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Insegnare scrittura creativa per sostenere il talento. I 25 anni di Lalineascritta nell'intervista ad Antonella Cilento

Insegnare scrittura creativa per sostenere il talento. I 25 anni di Lalineascritta nell'intervista ad Antonella CilentoNel 1993 nasceva, per volontà della sua ideatrice Antonella Cilento, la prima scuola di scrittura al Sud. Venticinque anni dopo Lalineascritta è «una fucina e un mattatoio» dove «si lavora e si crea sul pericoloso filo teso sul vulcano» ma le cui attività hanno travalicato i confini nazionali.

Abbiamo chiesto ad Antonella Cilento cosa ha significato portare avanti un simile progetto a Napoli e in Italia, dove la cultura «è alla fine la Cenerentola dei settori produttivi», nell'intervista che gentilmente ci ha concesso a ridosso dei festeggiamenti per il compleanno della “sua creatura”.

 

Lo scorso 20 settembre Lalineascritta ha soffiato sulle prime venticinque candeline. Cosa ha provato la sua ideatrice?

Una grande serenità, come quando fai tappa dopo una lunga navigazione: tanti scogli e molte tempeste superate, la sicurezza che ormai è davvero solo il viaggio che conta, non la meta, come ci dicevamo, senza capire veramente il senso di questa frase, da giovani. Ho la sensazione precisa di aver costruito un solido edificio, ora starà a chi lavora con me crescere e costruire con altrettanta forza.

Ho iniziato quando avevo ventitré anni, un’età in cui, senza forti pubblicazioni e in virtù dell’anagrafe, ci si potrebbe sentire insicuri: mi ha fatto emozionare una mia antichissima allieva, arrivata nei miei corsi quando ne avevo forse ventotto, oggi bravissima e apprezzata story editor della RAI, Viola Rispoli, che mi ha sussurrato all’orecchio “ero giovanissima e tu mi sembravi tanto grande ma, a pensarci adesso, anche tu eri tanto giovane”. Entrambe (Viola è stata una delle più talentuose che ho formato e i risultati si vedono) facevamo proprio quel per cui eravamo nate, le ho risposto.

Ed è questo il senso: aver inventato un metodo unico, quello che marchia tutti i corsi de Lalineascritta, puntando sul condividere con gli allievi le tappe del percorso creativo, affrontando blocchi, paure, indecisioni, rinunce, implementando le letture, soprattutto al di fuori di mode e standard editoriali, quindi curando una vera formazione della persona, in una direzione per di più interdisciplinare, poiché scrivere con profondità, con una voce autentica, significa conoscere letteratura, arte, teatro, cinema e anche il proprio corpo.

È stato bello rivedere, grazie ai contributi video e al materiale cartaceo di un tempo, gli albori delle lezioni, i libretti con i racconti dei partecipanti che erano ancora simili a delle fanzine, e poi i libri stampati dei corsi e degli allievi usciti con grandi editori.

È stato ancor più bello ricevere attestati di stima e affetto da scrittori ed editor che sono diventati anche cari amici ospitati negli anni da Lalineascritta: costruire una comunità, rivedere antichi allievi e i recenti, incontrare come ogni anno i nuovi regala un senso agli sforzi fatti, al lavoro svolto con passione.

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I corsi di scrittura, i percorsi e i vari progetti portati avanti in questi anni sono stati molteplici e di ampio respiro ma lei, guardandosi indietro, ha qualche rimpianto?

Nessun rimpianto: faccio e ho fatto sempre esattamente quel che volevo e ora che uno staff di sette persone è al lavoro intorno al progetto de Lalineascritta è ancor più evidente che si possono realizzare i sogni: non ho rimpianti ma lamento deficienze strutturali. Chi vuol fare cultura in Italia deve confrontarsi con l’assenza di autentici investimenti in questo settore, che è alla fine la Cenerentola dei settori produttivi, con lobby e piccoli poteri, anche dei media, mentre in un laboratorio così come lo concepisce Lalineascritta di fatto si formano professionalità che trovano poi sbocco nel mondo dell’editoria e della cultura e, soprattutto, si formano lettori consapevoli, quindi cittadini in grado di pensare con acume, che sanno scrivere e leggere con competenza.

