Incontrando Paolo Di Paolo: il coraggio delle scelte – Parte I
Uno dei ricordi più intensi che ho di Paolo Di Paolo risale al 2007 ed è legato a un seminario di scrittura creativa della Giulio Perrone editore.
Chi, come me, a quel tempo bazzicava la sede della casa editrice aveva già avuto modo di incrociare quel ragazzo sapiente e ritroso, che presentandosi con l’esteriorità di un ventiquattrenne introverso, riusciva a far percepire al suo ascoltatore quello che potremmo definire il gusto del generoso particolare, soffermandosi su minuzie fonemiche e interpretative, che riuscivano a dare il senso dell’opera che Paolo Di Paolo aveva letto, riletto e soprattutto distillato per i suoi ascoltatori.
A quella lezione del 2007, Paolo arrivò in aula con tanto di PC portatile e videoproiettore. Li montò in silenzio, con apparente noncuranza per le perplessità della sala mormorante. Poi premette play e ci offrì alcuni spezzoni de La voce della luna, ultimo film di Federico Fellini del 1990, con Roberto Benigni e Paolo Villaggio intenti a cercare di captare la voce vera del mondo, ostacolati da tutto il rumore di fondo sprigionato dall’uomo. La lezione s’incentrò sull’immaginazione e sul coraggio di metterla in pratica ed io quell’immagine di Benigni che raccontava di essere diventato un pioppo, me la porto ancora appresso, come memento. Da quel giorno, Paolo Di Paolo è diventato prezioso alchimista di emozioni e desideri, andando a provocare la parte di me che più sentivo e più temevo al contempo, l’immaginazione appunto.
Ed è d’immaginazione che oggi vorrei parlare con lui e del suo più recente atto di coraggio: la creazione di una rivista letteraria, non online ma cartacea, di ampio formato, stampata su quella bella grana spessa e ruvida che piace tanto al tatto e all'olfatto dei lettori non-digitali, ricca di disegni e soprattutto portatrice di un nome che ne traccia già la rotta: Orlando.
Vorrei partire proprio da qui, chiedendo a Paolo perché ha deciso di utilizzare questo nome, che a me ha fatto pensare subito a Virginia Woolf, ma che probabilmente ha anche altre origini.
È esattamente quello il punto di partenza, mi piaceva l’idea che la rivista avesse il nome di “qualcuno” più che di “qualcosa”, non di un concetto o di un oggetto, ma di un’individualità letteraria. Come sottotitolo abbiamo scelto Esplorazioni e quindi il pensiero va all’Orlando di Ariosto, una figura di paladino e cavaliere errante che si muove e esplora, sovrapposto però all’Orlando di Virginia Woolf. Lo scrittore/scrittrice che la Woolf immagina è un androgino che vive tutte le esperienze possibili nel proprio corpo, sente tutto, sente di poter essere tutto, ed è su questo che ho ragionato, sul concetto di esplorazione come tema fondamentale per la rivista e per il momento storico e sociale con cui essa si confronta. Quando ho preparato il comunicato per la prima uscita di Orlando (dicembre 2012 – in libreria da gennaio 2013) ho voluto ribadire che questa rivista non ha un manifesto ideologico di riferimento e non si pone come obbiettivo di scriverne uno, perché è proprio dove la letteratura si smarca dall’ideologia che diventa interessante. Come ci ricorda Baricco, nel suo saggio I barbari, l’esplorazione oggi è spesso troppo rapida e la possibilità di arrivare realmente in profondità è limitata a favore di un’esposizione continuativa e multipla a centinaia di fonti di conoscenza superficiale. Ciononostante e forse proprio per questo, con Orlando vogliamo esplorare, tentando la via della profondità, pur consci del fatto che l’esplorazione non comporta automaticamente la comprensione. La scrittura ha lo stesso obiettivo, esplorare, cercare, caricarsi di visioni, come la signora Ramsay in Gita al faro della Woolf, quando si sente vicina alla verità eppure non osa toccarla. Ecco allora la divisione fra persone e luoghi che già appare in copertina, perché persone e luoghi si intersecano e si comprendono a vicenda.
Il primo numero della rivista si rivolge ai lettori forti, anzi fortissimi. Ci spieghi la differenza fra questi due gruppi e soprattutto se esistono ancora lettori che, pur di entrare davvero nella storia in cui hanno tuffato il loro naso, sono disposti a mettere in campo la stessa tenacia che viene loro offerta da alcuni scrittori? Penso ad esempio a quella cui si riferisce la scrittrice indiana Jhumpa Lahiri, nell’intervista di Sara Antonelli sulle prime pagine di Orlando.
I lettori fortissimi se ci sono, sono chiusi in una piccola riserva indiana. Non sono “comuni” lettori forti, ossia coloro che leggono, trovano il tempo di leggere, almeno un libro al mese, ma “fortissimi”, persone che non contente delle loro dodici letture annue, decidono di approfondire, di documentarsi sul mondo che attorno al libro ruota, scegliendo una rivista letteraria, per fare della lettura la loro altra attività principale oltre al lavoro. Il fatto che le statistiche non parlino di questi lettori fortissimi, mi fa pensare che il loro numero sia trascurabile. Ciononostante, ho provato a pensare come fosse fatto questo lettore fortissimo e cosa gli sarebbe piaciuto leggere. Ecco come si sono materializzati gli articoli dedicati alla bibliotecaria instancabile, alla lettrice in piedi, al lettore vulnerabile, tutti possibili identikit del lettore fortissimo, uno strano individuo, cui non piace solo leggere, ma anche parlare e condividere ciò che ha letto.
