quelli su cui era disponibile la maggior mole di materiale.
Proprio Darwin sosteneva che le cose più belle nascono da un processo continuo di variazione individuale e casuale che porta a migliorare la specie. Pensa che anche un uomo nel suo brevissimo passaggio sulla Terra, almeno dal punto di vista evoluzionistico, possa migliorare la propria specie? E se sì che gli convenga farlo?
La risposta ovvia è sì. Se invece desidera la risposta problematica, si può iniziare con il chiedersi cosa voglia dire davvero migliorare la specie. Chi decide poi cosa voglia dire migliorare la specie? Bisogna contemperare la spinta evolutiva con le scelte etiche. È un tema che ha aperto e aprirà sempre nuovi confronti e nessuna soluzione univoca.
Pensa sia possibile applicare la teoria evoluzionistica anche alla letteratura? Solo le opere migliori durano e solo gli autori migliori sono in grado di innestare il seme dell'innovazione nei loro successori? Penso all'idea di Genio di Harold Bloom, intimamente legata all'idea di evoluzione, intesa come desiderio di trascendenza, innovazione e straordinario. William Shakespeare era sicuramente un visionario capace di creare nuove parole, se non ne avesse trovate di soddisfacenti nell'inglese elisabettiano. Se non ci fossero stati Dante, Shakespeare o Cervantes non avremmo avuto Kafka, Pirandello o Virginia Woolf?
La letteratura è un fenomeno a sé. Ci sono grandi opere che non sono state capite e piccole opere che all’inizio sono state magnificate. La letteratura, come la storia umana, ha bisogno del tempo per sedimentarsi. La letteratura che resta testimone del suo tempo e resiste ai secoli diventa poi “il classico”. Io leggo il De Rerum Natura di Lucrezio, che è stato scritto grossomodo duemila anni fa, e ho l’impressione di trovarmi davanti a un libro freschissimo e importante per me, anche nel 2014. Certo, ogni opera ha i suoi mezzi espressivi e alcune grandi costruzioni narrative non sarebbero più “scrivibili” oggi nello stesso modo in cui sono state ideate. E questo lo dico senza dimenticare che i sentimenti provati da Ulisse verso la patria, la moglie e il figlio, sono gli stessi che proverebbe, anche oggi, un esule.
Allo stesso modo allora, gli autori contemporanei di oggi hanno la stessa dose di “visionarietà” dei loro predecessori?
La letteratura è sempre visionaria. Lo scrittore che si mette da solo davanti a un computer o a un foglio di carta è sempre visionario. Le dirò di più, lo scrittore è a un passo dal delirio. Chi inventa una storia dal nulla o da un’ipotesi di cronaca è sempre un visionario. L’esempio massimo che le posso fare è Georges Simenon, che si metteva davanti alla scrivania e non aveva idea di cosa doveva o voleva scrivere. Andava dove lo conduceva la scrittura.
E un visionario come Simenon troverebbe oggi un editore altrettanto visionario che investa su di lui?
Se avesse la possibilità di essere letto da un professionista, sì. Ci sono stati molti casi di autori sconosciuti abbastanza visionari da trovare comunque una loro strada. Penso ci sia ancora spazio per loro.
In Italia si legge poco, ma per una sorta di un letale contrappasso si scrive tanto, tantissimo, forse troppo (fenomeni come Io Scrittore e Masterpiece insegnano). Pensa che eventi come il Salone Internazionale del libro di Torino possano aiutare a invertire la tendenza?
La lettura in Italia è un problema secolare. Noi non leggiamo tanto per molte ragioni, la più completa rassegna delle ragioni per cui gli italiani leggono poco si trova nel Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli Italiani di Leopardi (1824), lì trova tutto. Ne consiglio la lettura. È chiaro che ogni cosa che attira l’attenzione sul libro, sull’importanza, sulla bellezza di leggere è benvenuta. Da questo punto di vista la posizione del ministro Dario Franceschini, che ha detto che la televisione non è certo un alleato della lettura, è corretta. Negli sceneggiati televisivi la lettura non fa parte del costume. Non vediamo mai un attore televisivo che investe una parte del suo tempo a leggere. E ciò non vuol dire che io non pensi che il mezzo libro sarà dimensionato, almeno nella forma cartacea attualmente predominante. Ma l’uomo continuerà sempre e comunque a leggere.
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Nel suo ultimo libro Tra Cesare e Dio, analizza il rapporto secolare che unisce la chiesa spirituale a quella temporale, partendo da un articolo della nostra Costituzione (art. 7) in cui viene disciplinato il rapporto fra Stato e Chiesa. Due commi apparentemente innocui che hanno condizionato la vita degli ultimi sessanta anni del nostro paese. Perché oggi è importante parlare della storia della Chiesa?
È una domanda complessa. L’art. 7 della Costituzione è stato per anni motivo di polemica fra la sinistra laica progressista e il partito comunista, il quale ha votato a favore di quell’articolo che eleva i Patti Lateranensi a livello costituzionale. Nei Patti Lateranensi ci sono dei vincoli stretti ai quali la Repubblica Italiana si lega nei confronti dello Stato del Vaticano, vincoli di cui alcuni papi, penso per esempio a Pio XII o alcuni presidenti di conferenze episcopale italiana, penso a Camillo Ruini, si sono ampiamente avvantaggiati. Oggi viviamo in un’epoca diversa, con un diverso Papa. Francesco ha una visione molto innovativa rispetto ai suoi predecessori e quindi possiamo ipotizzare che quei vincoli peseranno di meno.
«Alleandosi a un potere politico, la religione aumenta il suo potere su alcuni uomini ma perde la speranza di regnare su tutti.» È una frase di De Toqueville da Democrazia in America con cui lei chiude il suo ultimo libro. Pensa che Papa Francesco stia davvero cercando di spostare il baricentro della chiesa e della curia romana dal potere sui singoli e dei singoli a un sistema di potere diffuso che assicuri il completamento di un numero maggiore di azioni misericordiose? O si tratta di un’abile strategia mediatica, fatta di dichiarazioni di apertura ancora troppo prudenti?
Penso che Papa Francesco stia facendo una rivoluzione, che gli sta portando e gli porterà tanti nemici all’interno della chiesa, per questo escluderei l’idea di una strategia mediatica. Questo è un Papa che si muove sulla base di una precisa filosofia da grande innovatore. Certo, negli ultimi mesi ha un po’ rallentato la sua azione, perché si è reso conto di aver corso troppo e dunque di aver esposto se stesso e il suo progetto a dei rischi proprio per la velocità con cui si è mosso. Ma sono certo che porterà un forte cambiamento nella chiesa cattolica.
Prima di salutarla, mi piacerebbe sapere cosa sta leggendo Corrado Augias, se trova il tempo di farlo.
Sto leggendo Il vangelo dei bugiardi di Naomi Alderman, pubblicato in Italia da Nottempo. Un romanzo dedicato alla vita di Gesù, davvero affascinante.
Grazie per la sua disponibilità.
Grazie a voi.
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