Dunque, ogni volta che l’interazione con politica, media e istituzioni ha mostrato il limite, e tanti purtroppo sarebbero gli esempi, mi sono rafforzata nella scelta di lavorare esclusivamente con le forze e il contributo dei partecipanti ai laboratori: sono loro a sostenere e a chiedere che il progetto prosegua, che la ricaduta su ormai migliaia e migliaia di persone di ogni età e in ogni regione d’Italia (e con i corsi in web conference dal vivo ormai anche in mezzo mondo, dall’Inghilterra al Giappone) produca ancora domande, curiosità, risponda a bisogni sostanziali e sostanziosi.

 

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Lei ha definito la scrittura un'arte che si apprende giocando a scrivere. Tutti possono imparare a scrivere. Ma chi può “imparare” a essere scrittore o scrittrice?

Il talento non si impara e non si insegna, ovviamente.

La ferita che porta ciascuno sulla pagina è misteriosa e personale.

Tuttavia, si insegna e si è sempre insegnato sin dall’antichità, come questo talento si sviluppi e si sostenga: occorre conoscere le tecniche, gli strumenti, i trucchi del mestiere e occorre impiantare un’autodisciplina, un allenamento, senza i quali anche il più talentuoso fa cilecca.

L’obiettivo è che ognuno cerchi la propria voce: del resto, basta leggere alcuni degli autori che abbiamo formato e che ora vanno per la loro strada, per accorgersi che le voci sono molto distinte e che rispondono di letture e domande differenti, da Giusi Marchetta a Rossella Milone, da Massimiliano Virgilio a Michele Di Palma, a tanti altri.

Si impara a usare bene quel che in potenza è in noi, ciò che brilla ma ancora non sappiamo se potrà avere una forma. Io stessa insegno apprendendo e apprendo insegnando: il mio lavoro è nato, come quello di mia sorella Iole Cilento per le arti visive, osservando il mio percorso creativo. Cosa facciamo, in che modo lo facciamo, in che trappole cadiamo, quali strategie inventiamo per uscire dal pericolo costituito da noi stessi man mano che scriviamo un racconto, un romanzo, una drammaturgia, una sceneggiatura, realizziamo un quadro o una scenografia, ecc…

Il metodo Lalineascritta consiste proprio nell’accompagnare, indirizzare, stimolare le arti nascoste o seppellite in noi: vale per i miei tre corsi di narrativa come per il corso di ludoscrittura condotto da Marco Alfano, Parole a manovella, per il corso di drammaturgia diretto da Stefania Bruno, In scena, o per il corso di editoria (fortunatissimo) condotto da Valentina Giannuzzi e Stefania Cantelmo, per i corsi di opera lirica e uso del segno e del colore, Una notte all’opera e L’immagine parlante, condotti da Iole Cilento e per il corso di improvvisazione teatrale che riprende quest’anno grazie a Paolo Oliveri del Castillo.

In tutti, con gli strumenti professionali di ogni singola espressione, si punta prima alla scoperta di sé, quindi alla conoscenza profonda e interdisciplinare, infine alla produzione professionale. E naturalmente, molti escono semplicemente lettori più forti, spettatori più consapevoli, fruitori competenti: formare il pubblico delle arti non è meno importante, anzi è la base del nostro lavoro.

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Tra le nuove iniziative de Lalineascritta ci sarà il progetto “Il piatto dell'amicizia”. Di cosa si tratta?

La collaborazione assai felice con l’Accademia d’Ungheria di Roma e il suo attuale direttore, il professor Istvàn Pùskas, produrrà nel corso dell’anno diverse occasioni di parlare del rapporto fra la nostra letteratura e quella ungherese nel contesto europeo: “Il piatto dell’amicizia” è un evento dedicato alla grandissima Magda Szàbo, l’Elsa Morante ungherese, già amata in Italia grazie alle traduzioni Einaudi ma oggi in completa riscoperta e totale esplorazione grazie al prezioso lavoro di Anfora a Milano, la casa editrice abilmente condotta da Mònika Szilàgiy, che ci consente di leggere in nuova traduzione romanzi straordinari, da Per Elisa ad Abigàil, molti dei quali ancora in uscita.

