“In tutto ci sei tu”, quando la democrazia non è trasparente
“En todo estás vos” (In tutto ci sei tu) è lo slogan simbolo del governo della città di Buenos Aires, che si trova effettivamente in ogni cosa. Nei mezzi di trasporto (dagli autobus alla metro), nei mezzi di comunicazione (dai cartelloni ai social network), nei documenti, negli edifici pubblici, nelle agende culturali, nelle mappe, nelle strade, perfino nei bidoni della spazzatura… in ogni cosa che coinvolge direttamente l’intervento della municipalità appare la frase e l’inconfondibile striscia gialla sulla quale è scritta. La prima impressione che si ha camminando per la città è estremamente positiva: sembra che ogni aspetto della vita pubblica includa direttamente il cittadino, rappresentato per uno slogan che lo riconosce come parte attiva della comunità. “En todo” – cioè in quel che si vede qui, che si fa, quindi l’azione collettiva alla base del vivere comunitario –, “estás vos” – cioè il cittadino, chi sta leggendo, chi sta guardando, quell’individuo in specifico. Lo slogan si rivolge direttamente a un “tu”, non a un “noi” o a un “voi”, poiché vuole entrare subito in contatto con la gente, nella maniera la più chiara e trasparente possibile. Qualunque tradizionale distanza tra potere e popolo sembra qui annullata, dal momento in cui “sei tu il primo artefice del nostro ordine collettivo”, sembra dire ogni parete della città. L’animale politico aristotelico pare aver trovato il giusto spazio nella sua polis.
Ma non possiamo essere ingenui; sappiamo che, come dice Lechner, l’ordine è sempre la forma di apparenza del potere. Per Foucault, il potere è presente in tutte le manifestazioni umane, tutto è attraversato da relazioni di potere. L’ordine non è un qualcosa di naturale, ma è una costruzione sociale storica risultante da conflitti dispiegatisi in tempi e spazi precisi. Il potere, secondo una delle più classiche definizioni che è quella di Max Weber, significa la probabilità di imporre la propria volontà all’interno di una relazione sociale, anche contro ogni tentativo di resistenza. Da che tipo di potere è costituito l’ordine che regna in Buenos Aires, rappresentato da “En todo estás vos”? Un potere distribuito in maniera democratica, come vuole dare a intendere?
Più che democratica dovremmo dire trasparente. Termini che a ben vedere non sono sinonimi, anche se verrebbe da crederlo. Lo spiega in maniera brillante il filosofo nord-coreano Byung-Chul Han nel suo libro La società della trasparenza (Nottetempo, 2014). Come lui stesso scrive, «nessun’altra parola d’ordine oggi domina il discorso pubblico quanto il termine “Trasparenza”. Essa è enfaticamente invocata soprattutto in riferimento alla libertà di informazione». Tutto si fa tale: l’informazione, la politica, l’amministrazione d’impresa, la regolazione dei mercati, la pubblicità, ogni aspetto della vita quotidiana collettiva si piega alle nuove leggi della trasparenza. Le quali impongono la positività come valore imprescindibile: in una moderna parola, quel che è trasparente è likable, piace, è “pollice in su”, dal momento in cui la positività favorisce lo scorrere della comunicazione. La negatività, al contrario, rallenta e indebolisce tutti i flussi di interscambio. Il like assicura più velocità e immediatezza rispetto al dislike – che guarda caso Facebook non vuole introdurre come opzione.
“En todos estás vos” è sempre positivo. Appare in tutte le situazioni “buone”, o meglio: nella promozione di un evento culturale, nei punti di attenzione al pubblico, nei cartelli informativi, in tutto ciò che può essere considerato socialmente valido e utile. Non apparirà mai all’entrata della favela Villa 31, ubicata proprio dietro la stazione degli autobus di Retiro, la più importante della città. Nessun “En todos estás vos” vi darà lì il suo rassicurante benvenuto.
[I servizi di Sul Romanzo Agenzia Letteraria: Editoriali, Web ed Eventi.
Leggete le nostre pubblicazioni
Seguiteci su Facebook, Twitter, Google+, Pinterest e YouTube]
Trasparente significa visibile, uno dei preziosi valori che Calvino consegnava al nuovo millennio. L’imperativo della trasparenza rende sospettoso tutto ciò che non si sottomette a questo criterio. Buenos Aires brulica di centri culturali, i quali sono divisi in quelli ufficiali, o meglio quelli finanziati direttamente dal Governo della città che portano quindi l’imprescindibile slogan porteño, e quelli non ufficiali, cioè indipendenti. Questi ultimi possono essere visti come centri oscuri, rivoluzionari, minacce concrete per l’ordine comune; gli altri, al contrario, tutelati dallo slogan, appaiono come luoghi collettivi sicuri e chiari, giammai extra – o contra – ordinari. Tutto ciò che non si trova sotto l’ombrello luminoso e trasparente dello slogan viene gettato da parte del pubblico, consciamente o inconsciamente, nel calderone ombroso dell’ignoto degno di sospetto e riguardo. Tutto si divide in una contrapposizione tra il dentro e il fuori. Noi e l’altro – e non a caso, quanto è un problema oggi, in Italia, l’altro?
