Imparare a prendere la vita sul serio con “Una bambina da non frequentare” di Irmgard Keun
Avete presente lo slogan “per grandi e piccini” che di solito viene usato per legittimare gli adulti che fanno cose “da piccini”, tipo quelli che vanno a Disneyland o al cinema a vedere film di animazione senza avere figli? Ecco, è la prima cosa che mi è venuta in mente leggendo Una bambina da non frequentare, il romanzo scritto da Irmgard Keun nel 1936 e che recentemente la casa editrice L’Orma ha ripubblicato nella traduzione italiana di Eleonora Tomassini ed Eusebio Trabucchi.
Qualsiasi bambino, infatti, vorrebbe vivere (e forse sta vivendo) le avventure quotidiane della sua protagonista; piccole cose all’apparenza senza importanza per chi ha superato i quindici anni ma che invece sono fondamentali se ti sei appena affacciato al mondo e devi capire come barcamenarti tra le aspettative genitoriali (e non solo) e la tua voglia di risposte e libertà:
«Non voglio piangere. Gli adulti si mettono a ridere quando piango. E quando rido non gli sta bene comunque perché allora è segno che ho fatto qualcosa che a loro giudizio non dovevo fare. Devo imparare a prendere la vita sul serio. Ma com’è che si fa?»
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Dico bambini al maschile, intendendo proprio i maschi perché temo che siano ancora molte le femmine educate come la cugina Lina, «una bimba bravissima, che deve essermi da modello e da fulgido esempio», sembra una giraffa dello zoo e passa le giornate a ricamare copricuscini per la madre, e poche le bambine come la protagonista, sempre pronta a battersi con i compagni maschi, a sporcarsi di terra e a sognare di pirati e indiani.
Siamo a Colonia all’inizio del Novecento e la protagonista è una piccola peste che ne combina di tutti i colori: fa parte di una Masnada di banditi furiosi con tanto di cariche (Viceré, Rivale, Segretario, Idoli e Feticci: «Avremmo potuto prendere anche i Minuscoli, ma poi a quelli passano strane idee per il cervello, vogliono diventare Ufficiali o agire di testa propria, e non va mica bene»), un covo nel parco dello Stadtwald e nascondigli per il tesoro nei posti più impensabili (per un adulto). Ha uno spiccato senso dell’avventura e uno spirito di iniziativa invidiabile, anche se questo finisce sempre per metterla nei guai, come quando ha pensato bene di abbellire con delle decalcomanie le pareti del salone della casa da cui la sua famiglia si era appena trasferita:
«Non avevo mai visto niente di più bello, anche secondo Traut era meraviglioso. Avevo una strana sensazione però, temevo che gli adulti non ne avrebbero compreso appieno la bellezza, perciò ho fatto giurare a Traut di non rivelare niente a nessuno».
Perché quello che proprio non capisce la nostra piccola protagonista è come conciliare i suoi pensieri di bambina con le impostazioni degli adulti e allora per ogni azione, che sia una marachella fatta e finita o nata per disguido, si interroga sul senso delle conseguenze e del diverso significato che assume per lei e per i suoi genitori, vicini o insegnanti. Così, se per una bambina tra i dieci e i tredici anni è normale punire con un bello scherzo la vicina cicciona e ficcanaso, ecco che per gli adulti si rivela una vera tragedia con tanto di riunione allargata e punizione; salvo avere poi delle ricompense inaspettate:
«Mentre andavo a scuola questa mattina ho incontrato il signor Meiser [marito della vicina cicciona e ficcanaso] che mi ha regalato un marco, a patto di non dirlo a nessuno. La moglie ha finalmente abbassato le penne. Con quei soldi avrei dovuto acquistare i pasticcini per tutta la nostra banda».
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Sembra proprio che non sia per niente facile avere undici anni e dover gestire le contraddizioni tra l’educazione e l’esempio che gli adulti danno, e Irmgard Keun lo descrive in modo sorprendente. È esilarante e pungente nel suo mettere a nudo un sistema educativo che riguarda l’infanzia in generale, certo, ma soprattutto le bambine, che si vorrebbe sempre composte e pulite, costrette tutto il giorno a ricamare corpricuscini per le madri. Una bambina da non frequentare, dopo Gilgi una di noi e La ragazza misto seta, conferma la Keun come una delle scrittrici più originali del suo tempo, capace di indagare con puntiglio e leggerezza le contraddizioni profonde di un’intera società, quella tedesca di inizio Novecento, che pure risultano tuttora estremamente attuali.
Per la prima foto, copyright: Gabby Orcutt su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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