Da lettore accanito e onnivoro, mi trovo spesso a perorare la causa del libro, da usare non solo come zeppa per rendere più stabile un tavolino nel soggiorno o come fonte di carta per avvolgere il pesce, ma anche come incredibile viatico per visitare una delle tante realtà parallele che avremmo potuto assaggiare se solo fossimo nati in un tempo diverso, in un luogo diverso o avessimo compiuto qualche scelta diversa nella nostra vita. Il libro, come ci ricorda anche Giulia Alberico nel suo articolo su Orlando dedicato ai lettori in piedi, è lo strumento perfetto per miscelare l’esigenza di cambiare la vita che percorriamo e la necessità di immaginare come vivremmo questo cambiamento prima di compierlo. È un modo per “dare un’occhiata” a un possibile altro “noi stessi” e capire quanto ci sentiremmo a nostro agio.
Quando inizio a perorare la causa del libro, qualcuno subito si affretta a dirmi che sì, potrebbe anche essere vero, ma in ogni caso non c’è tempo. Troppe cose da fare, comprare, mangiare, vendere e invidiare. È così? Davvero non c’è più tempo per dedicarsi alla lettura? E se è vero, possibile che i lettori non abbiamo nulla da fare rispetto ai non-lettori che invece sono pieni di impegni? Orlando punta ad accattivarsi dei “ fannulloni”?
La quantità di stimoli cui siamo esposti è infinita, scegliere la lettura è difficile, il libro è la possibilità esperienziale meno magnetica, immediata, imponderabile che esista, non basta, infatti, osservarne la copertina per essere raggiunto dal suo messaggio, come può accadere con un’immagine o un suono. C’è qualcosa di dittatoriale nella lettura, che pretende il nostro tempo, pretende di essere l’unica fonte di piacere in quello specifico momento, facendoci uscire dal flusso di contemporaneità di stimoli cui siamo sottoposti. Andando spesso nelle scuole mi rendo conto che quello che propongo agli studenti è lontano anni luce dai ragazzi. Il loro essere multi-tasking parlando, mentre ascoltano la tv, chattano sul PC e di sfuggita lanciano un occhio alla televisione, li rende molto distanti dal necessario approfondimento che richiede un libro, poiché è il libro che stabilisce i tuoi tempi e non viceversa. Chi sceglie la lettura fa una scelta anacronistica e chi sceglie di leggere una rivista di approfondimento letterario lo fa ancora di più, quindi non sarei scandalizzato se questo prezioso tempo non ci fosse del tutto. Allora cosa può attrarre un lettore verso questo esperimento? La sua bellezza, la sua qualità non solo contenutistica ma anche grafica e di formato, la sensazione che chi la tiene in mano ricava. Con Orlando volevo creare anche qualcosa di bello da toccare, unendo all’esperienza di esplorazione mentale quella tattile e visiva, con attenzione alla grafica, all’illustrazione e ai bozzetti.
Fine prima parte. La seconda parte dell’intervista a Paolo Di Paolo sarà pubblicata su www.sulromanzo.it martedì 22 gennaio 2013.
Speciali
- Corso online di Scrittura Creativa
- Corso online di Editing
- Corso SEC online (Scrittura Editoria Coaching)
- Lezioni di scrittura creativa
- Conoscere l'editing
- Scrivere un romanzo in 100 giorni
- Interviste a scrittori
- Curiosità grammaticali
- Case editrici
- La bellezza nascosta
- Gli influencer dei libri su Instagram – #InstaBooks
- Puglia infelice – Reportage sulle mafie pugliesi
- Letture di scrittura creativa
- Consigli di lettura
- L'Islam spiegato ai figli
- Interviste a editor e redattori
- Interviste a blog letterari
- Interviste a giornalisti culturali
- Interviste a docenti
- Come scrivere una sceneggiatura
- Premio Strega: interviste e ultimi aggiornamenti
- Premio Campiello: interviste e ultime novità
- Premio Galileo: interviste
- I nuovi schiavi. Reportage tra i lavoratori agricoli
- La Webzine di Sul Romanzo
Archivio Post
Più cercati
- Quanto fa vendere il Premio Strega? I dati reali
- Che tipo di lettore sei?
- I 20 consigli di scrittura di Stephen King
- Test di grammatica italiana, qual è la risposta giusta?
- Classifica dei libri più venduti di tutti i tempi nel mondo
- Come scrivere un romanzo: 15 modi utili
- 11 consigli per trovare la tua writing zone
- 13 cose che gli amanti dei libri sanno fare meglio di tutti
- 7 posti che tutti gli scrittori dovrebbero visitare almeno una volta
- Carlos Ruiz Zafòn ci racconta il suo Cimitero dei libri dimenticati
- I 10 film più divertenti di tutti i tempi
- I consigli di scrittura di 11 scrittori
- La reazione di Cesare Pavese quando vinse il Premio Strega
- Le 10 biblioteche più grandi del mondo
- Marcel Proust pagò per le prime recensioni di “Alla ricerca del tempo perduto”
- Perché uscire con uno scrittore? 10 motivi validi