Il centenario di Szàbo sta inseguendo eventi di celebrazione in tutt’Italia e tocca quindi anche Napoli, il giorno 1 novembre, al Cinema Hart, in partnership con Lalineascritta, dove il pubblico potrà sentire brani letti, trovare i libri, dialogare anche con l’attuale traduttrice, Vera Gheno, ascoltare il contributo di scrittrici, scrittori e critici e applaudire il film tratto dall’omonimo romanzo di Szàbo, La porta, da Istvàn Szàbo, il grande regista di Mephisto.

Se tutto andrà bene, questo “piatto dell’amicizia”, espressione ungherese citata nei romanzi di Szàbo che indica il piatto disponibile per ogni viandante che bussi alla nostra porta, stabilirà una importante novità per la decima edizione di Strane Coppie, quella del 2018, dove dialogheranno come ogni anno i grandi classici della letteratura mondiale fra Napoli, Milano, Verona e, speriamo, Roma, con grandi protagonisti della letteratura ungherese, che già conosce fortuna in Italia grazie all’amore dei lettori per Sàndor Màrai, ad esempio.

 

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Salta all'occhio anche la partecipazione di Montesano e del suo Lettori selvaggi. Sembra scontato e banale ma in effetti non lo è. Imparare a scrivere ed educare alla lettura è un imperativo de Lalineascritta?

Non c’è dubbio: vogliamo formare lettori forti, curiosi e selvaggi.

Quando ormai sei anni fa iniziammo questo percorso chiedendo di fare lezione da noi a uno scrittore davvero importante e di livello europeo come Giuseppe Montesano, che oggi è un affettuoso e autentico amico de Lalineascritta, cercavamo proprio di precisare ancor di più lo spazio dedicato alla lettura, con le inevitabili ricadute sulla scrittura.

I Magnifici Sette, scherzoso omaggio a un cinema amato, di Giuseppe Montesano sono sette lezioni magistrali a cadenza mensile che raccontano grandi autori di ogni epoca e lingua. Quest’anno si va ad esempio da Saul Bellow a Balzac, da Shakespeare a Clarice Lispector, a Paolo Villaggio.

Ed è un grande onore che queste lezioni abbiano integrato e stimolato il lavoro che da dieci anni Montesano portava avanti e che si è concretizzato in quel capolavoro che è Lettori selvaggi, fresco vincitore del Premio Viareggio.

Permettersi il lusso di scrivere oggi libri così, portolani di lettura per lettori smarriti o desiderosi di mappe inconsuete, di punti di vista interni, verticali, non ovvi, è una ricchezza straordinaria: solo il meglio per i lettori de Lalineascritta (e anche per me, che quando ascolto queste lezioni mi concedo il lusso dopo tanti anni di tornare allieva: siamo sempre allievi).

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Lalineascritta può vantare di essere la prima scuola di scrittura creativa del sud Italia. Cosa ha significato aprire un laboratorio come questo a Napoli?

La prima al Sud e fra le prime quattro o cinque in Italia ai tempi: anche se oggi le attività de Lalineascritta tendono a diventare sempre più nazionali, i corsi di base si svolgono ancora tutta la settimana a Napoli e raccolgono utenza da molte regioni vicine e da alcune lontane.

Napoli è sempre un ostacolo e uno stimolo: l’umanità che scorre nei laboratori è vivace e potente, l’umanità che governa o vive nella città tende a ignorare, sacrificare, distruggere i propri figli. È una storia antica, che non inizia e non termina con noi: un grande spreco di potenzialità.

Dunque, lavorare qui chiede muscoli e intelligenza e molta, molta, molta pazienza: ma siamo sempre nella città con la più antica e ricca letteratura in lingua d’Europa. E nei racconti e nei romanzi degli allievi si vede, lo notano sempre anche gli editor ospiti e amici, come Antonio Franchini, Giulia Ichino, Laura Bosio, Manuela La Ferla e, da quest’anno, anche Alberto Rollo. Una fucina e un mattatoio: si lavora e si crea sul pericoloso filo teso sul vulcano.

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