Trasparenza e verità non sono identiche: in questo consiste la violenza simbolica della società della trasparenza. La violenza fisica è sempre esplicita. La simbolica, come direbbe Bourdieu, è la violenza che arriva a guadagnare sottomissioni senza che vengano sentite come tali, appoggiandosi ad “aspettative collettive”, a credenze socialmente inculcate. I dominati riconoscono come naturale, quindi legittimo, l’ordine vigente, disconoscendo che si tratta di una costruzione storica nella quale primeggiano arbitrarietà, alienazione e disuguaglianza. Aspetto fondamentale della violenza simbolica è che non può dissociarsi dalla questione dell’immaginario sociale. Il quale immaginario è oggi completamente assorbito e determinato dai piani di comunicazione della politica e dell’economia, che muovono i fili della società che costituiscono l’ordine attuale. Piano di comunicazione è, ancora una volta, quel che è visibile, quel che è likable: video, foto, social network, cartelloni, etc. Il potere passa inevitabilmente di lì, nei luoghi della trasparenza. Nei luoghi della pornografia, del mostrare tutto senza esitazioni né ritardi: visibilità, ammoniva Calvino. L’erotismo, con il suo celare e lasciar intendere, viene archiviato come inattuale poiché non si ammette il privato né l’intimità. Tutto si espone alla vista per il fluire della comunicazione, la quale crea l’immaginario comune sociale (o social!) che possiamo ora, effettivamente, compartire e commentare.
Ma non proprio tutto si espone alla vista. In realtà, come abbiamo visto, solo il lato più bello – o fotogenico. Il resto rimane fuori dalla trasparenza. Noi non siamo in ogni cosa, come pure vorrebbe lo slogan, bensì solo nelle migliori, in quelle lineari che non ammettono controversie o disappunto. Eccolo il vuoto politico della trasparenza. In Buenos Aires come nel mondo siamo in quel che vediamo e basta: o meglio, in quel che si vuole far vedere. Il resto sembra quasi slegarsi dall’immaginario collettivo, dall’agora, spazio del dibattito pubblico. È un rimuovere i problemi, non farli espliciti, non prendersene il carico direttamente. Utilizzare infine l’astuzia di Ulisse, la phronesis, che scappa dalla grotta di Polifemo dando la colpa, per l’appunto, a “Nessuno” – come l’eroe grida al Ciclope quando questi domanda chi l’abbia accecato. La responsabilità morale si perde nell’anti-eticità, poiché trasparente è solo quel che merita di esserlo, il resto è terra di nessuno. Come dice Galimberti, la phronesis ha sostituito nella società contemporanea la parresia, l’antico valore greco che consisteva nel dire la verità, tutta la verità, a qualsiasi costo. Mostrare invero anche il lato peggiore, quello non likable, e dichiararne con forza l’appartenenza. La parresia, per Foucault, sta alla base della democrazia. La phronesis, il suo opposto, sta alla base della trasparenza. A questo punto, democrazia e trasparenza non solo non sono sinonimi, ma sono addirittura contrari.
“En todo estás vos”, slogan emblematico della città di Buenos Aires – ma a guardare bene potrebbe essere emblematico di qualsiasi città o paese odierni – chissà dice, tra tante falsità, la più terribile delle verità: in tutto ci siamo noi, con la nostra impotenza politica.
Speciali
- Corso online di Scrittura Creativa
- Corso online di Editing
- Corso SEC online (Scrittura Editoria Coaching)
- Lezioni di scrittura creativa
- Conoscere l'editing
- Scrivere un romanzo in 100 giorni
- Interviste a scrittori
- Curiosità grammaticali
- Case editrici
- La bellezza nascosta
- Gli influencer dei libri su Instagram – #InstaBooks
- Puglia infelice – Reportage sulle mafie pugliesi
- Letture di scrittura creativa
- Consigli di lettura
- L'Islam spiegato ai figli
- Interviste a editor e redattori
- Interviste a blog letterari
- Interviste a giornalisti culturali
- Interviste a docenti
- Come scrivere una sceneggiatura
- Premio Strega: interviste e ultimi aggiornamenti
- Premio Campiello: interviste e ultime novità
- Premio Galileo: interviste
- I nuovi schiavi. Reportage tra i lavoratori agricoli
- La Webzine di Sul Romanzo
Archivio Post
Più cercati
- Quanto fa vendere il Premio Strega? I dati reali
- Che tipo di lettore sei?
- I 20 consigli di scrittura di Stephen King
- Test di grammatica italiana, qual è la risposta giusta?
- Classifica dei libri più venduti di tutti i tempi nel mondo
- Come scrivere un romanzo: 15 modi utili
- 11 consigli per trovare la tua writing zone
- 13 cose che gli amanti dei libri sanno fare meglio di tutti
- 7 posti che tutti gli scrittori dovrebbero visitare almeno una volta
- Carlos Ruiz Zafòn ci racconta il suo Cimitero dei libri dimenticati
- I 10 film più divertenti di tutti i tempi
- I consigli di scrittura di 11 scrittori
- La reazione di Cesare Pavese quando vinse il Premio Strega
- Le 10 biblioteche più grandi del mondo
- Marcel Proust pagò per le prime recensioni di “Alla ricerca del tempo perduto”
- Perché uscire con uno scrittore? 10 motivi validi